Laddove si discute di rispetto dei minimi salariali si fa riferimento ai lavoratori inseriti nell’organizzazione aziendale in posizione di subordinazione

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Laddove si discute di rispetto dei minimi salariali retributivi si fa riferimento, secondo una condivisibile interpretazione giurisprudenziale, ai lavoratori inseriti nell’organizzazione aziendale in posizione di subordinazione.

Questo quanto stabilito da Tar Lazio, Roma, Sez. II quater, 10/12/2025, n. 22271:

Al riguardo, il Collegio, nel sottolineare che la specifica doglianza in esame è incentrata sull’asserita violazione dei minimi salariali retributivi da parte del raggruppamento controinteressato, ritiene che il relativo onere della prova, evidentemente gravante sulla società ricorrente, non possa ritenersi assolto.

Non solo, infatti, come sopra evidenziato, rileva il dato della coincidenza dell’importo della manodopera indicato dal RTI controinteressato ex art. 108, comma 9, del Codice e quello individuato nel disciplinare di gara, ma le giustificazioni da questo fornite in sede difensiva (del tutto legittimamente nessuna delucidazione era stata richiesta in fase procedimentale stante la predetta coincidenza) hanno chiarito che, per scelta organizzativa aziendale adottata anche nell’ambito di altri rapporti concessori, gli operatori incaricati delle visite guidate svolgeranno la propria attività sulla base di un contratto d’opera professionale e non quali lavoratori dipendenti. Tale ultima circostanza non è stata efficacemente confutata dalla ricorrente, su cui, lo si ripete, grava l’onere di provare che i minimi salariali non sarebbero rispettati: il fatto che l’offerta tecnica dell’aggiudicatario si riferisca ad un responsabile del servizio didattico e a cinque risorse indicate come “fisse” non implica necessariamente che queste siano assunte come lavoratori dipendenti, non essendo precisata la tipologia contrattuale che verrà prescelta, né in questa sede vi è spazio per una valutazione di adeguatezza dello specifico compenso dichiarato negli scritti difensivi.

 
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Atteso, dunque, che laddove si discute di rispetto dei minimi salariali retributivi si fa riferimento, secondo una condivisibile interpretazione giurisprudenziale, ai lavoratori inseriti nell’organizzazione aziendale in posizione di subordinazione [cfr. T.A.R. Lazio, Sez. I ter, 14 giugno 2024, n. 12183: “l’art. 97 co. 5 lett. d) D. Lgs. 50/2016 («la stazione appaltante richiede per iscritto … delle spiegazioni … esclude l’offerta … se ha accertato che … è anormalmente bassa in quanto il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’art. 23 co. 16») trova applicazione soltanto per la manodopera «subordinata», come desumibile dal tenore letterale dell’art. 95 co. 10 D. Lgs. cit. (che appunto si esprime in termini di «manodopera», concetto che evoca la sottoposizione del prestatore dell’attività lavorativa alle direttive del datore/imprenditore) e dal dato sistematico offerto dalla lettura in combinato disposto con la lett. d) dell’art. 97 co. 5 D. Lgs. cit. che, pur prescrivendo la diversa verifica del rispetto dei «minimi tabellari salariali retributivi» indicati nelle apposite tabelle di cui all’art. 23 co. 16 dello stesso Codice, ha ad oggetto la medesima grandezza e si riferisce testualmente al «personale», vocabolo che denota l’inserimento in pianta stabile del lavoratore nell’organizzazione aziendale in posizione di subordinazione”; cfr. anche T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, 21 agosto 2023, n. 2546 e T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 2 novembre 2021, n. 1584], si perviene, anche sotto questo profilo, al rigetto della censura.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 10/12/2025 di Roberto Donati

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