Subappalto e disapplicazione dell’articolo 105 (appena modificato dal “Decreto Semplificazioni 2021”)

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Il Tar Lombardia, esprimendosi su un parziale diniego al subappalto, ribadisce come la disapplicazione sia un obbligo per lo Stato membro in tutte le sue articolazioni e, quindi, anche per gli apparati amministrativi che, attraverso i suoi funzionari, siano chiamati ad applicare la norma interna contrastante con il diritto euro – unitario.

La decisione, oltre ad assumere rilevanza per i principi in materia di disapplicazione, è importante anche perchè riferita all’articolo 105 appena modificato dal “Decreto Semplificazioni 2021”, costituendo dunque un precedente da ricordare.

A settembre 2021 ( fare attenzione alla data ) l’aggiudicataria chiede l’autorizzazione a subappaltare parte delle opere affidate.

La committente oppose ( ottobre 2021 ) un diniego parziale: esclude cioè dall’autorizzazione una lavorazione, in quanto al subappaltatore era stato assegnato un corrispettivo dichiarato “non congruo”, perché ribassato di oltre il 20% rispetto al prezzo di aggiudicazione in violazione dell’art. 105, XIV comma, del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

Sebbene questa disposizione non sia citata nella nota, essa prevedeva infatti – fino alla modifica introdotta dall’articolo 49, I comma, lettera b), del d.l. 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni dalla l. 29 luglio 2021, n. 108 – che “L’affidatario deve praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con ribasso non superiore al venti per cento, nel rispetto degli standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto (…); la stazione appaltante (…) provvede alla verifica dell’effettiva applicazione della presente disposizione”; analoga disposizione era contenuta nel previgente art. 118 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

L’appaltatore impugna l’autorizzazione, limitatamente al diniego parziale, rilevando, principalmente, la violazione della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea 27 novembre 2019, emessa nel giudizio C-402/18.[1]

Secondo la ricorrente le sentenze della Corte di Giustizia sono direttamente e immediatamente vincolanti nell’ordinamento interno degli Stati dell’Unione, per cui le norme anche primarie che con quelle contrastino devono essere disapplicate, tanto dall’autorità giurisdizionale, quanto dai soggetti pubblici.

Tar Lombardia, Brescia, Sez. I, 08/02/2022 n.112 accoglie il ricorso:

4.1. Invero, la citata sentenza 27 novembre 2019 della Corte stabilisce la regola per cui “la direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, dev’essere interpretata nel senso che: … essa osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che limita la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate di oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione”.

La normativa nazionale in questione era appunto quella italiana, e la previsione rilevante era all’epoca, come già ricordato, l’art. 118, IV comma, del d.lgs. n. 163/2006, poi sostituito dall’analogo art. 105, XIV comma, del d.lgs. n. 50/2016.

4.2.1. Ebbene, come, pur laconicamente, osserva parte ricorrente – e nulla ha opposto la parte resistente, almeno in entrambe le fasi del giudizio di I grado – le sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea hanno il valore di fonte del diritto comunitario nella interpretazione delle norme comunitarie e nella individuazione degli ambiti di applicazione delle stesse, con efficacia immediata e diretta nel nostro ordinamento.

4.2.2. Ciò, anzitutto, comporta che la non applicazione della disposizione interna, contrastante con l’ordinamento comunitario, costituisce un potere-dovere anzitutto per il giudice (conf. C.d.S. VI, 11 novembre 2019, n.7874; conf. ex multis, id. 3 maggio 2019, n. 2890; V, 28 febbraio 2018, n. 1219), così da realizzare la piena applicazione delle norme comunitarie, di rango preminente rispetto a quelle dei singoli Stati membri: “la pronuncia pregiudiziale della Corte di giustizia crea l’obbligo del giudice nazionale di uniformarsi ad essa e l’eventuale violazione di tale obbligo vizierebbe la sentenza secondo la disciplina dell’ordinamento interno e, al contempo, darebbe luogo a una procedura di infrazione nei confronti dello stato di cui quel giudice è organo” (C.d.S. VI, 7874/2019 cit.).

4.2.3. Inoltre, sempre la condivisibile giurisprudenza maggioritaria stabilisce che non è solo l’autorità giudiziaria a dover così operare, poiché la disapplicazione è un obbligo per lo Stato membro in tutte le sue articolazioni e, quindi, anche per gli apparati amministrativi che, attraverso i suoi funzionari, siano chiamati ad applicare la norma interna contrastante con il diritto euro – unitario, in particolare qualora tale conflitto sia stabilito da una fonte univoca, quale appunto le sentenze della Corte (si tratta di una conclusione risalente, in sede europea, già a Corte di Giustizia delle Comunità europee, 22 giugno 1989, C-103/88 e poi a Corte di Giustizia dell’Unione europea 24 maggio 2012, C-97/11; per la Corte costituzionale alla sentenza 21 aprile 1989 n. 232, e, quanto alla giurisprudenza amministrativa, sino almeno a C.d.S., VI, 23 maggio 2006 n. 3072; tra le ultime, C.d.S. VI, 7874/2019 cit.; id. V, 5 marzo 2018, n. 1342).

5.1. Ne consegue dunque che il ricorso è fondato.

Il provvedimento di ….. è illegittimo poiché la stessa committente avrebbe dovuto disapplicare la norma interna e non opporsi in parte qua al subappalto; in ogni caso, la disapplicazione, secondo quanto sopra esposto spetterebbe direttamente al giudice: con conseguente annullamento, comunque, secondo quanto sopra esposto, della previsione impugnata.

5.2. È peraltro da aggiungere che, come già inizialmente ricordato, il citato art. 105, XIV comma, del d.lgs. n. 50/2016, alla data del 18 ottobre 2021 (quando cioè ….. escluse la lavorazione in questione dal subappalto) era già stato modificato per effetto dell’art. 49, I comma, lett. b), del d.l. 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni dalla l. 29 luglio 2021, n. 108, in senso conforme alla ripetuta sentenza C.G.U.E. 27 novembre 2019, C-402/18: ed è proprio la coerenza con la nuova disposizione di legge che consente a questo giudice di valorizzare tuttora la fonte comunitaria.

5.3. Per effetto della riforma, e per quanto d’interesse, nell’art. 105, XIV comma, è stato soppresso il riferimento ai limiti di ribasso per i prezzi e ora si stabilisce invece che “Il subappaltatore, per le prestazioni affidate in subappalto, deve garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto e riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale, inclusa l’applicazione dei medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro, qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto ovvero riguardino le lavorazioni relative alle categorie prevalenti e siano incluse nell’oggetto sociale del contraente principale”.

5.4. Pertanto, annullato il diniego di autorizzazione, la committente dovrà ripronunciarsi, entro 15 giorni dalla comunicazione o dalla notificazione della presente sentenza, sulla domanda di subappalto ………. in conformità a quanto attualmente previsto dalla norma di legge.

[1] Corte di Giustizia dell’Unione europea 27 novembre 2019, emessa nel giudizio C-402/18 ha stabilito che è illegittima e contraria alle direttive comunitarie una norma nazionale che limita la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate di oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 08/02/2022 di Roberto Donati

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