FOCUS: “Appalti pubblici: è incostituzionale richiedere i costi della manodopera solo al primo classificato”

Il principio affermato dalla Corte costituzionale
Con la sentenza n. 80 del 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 13, della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 2 del 2024, nella parte in cui consente alla stazione appaltante di richiedere l’indicazione dei costi della manodopera, degli oneri aziendali relativi alla sicurezza e del personale impiegato unicamente al concorrente collocatosi primo in graduatoria.
Tale disposizione provinciale si pone in contrasto con gli artt. 108, comma 9, e 110, comma 1, del D.lgs. 36/2023, che impongono invece, a pena di esclusione, la dichiarazione dei costi suddetti da parte di tutti i partecipanti alla procedura di gara.

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Il caso: una norma provinciale derogatoria al Codice dei contratti pubblici
Il giudizio trae origine dal ricorso promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, depositato il 24 settembre 2024, con cui è stata impugnata la norma provinciale che, modificando l’art. 27 della l.p. Bolzano n. 16/2015, stabiliva che l’indicazione dei costi della manodopera e degli oneri aziendali fosse richiesta esclusivamente al primo classificato. L’adempimento, secondo la legge impugnata, era finalizzato alla verifica di congruità da effettuarsi solo in fase di pre-aggiudicazione, con possibilità di esclusione in caso di esito negativo e successivo scorrimento della graduatoria.
Il Governo ha eccepito l’invasione della competenza statale in materia di tutela della concorrenza (art. 117, comma 2, lett. e), Cost.), nonché la violazione dell’art. 117, comma 1, Cost., in relazione agli obblighi derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea. A tal fine ha evidenziato come le norme statali violate costituiscano disposizioni fondamentali di riforma economico-sociale, applicabili anche nelle autonomie speciali.
Il quadro normativo nazionale: gli artt. 108 e 110 del Codice dei contratti pubblici
Le disposizioni codicistiche violate (artt. 108, comma 9, e 110, comma 1) si collocano nel quadro della disciplina dei requisiti dell’offerta economica e della verifica di anomalia.
In particolare:
- l’art. 108, comma 9, prevede che l’operatore economico debba indicare, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali relativi alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, salva l’eccezione per le forniture senza posa in opera e i servizi di natura intellettuale;
- l’art. 110, comma 1, attribuisce rilievo alla valutazione di congruità dei costi dichiarati nella verifica di anomalia dell’offerta, includendoli espressamente tra gli “elementi specifici” da prendere in considerazione.
Ne consegue che i suddetti costi costituiscono parte integrante dell’offerta economica e strumento per accertare, in modo trasparente e completo, la sostenibilità dell’offerta e il rispetto della normativa in materia di lavoro e sicurezza.
Il ragionamento della Corte: tutela del lavoro e concorrenza come limiti alla legislazione provinciale
La Consulta ha condiviso l’assunto del ricorrente, ritenendo che la previsione provinciale vanifichi la ratio sottesa all’obbligo dichiarativo, la cui funzione è duplice: da un lato, responsabilizzare gli operatori economici rispetto agli obblighi sociali e di sicurezza sul lavoro; dall’altro, offrire alla stazione appaltante strumenti di verifica ex ante, utili a escludere offerte prive dei presupposti minimi di legalità e sostenibilità.
Il fatto che la dichiarazione sia richiesta solo a posteriori e limitatamente al primo classificato comporta:
- l’impossibilità per la stazione appaltante di effettuare un confronto omogeneo tra le offerte sin dalla loro presentazione;
- una elusione dell’automatismo espulsivo previsto dall’art. 108, comma 9, in caso di omessa dichiarazione;
- una compressione del principio di par condicio, in quanto la verifica di congruità non viene applicata in modo uniforme a tutti gli operatori;
- una diminuzione delle tutele in materia di lavoro, che l’ordinamento statale intende invece rafforzare.
La Corte ha ribadito, inoltre, che le norme in materia di procedure di affidamento, anche nelle Regioni e Province autonome, devono rispettare i limiti derivanti dalle norme fondamentali di riforma economico-sociale, soprattutto se attuative di obblighi euro-unitari. Tale qualificazione è stata attribuita in modo espresso agli artt. 108 e 110 del Codice, i quali, secondo la Corte, attengono alla materia “tutela della concorrenza” e, in quanto tali, rientrano nella competenza legislativa esclusiva statale.
Le ricadute operative: verso un modello uniforme di tutela del lavoro negli appalti
La pronuncia n. 80/2025 rappresenta un ulteriore tassello nella costruzione di un sistema nazionale degli appalti pubblici ispirato ai principi di legalità sostanziale, trasparenza e tutela effettiva del lavoro.
Essa conferma l’indirizzo già consolidato, anche nella giurisprudenza amministrativa, secondo cui:
- l’indicazione dei costi della manodopera è un elemento obbligatorio e non differibile dell’offerta economica;
- la violazione di tale obbligo comporta l’automatica esclusione del concorrente, senza necessità di soccorso istruttorio;
- la verifica di congruità deve essere effettuata su elementi già presenti in sede di gara, non surrettiziamente acquisiti solo in fase pre-aggiudicazione.
La sentenza, infine, assume un rilevante valore sistemico per gli enti autonomi dotati di potestà legislativa primaria, chiarendo che la normativa statale in materia di affidamenti pubblici – soprattutto laddove attui obblighi europei e tuteli interessi trasversali come la sicurezza del lavoro – impone un vincolo conformativo anche nei confronti delle autonomie speciali.
Conclusioni
Con la decisione in commento, la Corte costituzionale riafferma il principio secondo cui la tutela del lavoro nei contratti pubblici costituisce un valore non negoziabile, espressione di un interesse nazionale unitario che prevale sulle prerogative legislative locali. La dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma provinciale rappresenta un monito nei confronti di ogni tentativo di frammentazione normativa che, dietro l’apparente flessibilità, rischi di indebolire le garanzie fondamentali previste dal Codice dei contratti pubblici a presidio della legalità e della dignità del lavoro.
A cura della Redazione di TuttoGare PA del 30/06/2025

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