L’ autotutela non può identificarsi nel mero ripristino della legalità violata, ma richiede anche una valutazione comparativa sulla qualità e concretezza degli interessi in gio

L’interesse pubblico alla base del legittimo esercizio del potere di autotutela da parte della pubblica amministrazione non può identificarsi nel mero ripristino della legalità violata, ma richiede una valutazione comparativa sulla qualità e concretezza degli interessi in gioco.
Sulla base di questi principi il Tar Campania accoglie il ricorso avverso l’annullamento in autotutela della procedura di gara.

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Questo quanto stabilito da Tar Campania, Salerno, Sez. I, 06/06/2025, n. 1053:
5. Alla luce dei principi sopra richiamati, il Collegio ritiene che la motivazione recata nel provvedimento impugnato non illustra adeguatamente le ragioni di interesse pubblico, concreto e attuale all’annullamento, nonché la valutazione comparativa dell’interesse del destinatario al mantenimento della sua posizione, in ragione dell’affidamento insorto nell’aggiudicazione. Le argomentazioni sono orientate in maniera generica alla finalità di garantire il ripristino della legalità violata, ma nulla viene dedotto con riferimento alla necessità concreta di intervenire con un provvedimento demolitorio.
5.1. Nella specie, emerge l’illegittimità del disposto annullamento sia perché la stazione appaltante non ha esposto alcuna ulteriore ragione, se non quella connessa alla necessità di ripristinare la legalità violata, conseguente alla asserita rimodulazione ex post dei criteri di valutazione, sia perché non ha in alcun modo dato atto della ponderazione dei vari interessi che nel caso in esame vengono in rilievo, con particolare riferimento agli interessi pubblici della conservazione dei valori giuridici e del perseguimento del miglior risultato possibile della procedura ad evidenza pubblica.
5.2. La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha, infatti, chiarito che i principi del risultato e della fiducia che informano la vigente disciplina dei contratti pubblici, siano tale «da imporre di privilegiare in tutti i casi dubbi la soluzione maggiormente in linea con il favor partecipationis e tale da favorire una proficua conclusione della procedura selettiva: non già nella prospettiva di una dialettica (e di una conseguente divaricazione) fra esigenze di approvvigionamento e principio di legalità, ma al contrario nell’ottica di una nozione di legittimità ricondotta al contrasto di natura sostanziale e non puramente formale fra il provvedimento ed il relativo paradigma normativo.» (così, da ultimo, Consiglio di Stato sez. III, 3 aprile 2025, n. 2890).
5.3. Nel provvedimento in esame, invece, non viene in alcun modo rappresentato come l’asserito contrasto con il relativo paradigma normativo di riferimento possa aver avuto ripercussioni di natura sostanziale sull’assegnazione del punteggio relativo al criterio “modificato” nella sua natura (da quantitativo a qualitativo) e, quindi, sul provvedimento finale di aggiudicazione della gara, valutando solo in astratto la violazione dei principi che ispirano in linea generale le procedure ad evidenza pubblica.
5.4. D’altronde, che tale modifica possa essere stata concretamente irrilevante ai fini dell’attribuzione dei punteggi è circostanza ricavabile dallo stesso provvedimento impugnato che, in relazione alla “modifica” da quantitativi a qualitativi dei sub-criteri 1.3), 1.4) e 1.5), ha definito l’erronea indicazione degli stessi nel Capitolato speciale di appalto delle “incongruità di carattere formale”, specificando che «tali incongruenze non inficiavano l’attribuzione del punteggio, ma erano riferite a refusi che, pertanto, venivano rettificati con la comunicazione pubblicata il 16/07/2024».
6. In definitiva, il ricorso va accolto e ogni altra questione proposta deve ritenersi assorbita, atteso che l’eventuale esame della stessa non determinerebbe una soluzione di segno contrario.
A cura di giurisprudenzappalti.it del 06/06/2025 di Roberto Donati

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