E’ da ammettersi l’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere

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Risulta evidente come sul piano interpretativo non vi siano argomenti di diritto positivo per escludere l’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere, ferma restando la necessità che, trattandosi di un prestito di requisiti qualitativi di carattere organizzativo, è necessaria l’individuazione di un oggettivo prestito di risorse.

Questo quanto ribadito da Consiglio di Stato, Sez. V, 26/08/2025, n. 7105:

Il tema è inevitabilmente problematico con riguardo all’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere (di cui all’art. 46-bis del d.lgs. n. 198 del 2006), questione sulla quale si sono registrate posizioni diversificate nella giurisprudenza di primo grado.

La norma da ultimo indicata dispone che «a decorrere dal 1° luglio 2022 è istituita la certificazione della parità di genere al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità».

 
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Una parte della giurisprudenza ha ritenuto che detta certificazione non sia suscettibile di avvalimento premiale, in quanto attiene ad una condizione soggettiva intrinseca dell’azienda, non assimilabile ad una risorsa da mettere a diposizione di terzi; la circostanza che l’art. 108, comma 7, del d.lgs. n. 36 del 2023 preveda la possibilità di attribuire un maggiore punteggio alle imprese per l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere, comprovata dal possesso della certificazione, è stata considerata come conferma del fatto che non possa essere oggetto di trasferimento a mezzo di un contratto di avvalimento.

Va però osservato che tale soluzione, ostativa all’avvalimento della certificazione della parità di genere, appare poco coerente con la generale ammissibilità dell’avvalimento della certificazione di qualità ed è senza base legale.

Da ultimo, con la sentenza 18 giugno 2025, n. 5345, questo Consiglio di Stato, VI, ha ritenuto ammissibile l’avvalimento per la dimostrazione del possesso del requisito premiale, previsto dalla lex specialis, della certificazione della parità di genere, con argomentazioni che il Collegio condivide e che sono così sintetizzabili : a) l’avvalimento premiale assolve ad una sua propria funzione pro-concorrenziale, distinta rispetto all’avvalimento partecipativo e ravvisabile nella possibilità per l’operatore economico di accrescere la qualità tecnica della propria offerta, rendendola più idonea a conseguire l’aggiudicazione; b) l’avvalimento è istituto di matrice europea finalizzato a garantire il principio di concorrenzialità, rispetto al quale dunque i giudici nazionali sono tenuti a prediligere, in sede interpretativa, anche al fine di garantire il c.d. “effetto utile”, le soluzioni ermeneutiche che ne consentano l’operatività e comunque il più vasto campo di applicazione; c) l’art. 104 del d.lgs. n. 36 del 2023, come pure la lex specialis di gara, ammettono il ricorso all’avvalimento (anche premiale), prevedendo solo alcuni limiti specifici (inferibili dall’art. 104, comma 10, del codice dei contratti) che, avendo natura eccezionale, vanno letti in conformità dell’art. 14 delle disposizioni preliminari al codice civile, in chiave necessariamente restrittiva; d) al di fuori dell’ambito dei requisiti generali (corrispondenti alle cause di esclusione) è sempre ammesso l’avvalimento, sia esso di tipo partecipativo, ovvero premiale; e) la giurisprudenza ammette l’avvalimento delle certificazioni di qualità, genus al quale è riconducibile anche la certificazione della parità di genere di cui all’art. 46-bis del d.lgs. n. 198 del 2006 (che, rilasciata da organismi accreditati, attesta l’adozione all’interno di un’azienda, di un sistema di gestione conforme ad una specifica prassi -la UNI/PdR 125:2022- attinente all’organizzazione ed ai processi aziendali, finalizzata a comprovare che si è prescelto un assetto di questi in grado di assicurare inclusione e qualità di genere. Ciò ne fa un attributo del complesso aziendale esportabile, come tale, nella sua oggettività, da un’impresa all’altra).

Da quanto esposto, risulta evidente come sul piano interpretativo non vi siano argomenti di diritto positivo per escludere l’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere, ferma restando la necessità che, trattandosi di un prestito di requisiti qualitativi di carattere organizzativo, è necessaria l’individuazione di un oggettivo prestito di risorse.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 26/08/2025 di Roberto Donati

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