I giudici di Palazzo Spada, nella controversia in questione, hanno richiamato un proprio precedente (Cons. Stato, V, 20 gennaio 2015, n. 169), secondo cui, se da un lato sono vietate modificazioni della composizione delle ATI nella fase procedurale che intercorre tra la presentazione delle offerte e la definizione della procedura di aggiudicazione, dall'altro è consentito pur sempre il recesso di una o più imprese partecipanti all’ATI medesima.
In particolare, è stato rilevato che il recesso è consentito “a condizione che quelle che restano a farne parte risultino titolari, da sole, dei requisiti di partecipazione e di qualificazione e che ciò avvenga per esigenze organizzative proprie dell'A.t.i. o Consorzio, e non invece per eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente dell'a.t.i. venuto meno per effetto dell'operazione riduttiva (Cons. Stato, Ad .Plen., n. 8/2012)”.
Infine, come logica conseguenza di quanto affermato, il Collegio ha fatto valere un ulteriore principio secondo cui sussiste comunque un obbligo di generale e tempestiva comunicazione alla stazione appaltante delle vicende relative ai componenti dell’ATI, affinché questa possa porre in essere tutte le valutazioni del caso e quindi determinarsi circa la sussistenza o meno delle condizioni per la permanenza dell’ATI medesimo nella procedura di gara (Cons. Stato, V, 2 marzo 2015, n. 986).
A cura di giurdanella.it del 06/09/2017
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