Nell’ambito di una procedura di evidenza pubblica le caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara non debbono intendersi come vincolanti nel quomodo, ma soltanto quoad effectum

Nell’ambito di una procedura di evidenza pubblica le caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara non debbono intendersi come vincolanti nel quomodo, ma soltanto quoad effectum, nel senso, cioè, che le offerte sono ritenute rispettose della lex specialis laddove siano, comunque, capaci di conseguire il fine ultimo dell’affidamento.
Questo quanto stabilito da Consiglio di Stato, Sez. III, 20/10/2025, n. 8094:
E da questo punto di vista, vige, in linea generale, il principio secondo cui è a carico dell’offerente l’onere di indicare in sede di procedura concorsuale l’equivalenza funzionale dei prodotti e servizi proposti, non potendo integrare ex post e tantomeno in sede giudiziale la propria offerta, fatto salvo il potere della stessa Amministrazione procedente di effettuare una simile valutazione.
In applicazione del principio dell’autovincolo (ex multis, Consiglio di Stato, Sezione III, 25 luglio 2023, n. 7293) con riguardo ad una regola di gara non sarebbe stato consentito alla stazione appaltante di non rispettare la disciplina che essa stessa si era data, non potendo in questa sede il favor partecipationis (Consiglio di Stato, Sezione III, 13 dicembre 2022, n.10932) fare premio sulla par condicio.
La giurisprudenza ha individuato il punto di caduta della conciliazione della dialettica tra i due principi anche con la possibilità di chiedere chiarimenti all’offerente, stabilendo che sussiste sempre l’eventuale possibilità (non ricorrente quando lo stesso operatore economico dichiari l’equivalenza del prodotto o del servizio offerto) “di richiedere al concorrente di fornire chiarimenti volti a consentire l’interpretazione della sua offerta e a ricercare l’effettiva volontà dell’offerente superando le eventuali ambiguità dell’offerta, ciò fermo il divieto di integrazione dell’offerta, senza attingere a fonti di conoscenza estranee alla stessa e a condizione di giungere a esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale con essa assunta (Cons. Stato, III, 13 dicembre 2018, n. 7039; 3 agosto 2018, n. 4809; V, 27 aprile 2015, n. 2082; 22 ottobre 2014, n. 5196; 27 marzo 2013, n. 1487)” (Consiglio di Stato, Sezione III, 13 dicembre 2022, n. 10931).
Al riguardo, la fattispecie in questione deve essere calata nei canoni ermeneutici elaborati dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, secondo cui, se è vero che la difformità dell’offerta rispetto alle caratteristiche tecniche previste nel capitolato di gara per i beni o servizi da fornire può risolversi, in astratto, in un aliud pro alio idoneo a giustificare, di per sé, l’esclusione dalla selezione anche in assenza di una espressa comminatoria in tal senso, tuttavia questo rigido automatismo opera nel solo caso in cui le specifiche tecniche previste nella legge di gara consentano di ricostruire con esattezza il servizio richiesto dall’Amministrazione e di fissare in maniera analitica ed inequivoca determinate caratteristiche tecniche come obbligatorie, e quindi laddove la disciplina di gara preveda qualità del prodotto che con assoluta certezza si qualifichino come caratteristiche minime.
Viceversa e sempre in linea generale, soltanto laddove residui un margine di ambiguità circa l’effettiva portata delle clausole (escludenti) del bando, riprende vigore il principio residuale che impone di preferire l’interpretazione della lex specialis maggiormente rispettosa del principio del favor partecipationis e dell’interesse al più ampio confronto concorrenziale, oltre che della tassatività – intesa anche nel senso di tipicità ed inequivocabilità – delle cause di esclusione (cfr. Consiglio di Stato, Sezione III, 14 maggio 2020, n. 3084).
14.5. Il Collegio ritiene che i motivi di appello in esame non possano trovare accoglimento anche sotto il profilo dell’analisi dell’indirizzo giurisprudenziale, secondo cui nell’ambito di una procedura di evidenza pubblica le caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara non debbono intendersi come vincolanti nel quomodo, ma soltanto quoad effectum, nel senso, cioè, che le offerte sono ritenute rispettose della lex specialis laddove siano, comunque, capaci di conseguire il fine ultimo dell’affidamento (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, 7 giugno 2021, n. 4353).
Osserva ancora il Collegio in linea generale che tale principio, in connessione con il rilievo di buon senso per cui la verifica del rispetto delle caratteristiche tecniche minime richieste dalla lex specialis, costituisce l’esito di un vaglio strettamente documentale, condotto dalla Commissione anche implicitamente (cfr. Consiglio di Stato, Sezione III, 9 giugno 2022, n. 4721) sulla base del proprio apprezzamento, da considerare di per sé astrattamente insuscettibile di revisione nella sede giurisdizionale in mancanza di chiari rilievi di illogicità ed incongruità manifesta, secondo i comuni principi in materia, porta a concludere che ciò che conta è che dall’offerta tecnica complessivamente considerata emerga il rispetto delle previsioni in questione secondo un non irragionevole apprezzamento, dovendo escludersi a tal riguardo che possa avere un’incidenza determinante la sedes da cui ciò si trae nell’ambito dell’offerta tecnica (ossia se, come nel caso di specie, la conformità alle regole capitolari del prodotto offerto sia evincibile implicitamente dal seggio di gara con l’ammissione dell’operatore economico, che aveva presentato un’offerta ritenuta rispettosa degli obiettivi del PPP).
Nell’ipotesi per cui è causa e nell’ambito proprio del sindacato di legittimità da parte del giudice amministrativo, si deve concludere che la presentazione di un’offerta secondo una tecnologia non esclusa a priori, ma anzi ammessa dalle Amministrazioni concedenti purché rispettosa degli obiettivi di gara, lasciava aperta la possibilità di prestazioni quanto meno uguali, se non migliorative, di quelle previste dalla lex specialis (con conseguente rafforzamento dell’obbligo motivazionale in caso di non ammissione) proprio in virtù della valutazione fatta a monte dalla stazione appaltante sull’ammissibilità di tecnologie diverse ed in assenza della specificazione dei requisiti del servizio, che non viene richiesto esattamente ed esclusivamente con quelle caratteristiche, che la lex specialis avrebbe dovuto stabilire, non a caso, a pena di esclusione (sull’obbligo per la stazione appaltante di attenersi alle regole che si è data, Consiglio di Stato, Sezione III, 30 settembre 2022, n. 8432, Sezione VII, 5 luglio 2023, n.6581, Sezione II, 3 luglio 2023, n. 6476, Sezione VII, 14 giugno 2023, n. 5839, Sezione V, 13 aprile 2022, n. 2784).
Nell’economia complessiva delle questioni trattate in giudizio, non deve essere trascurato che il principio di equivalenza è stato introdotto nel sistema dal legislatore europeo (ex articolo 42, par. 6, della direttiva 2014/24/UE) al chiaro fine di evitare che le “specifiche tecniche” fossero utilizzate dalle stazioni appaltanti in modo restrittivo della concorrenza, richiedendo caratteristiche tecniche dei prodotti o servizi, se non addirittura riconducibili solo a specifici produttori o processi di produzione, idonee a limitare fortemente la platea degli operatori economici in possesso delle capacità tecniche che consentissero loro di partecipare alla procedura di affidamento.
Ne consegue la distinzione operata dalla giurisprudenza tra le “specifiche tecniche”, rispetto alle quali il principio di equivalenza è sempre applicabile, e i “requisiti minimi obbligatori”, che possono essere richiesti a pena di esclusione in quanto esprimono la definizione a priori dei bisogni dell’Amministrazione, e quindi hanno l’effetto di perimetrare a monte i tipi di prestazioni che sono state considerate idonee a soddisfare tali bisogni.
Va aggiunto che la giurisprudenza della Sezione ha ritenuto il principio di equivalenza estensibile anche ai requisiti minimi qualificati come obbligatori dalla disciplina di gara, ma ciò ha fatto sulla scorta di un approccio “funzionale”, ossia con riferimento a fattispecie in cui dalla stessa lex specialis (al di là di alcuni casi in cui era già quest’ultima a richiamare l’applicabilità del principio de quo anche ai requisiti tecnici minimi) emergeva che determinate caratteristiche tecniche erano richieste al fine di assicurare all’Amministrazione il perseguimento di determinate finalità, e dunque poteva ammettersi la prova che queste ultime fossero soddisfatte anche attraverso prodotti o prestazioni aventi caratteristiche tecniche differenti da quelle richieste (cfr. Consiglio di Stato, Sezione III, 6 settembre 2023, n. 8189).
In tali ultimi casi, l’estensione in via giurisprudenziale dell’ambito di applicazione del principio di equivalenza, ancorché in sé e per sé non confliggente con il diritto europeo, trova fondamento – a ben vedere – non già nelle esigenze pro-concorrenziali perseguite dal citato articolo 42, par. 6, della direttiva 2014/24/UE, ma nel più generale principio del favor partecipationis (e, difatti, come già rilevato, trova il limite del rispetto della par condicio tra i concorrenti, che si verificherebbe laddove fosse consentito a un concorrente di offrire aliud pro alio).
Le considerazioni che precedono devono essere valutate con l’avvertenza che, nella giurisprudenza da ultimo citata, la distinzione tra requisiti tecnici minimi “strutturali” (a cui il principio de quo non sarebbe mai applicabile) e “funzionali” (per i quali varrebbe quanto sopra detto) è molto sfumata e opinabile, essendo stato adottato l’approccio “funzionale” finanche per ammettere la possibilità di offrire prodotti di materiale diverso da quello richiesto a pena di esclusione dalla lex specialis (come nelle fattispecie esaminate in Consiglio di Stato, sez. III, 6 dicembre 2023, n. 10536, e 25 novembre 2020, n. 7404).
A cura di giurisprudenzappalti.it del 20/10/2025 di Roberto Donati

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