L’Amministrazione che procede alla revoca deve indicare i motivi che l’hanno indotta a disporla

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L’Amministrazione che procede alla revoca deve, nel rispetto dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 sull’obbligo di motivazione, indicare i motivi – vale a dire le ragioni giuridiche e fattuali – che l’hanno indotta a disporre la revoca del provvedimento.

Il Tar Lombardia ribadisce come sia doverosa l’esternazione del percorso logico-giuridico seguito per giungere alla decisione adottata.

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Questa la decisione di Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 10/06/2024, n. 1747:

La censura merita condivisione.

L’art. 21 quinquies citato consente la revoca del provvedimento amministrativo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento stesso oppure nell’ipotesi di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.

L’Amministrazione che procede alla revoca deve, nel rispetto dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 sull’obbligo di motivazione, indicare i motivi – vale a dire le ragioni giuridiche e fattuali – che l’hanno indotta a disporre la revoca del provvedimento.

Sul punto, fra le tante, si veda TAR Lazio, Roma, Sezione III, sentenza n. 14674 del 2023, secondo cui: «L’apprezzamento rimesso all’Amministrazione, avuto riguardo alla natura discrezionale del potere esercitato e agli effetti ad esso connaturati, nonché ai relativi presupposti di esercizio, postula dunque una valutazione comparativa degli interessi (pubblici e privati) in rilievo – incluso l’interesse in capo ai destinatari del provvedimento oggetto di ritiro, anche alla luce del tempo trascorso dall’adozione del revocando provvedimento – a supporto della ravvisata prevalenza, all’esito della compiuta valutazione, dell’interesse pubblico alla rimozione del provvedimento, con la conseguente necessità di una specifica e puntuale motivazione al riguardo».

Nel caso di specie, però, l’atto gravato (cfr. il doc. 1 della ricorrente) si caratterizza per la totale assenza di motivazione, o meglio per una motivazione assolutamente apodittica.

Infatti, nelle “premesse”, la società appaltante si limita ad affermare che nel corso della procedura sono intervenute “nuove esigenze di mutamento della situazione di fatto in virtù di sopravvenute ragioni di opportunità, non prevedibili al momento di indizione della procedura selettiva”.

A fronte di tali e molto generiche premesse, ………… conclude nel senso della necessità di una rivisitazione complessiva della documentazione di gara, per poi dare applicazione all’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990.

E’ evidente, anche dalla semplice lettura del provvedimento, che la motivazione è assolutamente apparente, risolvendosi nel mero richiamo ai presupposti di legge, senza altro addurre.

Inoltre, appare assolutamente criptica l’affermazione sulle “nuove esigenze di mutamento della situazione di fatto”, posto che la situazione di fatto o muta o non muta – trattandosi di un fatto storico – ma non si comprende in che consistano le citate “esigenze” della stazione appaltante.

Non si vuole certo in questa sede negare l’esistenza di un potere discrezionale di revoca, ma l’esercizio di tale discrezionalità deve avvenire nel rispetto dei principi e delle regole di cui alla legge n. 241 del 1990, per evitare l’adozione di atti di revoca arbitrari e immotivati.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 10/06/2024 di Roberto Donati

 

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