Al momento di ogni possibile estensione della proroga si applica la normativa ratione temporis vigente, in base al principio tempus regit actum

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Nelle more della nuova gara, ad agosto 2024 il servizio veniva riaffidato al precedente gestore sino alla definizione della ulteriore procedura competitiva (senza un termine massimo). Tale affidamento veniva qualificato alla stregua di “proroga tecnica” e seguiva almeno una precedente proroga del settembre 2023.

Il ricorso avverso tale affidamento diretto veniva accolto da TAR Lazio in quanto il nuovo affidamento andava considerato alla stregua di rinnovazione del contratto precedente e non di proroga tecnica, e ciò soprattutto in considerazione della diminuzione del corrispettivo dovuto all’affidataria.

 
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Dunque non v’era mera prosecuzione del precedente rapporto contrattuale ma una vera e propria rinegoziazione: di qui la assenza dei presupposti onde qualificare il nuovo rapporto in essere alla stregua di proroga tecnica. Detto questo, il rinnovo del rapporto contrattuale era stato inammissibilmente adottato a trattativa privata ossia in aperto dispregio delle regole dell’evidenza pubblica. Di qui l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’atto di riaffidamento del servizio dell’agosto 2024.

L’appello conferma il primo grado, ribadendo i principi in tema di proroga tecnica.

Questa la decisione di Consiglio di Stato, Sez. V., 17/10/2025, n. 8082:

8.6. Ricapitolando su tale specifico punto:

8.6.1. La proroga tecnica è strumento eccezionale che soggiace al ricorso di taluni specifici presupposti;

8.6.2. Allorché la PA decida di ricorrere più volte al meccanismo della proroga tecnica, la sussistenza dei suddetti presupposti deve essere valutata in concreto ad ogni eventuale estensione della proroga stessa;

8.6.3. Al momento di ogni possibile estensione della proroga si applica la normativa ratione temporis vigente, in base al principio tempus regit actum;

8.7. Alla luce di quanto sopra riportato, poiché al momento della ulteriore estensione della proroga tecnica (7 agosto 2024) era senz’altro vigente il decreto legislativo n. 36 del 2023 (la cui efficacia decorreva dal 1° luglio 2023) va da sé che la disposizione da applicare in tema di proroga tecnica era non quella di cui all’art. 106, comma 11, del decreto legislativo n. 50 del 2016 ma, piuttosto, quella di cui all’art. 120 del medesimo decreto legislativo n. 36 del 2023;

8.8. Ciò detto, il suddetto art. 120 del nuovo codice dei contratti pubblici prevede due tipologie di proroga:

8.8.1. Una c.d. “opzione di proroga” (art. 120, comma 10), la quale deve essere espressamente prevista nella documentazione di gara e comporta, in tal caso, la applicazione delle medesime condizioni contrattuali salvo non vi siano condizioni di mercato più favorevoli per la stazione appaltante. L’opzione delle più favorevoli condizioni di mercato deve comunque essere contemplata dai “documenti di gara” (e tanto a differenza della procedente versione di cui all’art. 106, comma 11, del decreto legislativo n. 50 del 2016, il quale prevedeva, sempre in tema di “proroga”, la possibilità di applicare condizioni più favorevoli per la stazione appaltante anche in mancanza di una espressa previsione in tale senso nella relativa documentazione di gara);

8.8.2. Una “proroga tecnica” in senso stretto (art. 120, comma 11) la quale è consentita in caso di oggettivi ed insuperabili ritardi della PA, per il tempo strettamente necessario alla definizione della procedura di gara, in presenza di particolari interessi pubblici di matrice costituzionale e ferme restando le stesse condizioni contrattuali (si veda ancora, sul punto dei presupposti della proroga tecnica, la citata sentenza di questa stessa sezione n. 7630 del 30 settembre 2025). Tale ultima previsione (medesime condizioni contrattuali) non è altrimenti derogabile neppure in melius per la PA, mediante la applicazione di più basse remunerazioni per l’appaltatore, e ciò dal momento che le ragioni della eventuale proroga sono indipendenti dalla volontà di quest’ultimo;

8.9. Nel caso di specie nessuna delle due ipotesi normative ricorre dal momento che:

8.9.1. La c.d. “opzione di proroga” non era applicabile in quanto il contratto del 10 luglio 2018 (art. 2) e il relativo capitolato del 2017 (cfr. paragrafi 2 e 14) prevedevano, sì, la proroga eventuale ma non anche la possibilità di applicare condizioni di mercato più favorevoli per la PA (cfr. allegati 5 e 6 della produzione documentale di parte appellante in data 7 maggio 2025);

8.9.2. Quanto alla “proroga tecnica”, anche a voler ammettere la presenza di ritardi oggettivi e insuperabili (ossia evidenti difficoltà organizzative riconducibili, in particolare, alla mancanza per sei mesi del dimissionario dirigente del settore finanziario e la successiva nomina di un soggetto che, in quanto appena arrivato, ha avuto bisogno di “ambientarsi”), nella specie sono stati tuttavia praticati più favorevoli prezzi, da xxx, e tanto in aperto dispregio alle ridette disposizioni codicistiche di cui all’art. 120, comma 11;

8.10. Ne consegue, da quanto detto, che non sussistendo i presupposti per alcuna delle due proroghe di cui all’art. 120 del codice la PA ha de facto dato luogo ad un rinnovo contrattuale ma in evidente contrasto con i principi della evidenza pubblica: di qui la correttezza del ragionamento del giudice di primo grado ed il conseguente rigetto, altresì, del secondo e del terzo motivo di appello.

9. Per tutte le ragioni sopra evidenziate, il ricorso in appello deve dunque essere rigettato.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 17/10/2025 di Roberto Donati

 

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