Il fatto che il procedimento di verifica dell’anomalia sia durato più di cinque mesi non costituisce un dato di per sé rilevante ai fini della legittimità (o meno) della decisione finale

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Il fatto che il procedimento di verifica dell’anomalia, comprensivo anche della fase incidentale di cui all’art. 211 d.lgs. 50/2016, sia durato più di “cinque mesi”, non costituisce in via generale ed alla luce dell’attuale dettato dell’art. 97 D.lgs. 50/2016, un dato di per sé rilevante ai fini della legittimità (o meno) dell’adottata determinazione finale, ben potendo la Stazione Appaltante richiedere – se necessario – plurimi e successivi chiarimenti all’operatore economico interessato dal subprocedimento dell’anomalia.

Questo quanto stabilito dal Tar Campania su una vicenda processuale conseguente all’esclusione della migliore offerta a seguito della verifica di anomalia.

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La ricorrente, con un primo motivo di ricorso lamentava l’irregolarità formale del subprocedimento di verifica dell’anomalia, sia per la sua durata complessiva (oltre cinque mesi), sia per l’omessa verbalizzazione delle operazioni. Evidenziava altresì la carenza di attività di supporto per il RUP.

Tar Campania, Napoli, Sez. IV, 07/02/2023, n. 867 respinge il ricorso:

Così sinteticamente circoscritto il thema decidendum, e chiarito che l’impugnata esclusione è, in effetti, parzialmente confermativa del precedente ed analogo provvedimento già vagliato ex art. 211 D. lgs. 50/2016 dall’ANAC con il parere n. ….dell’….. 2022, ritiene il Collegio doversi ritenere, in primis, l’inammissibilità delle censure di cui al primo motivo di ricorso, con cui si lamenta, in estrema sintesi, l’irregolarità del subprocedimento di verifica dell’anomalia, in ragione: della sua durata (oltre cinque mesi); dell’omessa verbalizzazione delle operazioni; della carenza di attività di supporto tecnico per il RUP; della ritenuta assenza di adeguate competenze e conoscenze per eseguire la valutazione in capo al medesimo RUP. Trattasi, all’evidenza, di profili che – indimostrata, da parte del Consorzio ricorrente, la loro effettiva incidenza sull’esito definitivo del giudizio di anomalia – finiscono per tradursi in una critica indiscriminata e meramente formalistica dell’operato della stazione appaltante non sorretto da una qualsivoglia (condivisibile) concretezza.

V’è da aggiungere, peraltro che:

– il fatto che il procedimento di verifica dell’anomalia, comprensivo anche della fase incidentale di cui all’art. 211 d.lgs. 50/2016, sia durato più di “cinque mesi”, oltre ad essersi di fatto tradotto in maggiori occasioni di dialogo e confronto tra il ricorrente e la Stazione Appaltante sull’offerta economica (e, quindi, potenzialmente, in un vantaggio per il ricorrente la cui offerta era sottoposta a stringente scrutinio) non costituisce in via generale ed alla luce dell’attuale dettato dell’art. 97 D.lgs. 50/2016, un dato di per sé rilevante ai fini della legittimità (o meno) dell’adottata determinazione finale, ben potendo la Stazione Appaltante richiedere – se necessario – plurimi e successivi chiarimenti all’operatore economico interessato dal subprocedimento dell’anomalia; ed anzi, una tale condotta, considerate la ratio e la finalità dell’istituto, deve ritenersi doverosa allorché permangano, dopo prime interlocuzioni, alcune perplessità in ordine all’attendibilità/fattibilità dell’offerta; del resto a più riprese la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare che “ben può accadere in concreto che [come si è verificato nel caso di specie], ricevuti i primi giustificativi, l’amministrazione non sia in condizione di risolvere tutti i dubbi in ordine all’attendibilità dell’offerta soggetta a verifica di anomalia e decida per questo di avanzare ulteriori richieste all’operatore economico” (cfr., ex multis, Cons. Stato Sez. V, 01/02/2021, n. 911; Cons. Stato Sez. IV, 07/08/2020, n. 4973 e ancora, T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, 04/01/2021, n. 11, per cui “La circostanza che l’ulteriore fase di confronto procedimentale dopo la presentazione delle giustificazioni non sia più prevista come obbligatoria in ogni caso dalla norma di legge, non esclude infatti che la stazione appaltante non sia tenuta alla richiesta di ulteriori chiarimenti o a una audizione quando le circostanze concrete lo richiedano per l’incompletezza delle giustificazioni”);

– analogamente, non costituisce ex se motivo di illegittimità l’omessa verbalizzazione delle operazioni di verifica dell’anomalia, prescrivendo l’art. 97 D.lgs. 50/2016, il solo scambio “per iscritto” di rilievi e giustificazioni (nel caso di specie, pacificamente intervenuto); scambio sufficiente, nel disegno del legislatore ed anche solo intuitivamente – a ricostruire l’iter istruttorio alla base all’adozione del provvedimento finale; si aggiunga che, nel caso specifico, parte ricorrente non ha neanche indicato l’oggetto dell’omissione, limitandosi, in proposito, alla generica allegazione (“di tale lungo e complesso iter non vi è alcuna traccia di verbalizzazione”);

– infine e quanto all’asserita assenza di competenze in capo al RUP, l’Amministrazione resistente – ha ampiamente documentato in giudizio (cfr., all. 7 alla produzione documentale del ….. 2022, cui, per brevità si rinvia) che oltre al diploma di scuola superiore (indicato in ricorso) – questi è funzionario dotato di notevole bagaglio esperienziale e di formazione specifica nel settore. Sicché anche con riferimento a tale profilo, la censura si presenta come inconferente e del tutto apodittica.

Da ultimo, merita precisare che – quanto consta in atti, (all. 21 al ricorso) e diversamente da quanto sostenuto in ricorso – il parere dell’ANAC non prescriveva in via generale, l’utilizzo di un ulteriore ausilio tecnico per il RUP, limitandosi, con riferimento a determinate voci (costo manodopera), a prospettarne la mera eventualità (“Ritenuto che una simile soluzione […] meriti di essere ulteriormente vagliata, se del caso avvalendosi della consulenza di un esperto in materia, con funzione di supporto al RUP” p.11). Ne consegue ed in disparte rilievo di inammissibilità analogo a quello sopra formulato in relazione agli altri, che anche l’ultimo profilo di censura sollevato con il primo motivo di ricorso non coglie nel segno e va pertanto respinto.

15.1. – Conclusivamente sul punto, il primo motivo di ricorso va respinto.

 

A cura di giurisprudenzappalti.it del 07/02/2023 di Roberto Donati 

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