Costi della manodopera e ricalcolo “d’ufficio” del ribasso effettivamente offerto (come se fosse un errore materiale)

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La società ricorrente risultava la miglior offerente avendo, tra l’altro, formulato la miglior proposta economica. Il responsabile unico del procedimento (r.u.p.) avviava la verifica dell’anomalia e, considerato che la ricorrente aveva mantenuto immutato il costo preventivano per la manodopera, domandava lumi circa un ribasso del 48,277% sull’importo dei lavori. La ricorrente riscontrava la nota, rilevando che la percentuale di ribasso del 32,467% era riferita all’importo dei lavori, al netto del costo della manodopera. Seguiva anche un’audizione dell’operatore economico durante la quale si ribadiva la propria tesi che però non veniva condivisa dal r.u.p.

Il seggio di gara, prendendo atto dell’effettivo intendimento della società odierna ricorrente, rideterminava il ribasso, evidenziando come esso fosse pari al 20,38%: ciò imponeva una riformulazione della graduatoria all’esito della quale veniva individuata una nuova prima classificata. Tali atti venivano gravati col ricorso introduttivo.

La ricorrente lamenta la violazione degli artt. 41 e 108 del Codice, poiché il ribasso del 32,467%, andava riferito unicamente all’importo dei lavori, ossia scomputato degli oneri per la manodopera che erano stati indicati nel medesimo importo stimato dalla stazione appaltante: pertanto, il ricalcolo operato dal r.u.p. prima (48,277%) e poi dalla commissione giudicatrice (20,38%) apparirebbe illegittimo.

 
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Tar Lazio, Roma, Sez. I, 24/11/2025, n. 20932 respinge il ricorso, rilevando come legittimamente il seggio di gara abbia preferito, in luogo dell’esclusione, considerare l’effettiva volontà dell’operatore economico calcolando la percentuale di ribasso effettivamente proposta, come se fosse un errore materiale:

23. Pertanto, va precisato come l’art. 41, comma 14 cod. app. non ha determinato la totale equiparazione tra i «costi della manodopera» e gli «oneri di sicurezza da interferenze» (c.d. oneri fissi): difatti, solo questi ultimi sono (come già lo erano, per giurisprudenza pacifica, sotto la vigenza del precedente codice) integralmente predeterminati dall’amministrazione aggiudicatrice in maniera fissa ed immodificabile (cfr. Cons. Stato, sez. V, 19 novembre 2024, n. 9254).

24. Per di piú, la tesi sviluppata da parte ricorrente appare contraria alla ratiodella disposizione: quest’ultima deve essere individuata nella garanzia di una proporzionata remunerazione del fattore produttivo lavoro (art. 36 Cost.). A tal proposito, però, va osservato come il costo del lavoro, essendo contrattato in un mercato solo parzialmente regolamentato, non possa essere calcolato in maniera certa sulla basa di parametri algebrici inequivocabili: d’altronde, quella formulata nel bando dalla stazione appaltante è una stimache sconta inevitabili margini di opinabilità e, conseguentemente, non può essere considerata cogente per l’operatore economico. Sul punto, va ribadito come l’indicazione dei costi della manodopera, in continuità con la precedente disciplina, è basata sulle tabelle ministeriali che, come noto, non sono mai state reputate vincolanti in maniera assoluta (v. Cons. Stato, sez. V, 30 novembre 2020, n. 7554), essendo ben possibile dimostrare un trattamento economico inferiore (cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 maggio 2020, n. 2796).

25. Conseguentemente, la disposizione ha la funzione di garantire una congrua retribuzione semplificando il processo di verifica dell’anomalia dell’offerta economica, attraverso la circoscrizione della discrezionalità nella valutazione della stessa. Difatti, rendendo separata l’indicazione dei costi della manodopera, la stazione appaltante ha semplicemente immediata evidenza di quanto l’operatore economico suppone di dover corrispondere per tale fattore produttivo: qualora fosse superiore a quanto indicato nel bando, nulla quaestio; viceversa, nell’ipotesi opposta l’impresa dovrà dimostrare che tali minori oneri siano giustificati dalla piú efficiente organizzazione aziendale. In altri termini, si tratta di una presunzione relativa, superabile per mezzo di una specifica prova indicata direttamente dalla legge. Pertanto, l’operatore economico non può, per spiegare un’offerta con un costo del lavoro piú bassa rispetto a quello indicato dalla stazione appaltante, allegare elementi differenti dalla propria organizzazione aziendale (es. corresponsione di salarî inferiori ai minimi retributivi): specularmente, l’amministrazione non è legittimata a valutare ulteriori e diverse circostanze per reputare non anomala un’offerta formulata ribassando i costi stimati.

26. Chiarito ciò in termini astratti, appare evidente la legittimità dell’operato della stazione appaltante: all’uopo appare però opportuno evidenziarlo impiegando non solo i valori percentuali, ma anche i valori assoluti, al fine di garantire la massima comprensibilità della motivazione.

27. Orbene, l’importo a base di gara è € 7.283.517,22, di cui € 6.408.333,17 per lavori soggetti a ribasso ed € 875.184,05 per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso: questi ultimi, quindi, come osservato al § 23 non sono da considerare nella formulazione del ribasso; rimangono quindi solamente € 6.408.333,17.

28. Su tale importo, parte ricorrente ha offerto un ribasso del 32,467%: il risultato è quindi € 4.327.739,64. Tale importo è stato reputato anormalmente basso (se si tenesse conto del solo importo relativo ai lavori sarebbe un ribasso effettivo del 48,277%, attesa la mancata modifica del costo della manodopera): ma d’altronde, lo stesso operatore economico, in sede di verifica dell’offerta, ha precisato che qualora si intendesse il ribasso nei termini prospettati dalla stazione appaltante «l’esecuzione dell’appalto non sarebbe economicamente sostenibile».

29. Difatti, il ribasso proposto dall’impresa ricorrente si è sviluppato in maniera differente, giungendo ad un risultato (in valore assoluto) ben superiore a quello pocanzi riportato: difatti, avendo scorporato il costo dalla manodopera dall’importo a base d’asta, si è riferito il ribasso percentuale a tale resto. Invero, sottraendo ad € 6.408.333,17, l’importo di € 2.385.779,27 (ossia il costo della manodopera), si giunge ad € 4.022.553,90, su cui applicare il ribasso del 32,467% giungendo ad € 2.716.551,33: sommando quindi il costo della manodopera (€ 2.385.779,27), si arriva ad € 5.102.330,60 che è effettivamente quanto dichiarato in sede di audizione durante la verifica dell’anomalia (€ 5.977.514,65, comprensivi degli oneri per la sicurezza). Appare tuttavia ictu oculi evidente che tale importo non sia il risultato dell’applicazione di un ribasso del 32,467%, bensí del 20,38% (difatti, € 5.102.330,60 è il risultato di un ribasso del 20,38% sulla base di gara fissata in € 6.408.333,17).

30. A questo punto, per garantire il favor partecipationis, il seggio di gara ha preferito, in luogo dell’esclusione, considerare l’effettiva volontà dell’operatore economico e, partendo dagli importi in valore assoluto, calcolare la percentuale di ribasso effettivamente proposta: essa è quindi il 20,38%. Solo in tal modo è stato possibile rendere omogenee le offerte formulate e quindi compararle.

31. Come può notarsi, quindi, l’operato della stazione appaltante è stato perfettamente legittimo, pienamente aderente alle regole primarie nonché alle disposizioni particolari di bando e disciplinare di gara, essendo la sua azione improntata ad uno spirito di leale collaborazione evitando l’esclusione della ricorrente, ma correggendo quello che è stato considerato un errore materiale.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 24/11/2025 di Roberto Donati

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