Sulla verbalizzazione del “confronto a coppie”.

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Consiglio di Stato, Sez. III, 17/ 08/ 2020, n. 5055.

La ricorrente, impugnando la Sentenza di primo grado, lamenta la violazione delle norme di gara e delle linee Guida n. 3 dell’ANAC in ordine all’applicazione del metodo del “confronto a coppie”, perchè non si rileverebbe alcuna traccia di attività individuale di valutazione espletata dai singoli Commissari.

Secondo i giudici di primo grado, invece, dall’esame dei verbali di gara emerge che i singoli Commissari hanno dapprima svolto individualmente il confronto a coppie e, successivamente, la Commissione ha provveduto collegialmente allo svolgimento delle ulteriori operazioni per l’assegnazione dei punteggi finali.

La Terza Sezione del Consiglio di Stato, nel respingere l’appello, ribadisce principi condivisibili in ordine alla verbalizzazione delle operazioni di gara durante il “confronto a coppie”.

Ecco dunque le conclusioni di Consiglio di Stato, Sez. III, 17/ 08/ 2020, n. 5055.

Nella tesi della ricorrente, infatti, sarebbe evidente la violazione della procedura di voto stabilita dalla lex specialis, tenuto conto che dalla lettura dei verbale di gara in seduta riservata n. 23 del 17/12/2018 non si rinverrebbe alcuna traccia di una precedente attività individuale di valutazione espletata dai singoli Commissari, ma, al contrario, risulterebbe che la Commissione abbia proceduto (collegialmente) all’attribuzione dei punteggi attraverso il metodo del confronto a coppie.

Sul punto l’Azienda appellata controdeduce che le tabelle triangolari, come emerge dal verbale citato, sono state acquisite dalla Commissione nel corso della seduta del 17/12/2018 e sono poi confluite nelle operazioni di voto svolte nel corso della medesima seduta. Tanto è vero che la tabella riepilogativa reca la riproduzione in termini di punteggio dei coefficienti assegnati dai Commissari nell’ambito del confronto a coppie, contenuto nelle tabelle triangolare predisposte singolarmente da ciascun Commissario…..

4. Ritiene il Collegio che la censura sia infondata.

In via preliminare, deve osservarsi che tale motivo di ricorso – coerentemente all’impostazione del gravame – adduce circostanze fattuali orientate in una prospettiva formale e connotata da un evidente soggettivismo, risolvendosi in deduzioni fattuali ancorate ad una interpretazione delle espressioni contenute del verbale n. 23 non ancorata a basi oggettive, e senza peraltro addurre alcuna reale circostanza dalla quale sia possibile ricavare elementi realmente comprovanti un vizio nella procedura di valutazione delle offerte.

Invero, dal verbale n. 23 relativo alla seduta di gara del 17/12/2017 il Collegio ritiene sia possibile evincere l’esistenza di una precedente attività di valutazione individuale delle offerte tecniche dei concorrenti operata da ciascun commissario.

Tale circostanza, in particolare, si desume dal contenuto del verbale predetto (nella parte in cui dà atto che “Il Presidente dichiara aperta la seduta, la Commissione procede nuovamente alla relativa valutazione ed alla conseguente attribuzione dei punteggi, attraverso il confronto a coppie, come prescritto dalla normativa di gara. Si allegano i confronti a coppie di ciascun componente”), oltre che dalla Tabella Riepilogativa, contenente il riepilogo dei punteggi assegnati dai Commissari.

La verbalizzazione delle attività svolte non lascia residuare alcun dubbio, ad una lettura obiettiva, in merito.

Giova peraltro rammentare, in relazione ai connotati strutturali della censura in esame, che per consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato “Chi contesta la legittimità degli atti di una procedura di gara o di concorso non può basare la sua deduzione solo sulla mancata menzione a verbale della regolarità delle operazioni in ogni loro singolo passaggio, ma ha l’onere di provare in positivo le circostanze e gli elementi idonei a far presumere che un’irregolarità abbia avuto luogo. In assenza di tale prova, si può desumere che le operazioni non descritte nel verbale si siano svolte secondo quanto le norme prevedono” (Sez. VI, 02/02/2018, n.677).

Nelle procedure di valutazione delle offerte, la mancata pedissequa indicazione, in ciascun verbale, dei singoli passaggi delle operazioni di voto non può tradursi per ciò solo un effetto viziante della procedura concorsuale, in tal modo implicitamente collegando all’insufficienza della verbalizzazione il pregiudizio alla segretezza ed all’integrità delle offerte.

A supporto di tale conclusione si pone l’esigenza di tener conto del “principio di conservazione dei valori giuridici, il quale porta ad escludere che la procedura di gara possa essere integralmente viziata per incompletezza dell’atto descrittivo delle operazioni materiali, tecniche ed intellettive ad esso preordinate, laddove le contestazioni del concorrente, volte a ipotizzare una possibile manomissione o esposizione a manomissione dei plichi, non siano suffragate da circostanze ed elementi, nel caso in esame mancanti, che, su un piano di effettività e di efficienza causale, possano avere concretamente inciso sulla genuinità della selezione” (Consiglio di Stato sez. V, 19/08/2015, n.3948).

Nel caso di specie, il Collegio ritiene che le circostanze addotte dalla ricorrente non possano dirsi idonee a fondare dei dubbi in merito alla correttezza delle operazioni svolte dalla Commissione, le quali appaiono pienamente conformi al dettato della lex specialis.

Né è dato ravvisare alcun profilo di manifesta illogicità od irrazionalità nell’attività in questione, per come documentata.

L’appello viene respinto.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 17/08/2020

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