Il Tar Piemonte, respingendo il ricorso avverso l’aggiudicazione del servizio di trasporto sanitario di emergenza 118, ricostruisce in maniera estremamente accurata la disciplina dettata per gli affidamenti del terzo settore ex artt. 56 e 57 D.lgs. 117/2017, con particolare riferimento al rapporto con il Codice dei Contratti.
Per stabilire che il servizio di trasporto sanitario di emergenza-urgenza è l’unico servizio chiaramente ed espressamente sottratto all’applicazione della normativa eurounitaria e nazionale in tema di appalti pubblici.
Ma, oltre alla fattispecie in esame, la sentenza merita segnalazione per un riepilogo estremamente attento sulle modalità di attivazione di convenzioni con i soggetti del “Terzo Settore”.
Questo quanto stabilito da Tar Piemonte, Sez. I, 29/08/2022, n. 719:
8. – Ebbene, le predette censure possono essere trattate congiuntamente in quanto attinenti a profili strettamente connessi alla peculiare disciplina dettata per gli affidamenti del terzo settore ex artt. 56 e 57 D.lgs. 117/2017.
8.1. – Come noto, la direttiva 2014/24/UE in materia di appalti pubblici al considerando n. 28 chiarisce che “la presente direttiva non dovrebbe applicarsi a taluni servizi di emergenza se effettuati da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro, in quanto il carattere particolare di tali organizzazioni sarebbe difficile da preservare qualora i prestatori di servizi dovessero essere scelti secondo le procedure di cui alla presente direttiva. La loro esclusione, tuttavia, non dovrebbe essere estesa oltre lo stretto necessario. Si dovrebbe pertanto stabilire esplicitamente che i servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza non dovrebbero essere esclusi. In tale contesto è inoltre necessario chiarire che nel gruppo “Servizi di trasporto terrestre” del CPV non rientrano i servizi di ambulanza, reperibili nella classe 8514. Occorre pertanto precisare che i servizi identificati con il codice CPV 85143000-3, consistenti esclusivamente in servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza, dovrebbero essere soggetti al regime speciale previsto per i servizi sociali e altri servizi specifici (“regime alleggerito”). Di conseguenza, anche gli appalti misti per la prestazione di servizi di ambulanza in generale dovrebbero essere soggetti al regime alleggerito se il valore dei servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza fosse superiore al valore di altri servizi di ambulanza”.
Il successivo art. 10 della direttiva stabilisce che quest’ultima non si applica agli appalti pubblici di servizi concernenti “servizi di difesa civile, di protezione civile e di prevenzione contro i pericoli forniti da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro identificati con i codici CPV 75250000-3, 75251000-0, 75251100-1, 75251110- 4, 75251120-7, 75252000-7, 75222000-8; 98113100-9 e 85143000-3 ad eccezione dei servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza”. La previsione dell’esclusione dei servizi di trasporto di emergenza e urgenza dall’applicazione della direttiva 2014/24/UE è contenuta pertanto nell’art. 10 della direttiva, che contiene un’eccezione e una contro-eccezione.
La disciplina eurounitaria ha, dunque, introdotto la distinzione tra servizio di soccorso sanitario in emergenza da attuarsi mediante ambulanza (consistente nel trasporto e nell’attività di prima cura del paziente che versa in una situazione emergenziale), eccezionalmente sottratto, se fornito da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro, ai sensi dell’art. 10, par. 1, lett. h) della direttiva 2014/24/UE, alla regola della gara, e servizio di solo trasporto in ambulanza (consistente nel trasporto ordinario di pazienti privo della connotazione dell’urgenza) che, invece, è soggetto alle procedure ad evidenza pubblica, anche se con un “regime alleggerito”.
Tale disposizione esclude dall’ambito delle regole classiche di aggiudicazione gli appalti pubblici di servizi relativi a servizi di difesa civile, protezione civile e prevenzione contro i pericoli, alla duplice condizione che tali servizi corrispondano ai codici CPV menzionati in tale disposizione e siano forniti da organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro. La norma di carattere eccezionale contiene tuttavia una “contro-eccezione”, nel senso che essa non si applica ai servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza, i quali, in base alle disposizioni sopra menzionate, rientrano nel regime semplificato di aggiudicazione degli appalti pubblici di cui agli articoli da 74 a 77 della direttiva n. 2014/24/UE. All’affidamento dei servizi di trasporto dei pazienti diversi da quelli di emergenza e urgenza, dunque, ai sensi delle disposizioni sopra menzionate, deve trovare applicazione la disciplina dettata al Titolo III “Particolari regimi di appalto”, Capo I “Servizi sociali e altri servizi specifici” della direttiva.
8.2. – A livello nazionale la richiamata disposizione è stata recepita dall’art. 17, comma 1, lett. h) D.lgs. 50/2016 ai sensi del quale le disposizioni del codice dei contratti non trovano applicazione agli appalti e alle concessioni di servizi “concernenti servizi di difesa civile, di protezione civile e di prevenzione contro i pericoli forniti da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro identificati con i codici CPV 75250000-3, 75251000-0, 75251100-1, 75251110- 4, 75251120-7, 75252000-7, 75222000-8; 98113100-9 e 85143000-3 ad eccezione dei servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza”.
Nell’ordinamento interno, i servizi di ambulanza identificati con il codice “CPV 85143000-3”, rientrano tra i servizi sanitari che, ai sensi degli articoli 140,142, 143 e 144 del codice dei contratti, possono formare oggetto di appalti pubblici secondo il c.d. “regime alleggerito” di cui all’art. 142 o secondo il sistema della gara “riservata” a determinate categorie di operatori no-profit, ai sensi dell’art. 143.
Più nello specifico, l’art. 142, comma 5-sexies del d.lgs. n. 50/2016 prevede che, per i servizi individuati dall’allegato IX (tra i quali è ricompreso il servizio di trasporto dei pazienti in ambulanza), che siano – come quello in oggetto – di valore superiore alla soglia comunitaria di cui all’articolo 35 comma 1, lettera d), “Si applicano le procedure di aggiudicazione di cui agli articoli da 54 a 58 e da 60 a 65”. Mentre, l’art. 143, rubricato “Appalti riservati per determinati servizi”, al comma 2 precisa che “Gli affidamenti di cui al comma 1 devono soddisfare tutte le seguenti condizioni: a) l’organizzazione ha come obiettivo statutario il perseguimento di una missione di servizio pubblico legata alla prestazione dei servizi di cui al comma 1; b) i profitti dell’organizzazione sono reinvestiti al fine di conseguire l’obiettivo dell’organizzazione. Se i profitti sono distribuiti o redistribuiti, ciò dovrebbe basarsi su considerazioni partecipative; c) le strutture di gestione o proprietà dell’organizzazione che esegue l’appalto sono basate su principi di azionariato dei dipendenti o partecipativi, ovvero richiedono la partecipazione attiva di dipendenti, utenti o soggetti interessati; d) l’amministrazione aggiudicatrice interessata non ha aggiudicato all’organizzazione un appalto per i servizi in questione a norma del presente articolo negli ultimi tre anni” e che “La durata massima del contratto non supera i tre anni”.
In tali settori viene individuata una soglia di rilevanza comunitaria più elevata rispetto agli appalti dei settori ordinari e viene riconosciuta un’ampia discrezionalità agli Stati membri nell’ organizzazione della scelta dei fornitori dei servizi, pur nel rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento.
In sintesi, sulla base delle disposizioni – nazionali ed europee – da ultimo citate, l’esclusione dall’applicazione delle regole classiche di aggiudicazione degli appalti pubblici “dovrebbe applicarsi a taluni servizi di emergenza se effettuati da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro”, mentre restano soggetti alla disciplina generale (sebbene nella specifica versione “alleggerita” prevista dagli articoli da 74 a 77 della direttiva 2014/24/UE e, a livello nazionale dagli articoli da 140 a 143 del d.lgs. n. 50 del 2016) i restanti “servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza”.
Giova ricordare che la deroga di cui all’art. 10, lett. h) della direttiva 2014/24/UE opera solo ove l’affidamento diretto venga effettuato in favore di un’organizzazione o un’associazione senza scopo di lucro, che, pertanto, abbia l’obiettivo di svolgere funzioni solidaristiche, prive di finalità commerciale e che investa eventuali utili al fine di raggiungere l’obiettivo dell’organizzazione o dell’associazione (sul punto, cfr. Corte di giustizia UE, sezione VIII, sentenza 7 luglio 2022, cause riunite C-213/21 e C-214/21, Italy Emergenza Cooperativa Sociale ed altri, alla stregua della quale si è precisato che l’art. 10, lettera h), della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che prevede che i servizi di trasporto sanitario di urgenza ed emergenza possano essere attribuiti mediante convenzione, in via prioritaria, soltanto a organizzazioni di volontariato e non a cooperative sociali che possono distribuire ai soci ristorni correlati alle loro attività).
8.3. – La disciplina sopra richiamata deve essere coordinata con il d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo Settore) che detta la disciplina degli Enti del terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b) della l. 6 giugno 2016, n. 106, e segnatamente con gli artt. 55, 56 e 57 che stabiliscono le modalità di coinvolgimento degli Enti del terzo settore.
In via preliminare, si evidenzia che il considerando 114 della direttiva 2014/24/UE e nell’analogo considerando 120 della direttiva 2014/25/UE stabilisce che: “Certe categorie di servizi, per la loro stessa natura, continuano ad avere una dimensione limitatamente transfrontaliera, segnatamente i cosiddetti servizi alla persona quali taluni servizi sociali, sanitari e scolastici…I contratti per servizi alla persona al di sopra di tale soglia dovrebbero essere improntati alla trasparenza, a livello di Unione. In ragione dell’importanza del contesto culturale e della sensibilità di tali servizi, gli Stati membri dovrebbero godere di un’ampia discrezionalità così da organizzare la scelta dei fornitori di servizi nel modo che considerano più adeguato. Le norme della presente direttiva tengono conto di tale imperativo, imponendo solo il rispetto dei principi fondamentali di trasparenza e di parità di trattamento”.
Ebbene, l’approvazione del Codice del Terzo settore ha rappresentato un importante punto di svolta nel nostro ordinamento poiché, attraverso tale decreto, il legislatore è riuscito nel difficile intento di sistematizzare in modo organico la materia di che trattasi, caratterizzata da ampia fluidità, nonché di colmare le lacune ancora presenti.
Il Consiglio di Stato, nel parere n. 2052 del 2018, ha evidenziato che “il provvedimento, nel contesto di una dichiarata valorizzazione del ruolo degli enti non profit anche alla luce dell’art. 118, comma 4, Cost., attende ad una regolamentazione del settore di impronta e finalità dichiaratamente sistematica, pur non disponendo l’espressa abrogazione di tutta la pregressa normativa stratificatasi in materia”.
L’importanza di tale novità normativa emerge in modo chiaro dalla sentenza della Corte Costituzionale 26 giugno 2020, n. 131, la quale evidenzia che l’art. 55, che apre il Titolo VII del Codice del Terzo Settore, disciplinando i rapporti tra Enti del Terzo Settore e pubbliche amministrazioni, rappresenta una delle più significative attuazioni del principio di sussidiarietà orizzontale valorizzato dall’art. 118, quarto comma, della Costituzione, norma che ha esplicitato nel testo costituzionale “le implicazioni di sistema derivanti dal riconoscimento della “profonda socialità” che connota la persona umana…e della sua possibilità di realizzare una “azione positiva e responsabile” (in termini, Corte Cost. 26 giugno 2020, n. 131).
Si evidenzia sin da subito che, dopo la pronuncia della Corte Costituzionale sopra richiamata, il legislatore, al fine di prevedere un coordinamento tra il Codice dei contratti pubblici e il Codice del Terzo Settore, ha introdotto con la legge di conversione 11 settembre 2020, n. 120 del c.d. decreto semplificazioni (art. 8, comma 5 del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”) – all’interno del d.lgs. n. 50 del 2016 specifici riferimenti al Titolo VII del d.lgs. n. 117 del 2017.
Si ricorderà che il Consiglio di Stato, già con il parere n. 1405/2017 reso sullo schema di decreto legislativo recante “Codice del Terzo settore” aveva ravvisato la necessità (imposta dal diritto europeo) di mediare le due contrapposte esigenze: valorizzare le organizzazioni non lucrative e, al contempo, salvaguardare gli equilibri funzionali del libero mercato e che, con il successivo parere n. 2052/2018, aveva ritenuto che, in considerazione della primazia del diritto euro-unitario, la disciplina recata dal Codice dei contratti pubblici dovesse prevalere in ogni caso sulle difformi previsioni del Codice del terzo settore, ove queste non potessero in alcun modo essere interpretate in conformità al diritto euro-unitario, che, in tali casi, avrebbe dovuto trovare applicazione il meccanismo della disapplicazione normativa, costituente un dovere sia per il Giudice sia per le Amministrazioni e che fosse ragionevole ritenere che le Amministrazioni dovessero volta per volta motivare la scelta di ricorrere agli stilemi procedimentali delineati dal Codice del terzo settore, in luogo dell’indizione di una ordinaria gara d’appalto. Il Consiglio di Stato aveva precisato che l’Amministrazione avrebbe dovuto evidenziare la maggiore idoneità di tali procedure a soddisfare i bisogni lato sensu “sociali” ricorrenti nella fattispecie, alla luce dei principi di adeguatezza, proporzionalità ed efficacia ed in comparazione con gli esiti che verosimilmente avrebbe prodotto l’alternativa del ricorso al mercato.
8.4. – Ebbene, preme osservare che il legislatore, con il D.L. n. 76 del 2020, ha introdotto, all’interno dell’art. 140 del codice dei contratti pubblici, una clausola di salvezza in favore del Codice del Terzo Settore, prevedendo espressamente che “gli appalti di servizi sociali e di altri servizi specifici di cui all’allegato IX sono aggiudicati in applicazione degli articoli 142, 143, 144, salvo quanto disposto nel presente articolo e fermo restando quanto previsto dal titolo VII del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117”.
Non solo, il legislatore ha integrato anche l’art. 59, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 inserendo la seguente premessa: “Fermo restando quanto previsto dal titolo VII del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117,” e l’art. 30, recante “Principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni”, nel modo seguente: “Per quanto non espressamente previsto nel presente codice e negli atti attuativi, alle procedure di affidamento e alle altre attività amministrative in materia di contratti pubblici nonché di forme di coinvolgimento degli enti del Terzo settore previste dal titolo VII del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile”.
8.5. – Infine, il Ministero del Lavoro, nelle Linee Guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore adottate con decreto del 31 marzo 2021, n. 72, ha evidenziato che “le disposizioni introducono, di fatto, per via legislativa, una serie di condizioni che sono state definite per via giurisprudenziale nel corso del tempo (soprattutto, da parte della Corte di Giustizia dell’Unione europea: CGUE 11 dicembre 2017, C-113/13, c.d. Spezzino e 28 gennaio 2016, C¬50/2014 c.d. Casta). L’attenzione del Giudice europeo è posta sul tema della gratuità e del principio del rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate; ciò pare da leggere e interpretare come “presidio” avverso l’ipotesi di riqualificare le convenzioni come contratti di appalto. L’ammissibilità del sistema convenzionale si fonda, inoltre, sulla circostanza che esso concorre al raggiungimento di una finalità sociale e al perseguimento degli obiettivi di solidarietà ed efficienza di bilancio. Al contempo, rileva la circostanza che le organizzazioni coinvolte – nel rispetto della legislazione nazionale in materia – non traggono alcun profitto dalle loro prestazioni, fatto salvo il rimborso di costi variabili, fissi e durevoli nel tempo, necessari per fornire le medesime, e non procurano alcun profitto ai loro membri, né direttamente né indirettamente”.
Inoltre, al fine di effettuare una distinzione tra i rapporti di collaborazione con i soggetti del Terzo settore e l’affidamento di appalti di servizi, il decreto ha chiarito che “laddove un ente pubblico agisce quale stazione appaltante, attivando una procedura concorrenziale finalizzata all’affidamento di un contratto pubblico per lo svolgimento di un servizio, definito dall’ente stesso nel relativo bisogno e nelle obbligazioni e relative prestazioni, economiche e contrattuali, con il riconoscimento di un corrispettivo, idoneo ad assicurare un utile di impresa, determinato sulla base dell’importo a base d’asta – si applicherà il CCP, venendo ad esistenza un rapporto a prestazioni corrispettive. A fronte, invece, dell’attivazione di una procedura ad evidenza pubblica, ai sensi del Titolo VII del CTS, finalizzata alla selezione degli ETS con i quali formalizzare un rapporto di collaborazione per lo svolgimento di “altre attività amministrative in materia di contratti pubblici”, nelle quali PA ed ETS vengono in relazione, (come previsto dal richiamato art. 30, comma 8, CCP), anche a seguito dell’iniziativa degli stessi ETS, si applicheranno le disposizioni previste sul procedimento amministrativo, di cui alla legge n. 241/1990 e ss. mm., oltre che quelle specifiche del CTS”.
Per quanto interessa in questa sede, emerge dunque che, comunque, sempre ed in ogni caso, dovranno essere rispettati i principi di imparzialità, trasparenza, concorsualità e parità di trattamento.
8.6. – Ciò premesso in termini di coordinamento tra il Codice dei contratti pubblici e il Codice del Terzo Settore, giova soffermarsi sull’esegesi della normativa pertinente al caso di specie.
Ai sensi dell’art. 55, del d.lgs. n. 117 del 2017 le amministrazioni pubbliche, nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale nei settori delle attività di interesse generale, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento, poste in essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché delle norme che disciplinano specifici procedimenti ed in particolare di quelle relative alla programmazione sociale di zona.
Inoltre, ai sensi dell’art. 56 del d.lgs. n. 117 del 2017, esse possono sottoscrivere con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno 6 mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato.
Questa è la fattispecie che ha determinato maggiori problemi ermeneutici.
Infatti, da un lato, tale norma sembra richiamare una modalità organizzativa sottratta tout court alla disciplina degli appalti pubblici, laddove prevede che “Le convenzioni di cui al comma 1 possono prevedere esclusivamente il rimborso alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale delle spese effettivamente sostenute e documentate”.
Sul punto, il Consiglio di Stato, con il parere n. 2058/2018 ha chiarito che “occorre intendersi su tale locuzione, atteso che […] il rimborso che escluda la remunerazione di tutti i fattori della produzione altrui (capitale e lavoro) e copra solamente le spese vive, nega l’onerosità della prestazione ed enuclea un contesto di servizio di interesse generale non economico, non interferente, in quanto tale, con la disciplina del codice dei contratti pubblici. A questo riguardo, la stessa disposizione del quarto comma dimostra l’impossibilità di pervenire, sul piano dello stretto diritto positivo, ad un approdo sicuro…Per tentare una sintesi, sembra far propendere per la onerosità del servizio sociale di interesse generale oggetto della convenzione la riconduzione tra le spese rimborsabili dei costi indiretti e forse anche degli oneri relativi alla copertura assicurativa, ma è indubbio che si tratta di ipotesi limite, non costruite con previsioni di portata generale, che si collocano quasi in una terra di nessuno”.
Ebbene, più di un elemento porta a ritenere che siamo di fronte ad uno strumento che si colloca a cavallo tra la logica della sussidiarietà e quella della concorrenzialità.
Invero, l’art. 56, da un lato, limita la possibilità delle amministrazioni pubbliche di sottoscrivere con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, solo al caso in cui ciò sia “più favorevole rispetto al ricorso al mercato”.
Sul punto, il già citato parere del Consiglio di Stato, n. 2052/2018 osserva che “La clausola finale induce a ritenere, sul piano sistematico, che siano deducibili nella convenzione servizi economici di interesse generale, in quanto, altrimenti, cioè nella prospettiva della non onerosità, non si porrebbe, sul piano logico prima ancora che giuridico, il problema della comparazione di convenienza della scelta tra ricorso al mercato e convenzione”.
Sul punto, ha cercato di fare chiarezza il citato decreto ministeriale n. 72/2021 evidenziando che “l’art. 56 del CTS pone in capo alle pubbliche amministrazioni l’obbligo di verificare che il ricorso alle convenzioni risulti «più favorevole rispetto al ricorso al mercato». Si tratta di una locuzione inserita su richiesta del Consiglio di Stato in sede di espressione del parere sullo schema di decreto legislativo (si veda il già citato parere n. 1405/2017) al fine di enucleare il «giusto punto di equilibrio» fra «la tutela della concorrenza [quale] principio eurounitario cui deve uniformarsi sia l’attività legislativa sia quella amministrativa di ciascuno Stato nazionale» ed il favor espresso dal principio di sussidiarietà orizzontale». Una lettura condivisibile della prescrizione induce a ritenere che non si tratti di una mera valutazione economica di riduzione dei costi gravanti sulle PP.AA. bensì che si richieda di verificare l’effettiva capacità delle convenzioni di conseguire quegli obiettivi di solidarietà, accessibilità e universalità che la giurisprudenza europea ha evidenziato come fondamento della disciplina. Pertanto, occorre “leggere” la prescrizione del «maggior favore rispetto al mercato» come formula sintetica che compendia una valutazione complessiva svolta dalla P.A. sugli effetti del ricorso ad una convenzione, in luogo dell’applicazione della disciplina di diritto comune per l’affidamento dei servizi sociali (in tal senso, TAR Puglia – Lecce, sez. II, n. 2049/2019, che valorizza il profilo motivazionale)”.
Inoltre, al comma 3 il legislatore precisa che “L’individuazione delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale con cui stipulare la convenzione è fatta nel rispetto dei principi di imparzialità, pubblicità, trasparenza, partecipazione e parità di trattamento, mediante procedure comparative riservate alle medesime. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale devono essere in possesso dei requisiti di moralità professionale, e dimostrare adeguata attitudine, da valutarsi in riferimento alla struttura, all’attività concretamente svolta, alle finalità perseguite, al numero degli aderenti, alle risorse a disposizione e alla capacità tecnica e professionale, intesa come concreta capacità di operare e realizzare l’attività oggetto di convenzione, da valutarsi anche con riferimento all’esperienza maturata, all’organizzazione, alla formazione e all’aggiornamento dei volontari”.
Il Consiglio di Stato, con il parere n. 2052/2018, ha cercato di chiarire il significato di tale norma, evidenziando che “assume rilievo il terzo comma dell’art. 56, a mente del quale “l’individuazione delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale con cui stipulare la convenzione è fatta nel rispetto dei principi di imparzialità, pubblicità, trasparenza, partecipazione e parità di trattamento, mediante procedure comparative riservate alle medesime”. Sono enunciati principi essenzialmente riconducibili nell’ambito dell’imparzialità e della trasparenza e costituenti il contenuto imprescindibile di ogni procedimento di valutazione comparativa, o, potrebbe dirsi con diversa terminologia, ad evidenza pubblica in senso ampio. Appare peraltro chiaro che non è affermato il principio di concorrenzialità (libera concorrenza), che specifica, di regola, il procedimento finalizzato all’aggiudicazione (ed anche all’esecuzione) degli appalti e delle concessioni. Di tale diversità si ha contezza anche raffrontando i principi individuati nella norma oggetto di disamina con quelli enucleati dall’art. 30 del d.lgs. n. 50 del 2016. Ciò significa che il procedimento volto alla scelta dell’organizzazione di volontariato o dell’associazione di promozione sociale per la stipula di una convenzione finalizzata allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale non è permeato dal principio di concorrenzialità, ma solamente da quello di parità di trattamento. Potrebbe, al più, ritenersi che sia garantito il principio interno di concorsualità, valorizzando il secondo periodo del comma 3, che richiede alle organizzazioni di volontariato ed alle associazioni di promozione sociale il possesso dei requisiti di moralità professionale, di idoneità professionale e di capacità tecnica professionale, seppure non con l’intensità inferibile, rispettivamente, dalla disciplina dettagliata degli artt. 80 ed 83 del d.lgs. n. 50 del 2016, ma in senso relativo, da valutare cioè, sul piano oggettivo, con riferimento alla struttura ed all’attività svolta e, sul piano soggettivo, con riferimento all’esperienza maturata, all’organizzazione, alla formazione ed all’aggiornamento dei volontari”.
Infine, l’art. 57 del suddetto decreto è dedicato in modo specifico al “Servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza”, prevedendo quanto segue: “I servizi di trasporto sanitario di emergenza e urgenza possono essere, in via prioritaria, oggetto di affidamento in convenzione alle organizzazioni di volontariato, iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, aderenti ad una rete associativa di cui all’articolo 41, comma 2, ed accreditate ai sensi della normativa regionale in materia, ove esistente, nelle ipotesi in cui, per la natura specifica del servizio, l’affidamento diretto garantisca l’espletamento del servizio di interesse generale, in un sistema di effettiva contribuzione a una finalità sociale e di perseguimento degli obiettivi di solidarietà, in condizioni di efficienza economica e adeguatezza, nonché nel rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione. 2. Alle convenzioni aventi ad oggetto i servizi di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 3-bis e 4 dell’articolo 56”.
Anche la norma da ultimo citata àncora l’“affidamento diretto” al fatto che il servizio di trasporto sanitario sia caratterizzato dai requisiti di “emergenza-urgenza”.
In relazione all’art. 57, il già citato decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 72/2021 ha chiarito che esso “rappresenta la “codificazione” della giurisprudenza euro-unitaria (si vedano le già richiamate sentenze c.d. Casta e Spezzino) ed ha fondamento nella stessa direttiva sugli appalti pubblici (direttiva 2014/24/UE) che, al considerando n. 28, afferma che essa non trova applicazione in ordine “a taluni servizi di emergenza se effettuati da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro, in quanto il carattere particolare di tali organizzazioni sarebbe difficile da preservare qualora i prestatori di servizi dovessero essere scelti secondo le procedure di cui alla presente direttiva”, che “proprio il dettato dell’art. 57 rende evidente che non sussiste, nell’ordinamento, alcuna «obbligatorietà della gara per l’affidamento dei servizi in questione, ma al contrario deve ritenersi oramai codificato il principio dell’affidamento in convenzione alle organizzazioni di volontariato dei servizi di trasporto sanitario di emergenza e urgenza» (TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 12 gennaio 2018, n, 32)” e che “La locuzione «in via prioritaria» indica – se letta nella prospettiva dell’ipotesi generale di cui all’art. 56 del CTS – una sorta di presunzione di «maggior favore rispetto al mercato»: al soddisfacimento delle condizioni previste nella disposizione, è il legislatore stesso che individua un punto di “bilanciamento” fra le esigenze solidaristiche, di equilibrio dei bilanci pubblici, e di tutela della concorrenza”.
Il servizio di trasporto sanitario di emergenza-urgenza è, pertanto, l’unico servizio chiaramente ed espressamente sottratto all’applicazione della normativa eurounitaria e nazionale in tema di appalti pubblici.
La preordinazione del trasporto mediante ambulanza a far fronte ad una situazione di emergenza (attuale o potenziale) costituisce un connotato ineludibile del servizio, al fine di dimostrare la coerenza del relativo affidamento diretto, disposto dall’Amministrazione in applicazione delle eventuali norme nazionali o regionali, con le regole-cardine dell’ordinamento sovranazionale (sul punto, Consiglio di Stato, sez. III, 3 agosto 2020, n. 4905).
8.7. – Alla luce dell’ampia ricostruzione esegetica del plesso normativo soprarichiamato deve pertanto concludersi che sono esclusi dall’applicazione del codice dei contratti i servizi di trasporto sanitario di emergenza e urgenza, di qui l’impossibilità di procedere ad una applicazione sic et simpliciter dei principi generali dettati in materia di appalti, tra cui campeggia il principio di concorrenzialità, dovendosi far luogo alla sola applicazione dei principi di imparzialità, pubblicità, trasparenza, partecipazione e parità di trattamento nella prospettiva applicativa di una procedura comparativa riservata alle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale.
Sul punto il soprarichiamato decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 72 del 31 marzo 2021, ha conclusivamente rimarcato che “il Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 24 aprile 2016, n. 50, (in avanti anche solo “CCP”) infatti, muove dal generale presupposto che i soggetti privati debbano concorrere, fra loro, per acquisire la qualità di controparte contrattuale della P.A. ai fini della conclusione di un contratto pubblico per l’affidamento o la concessione di un servizio. Al contrario, il CTS muove dalla considerazione che le finalità perseguite dagli ETS siano fra loro omogenee (finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale) e distinte da quella lucrativa e che le loro attività siano convergenti con quelle svolte dalla P.A. (attività di interesse generale): ne discende, quindi, la non automatica applicabilità di schemi che prevedano la competizione e lo scambio sinallagmatico, e la necessità di prevederne altri che partano da tale carattere genetico degli ETS. In tal modo, l’amministrazione pubblica sarà posta in grado di scegliere, in base alle concrete situazioni, lo schema procedimentale preferibile, assumendo come criterio-guida la necessità di assicurare il “coinvolgimento attivo” degli ETS”.
9 – Ebbene, sulla scorta delle esaustive considerazioni che precedono, il Collegio ritiene che, nel caso di specie, venendo appunto in rilievo servizi di interesse generale, strettamente connessi alla soddisfazione del diritto fondamentale della collettività alla tutela della salute, sia la previsione di un criterio di valutazione che conferisca prevalenza agli aspetti tecnico-qualitativi – rispetto a quelli prettamente economici – con la conseguente giustificata recessione della concorrenza sul fattore prezzo, sia la valutazione dell’offerta tecnica sulla base di requisiti afferenti alla sfera soggettiva-esperienziale del concorrente, rispondano propriamente all’esigenza di dover dare prevalenza alla valutazione di parametri inerenti alla qualità del servizio, all’organizzazione e alla qualifica professionale, nonché all’esperienza del personale effettivamente utilizzato nell’affidamento, in linea con quanto disposto dall’art. 56 D.lgs. 117/2017.
A cura di giurisprudenzappalti.it del 29/08/2022 di Roberto Donati