L’obbligo di riassorbimento dei lavoratori deve essere compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante

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La Sentenza del Tar Lazio conferma l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante.

La vicenda riguarda un appalto per una pluralità di servizi ( dalle pulizie al portierato–reception).

Secondo la ricorrente l’aggiudicataria non avrebbe rispettato le prescrizioni del Bando/Capitolato, prevedendo nella propria offerta l’utilizzo di un CCNL (servizi fiduciari) diverso rispetto a quello applicato agli attuali dipendenti (pulizia e servizi integrati, anche detto “multiservizi”) e dunque ponendo alla base della stessa un contratto collettivo nazionale che prevedeva dei livelli retributivi nettamente inferiori a quelli attualmente applicati ai dipendenti da assorbire.

Con la conseguenza che i lavoratori assunti con il nuovo aggiudicatario ad avviso di parte ricorrente subiranno una sicura decurtazione dei compensi percepiti, in violazione dell’art. 36 della Costituzione secondo cui “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

Né, ad avviso di parte ricorrente, può ritenersi rispettata la c.d. “clausola sociale” di cui all’art. 25 del disciplinare di gara, nonché dell’art. 36 della legge n. 300/1970 recante “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento” – ai sensi del quale “…nei capitolati di appalto attinenti all’esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l’obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona” – in quanto il costo medio annuo stimato dall’aggiudicataria risulta deteriore rispetto a quello desumibile dal contratto collettivo nazionale applicato ai lavoratori da assorbire, ovverosia il CCNL multiservizi (cfr., in questi termini, Cons. Stato, Sez. III, 9.12.2015, n. 5597).

Tar Lazio, Roma, Sez. Prima Quater, 12/ 05/ 2021, n. 5588 respinge il ricorso:

Infondata, infine, è la terza censura, con cui parte ricorrente lamenta la mancata esclusione della xxxx in quanto la stessa ha determinato di applicare ai dipendenti il C.C.N.L. “servizi fiduciari” in luogo del precedente C.C.N.L. “multiservizi”, in presunta violazione della lex specialis della gara oltre che dell’art.36 Cost.

Infatti, posto che nel caso in esame la lex specialis non ha previsto l’applicazione di un C.C.N.L. piuttosto che di un altro, l’applicazione del C.C.N.L. del 2013 considerato dall’aggiudicataria è assolutamente coerente con l’oggetto del lotto 7 , che come si è già detto è specificatamente dedicato non alla prestazione di “Multiservizi”, bensì a “Servizi di portierato, reception, custodia e guardiania”, ai quali verrà adibito il personale già precedentemente impiegato, da salvaguardare in ragione della clausola sociale.

Come ben evidenziato anche dall’amministrazione costituita in giudizio, il CCNL che l’impresa aggiudicataria ha indicato di utilizzare contempla espressamente la possibilità di un subentro in un contratto dove, come nel caso in esame, il personale sia in servizio con un altro CCNL.

All’ultimo comma dell’art. 5 del CCNL, nella seconda sezione concernente i servizi fiduciari, si dispone infatti: “Nel caso in cui l’impresa uscente non applichi il presente contratto, si potranno comunque attivare tentativi di cambio di appalto alla presenza delle OO.SS. ed eventualmente le DTL competenti per la procedura”.

Inoltre, il CCNL in corso con il gestore uscente (“multiservizi”), contiene una “clausola di cedevolezza” in favore del CCNL più specifico, come nel caso di specie, in cui la prestazione non è più riferita a più tipologie di servizi, bensì il solo servizio di portierato e guardiania (v. art. 1 del vigente CCNL multiservizi, che prevede che siano “escluse dalla sfera di applicazione del contratto le eventuali autonome attività, anche per specifici contratti di committenza, ai rapporti di lavoro delle quali si applichino, secondo la vigente normativa, autonomi e specifici c.c.n.l. corrispondenti”).

Del resto, come ricordato sia nella memoria di xxxx che in quella dell’amministrazione, il Collegio non può ignorare le recenti conclusioni a cui è pervenuto il Consiglio di Stato, Sez. V, 2.11.2020, n. 6761 che ha sottolineato come la clausola sociale, non comporti “alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata, nonché alle medesime condizioni, il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria, ma solo che l’imprenditore subentrante salvaguardi i livelli retributivi dei lavoratori riassorbiti in modo adeguato e congruo”; di guisa che “l’obbligo di garantire ai lavoratori già impiegati le medesime condizioni contrattuali ed economiche non è assoluto né automatico” (Cons. Stato, n. 6148 del 2019, cit.; cfr. anche Id., 16 gennaio 2020, n. 389, in cui si precisa, sotto altro concorrente profilo, che sull’aggiudicatario non grava “l’obbligo di applicare ai lavoratori esattamente le stesse mansioni e qualifiche che avevano alle dipendenze del precedente datore di lavoro”; v. anche Id., 13 luglio 2020, n. 4515, in ordine al Ccnl prescelto)”.

Del resto, come successivamente chiarito dal T.A.R. Campania Salerno Sez. II, 02/02/2021, n. 307, costituisce ius receptum che la c.d. clausola sociale, ammessa dall’art. 50 del D.Lgs. n. 50 del 2016, deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti essa lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ultroneamente la platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà d’impresa, riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost., che sta a fondamento dell’autogoverno dei fattori di produzione e dell’autonomia di gestione propria dell’archetipo del contratto di appalto; in sostanza, tale clausola deve essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente.

Di conseguenza l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante; i lavoratori, che non trovano spazio nell’organigramma dell’appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall’appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali; la clausola non comporta invece alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il totale del personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

 

A cura di giurisprudenzappalti.it del 12/05/2021 di  Roberto Donati

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