Sulla distinzione tra contratto di fornitura e contratto di subappalto

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Nell’accogliere il ricorso il Tar Molise evidenzia come il contratto di fornitura di beni (somministrazione) sia diverso dal subappalto, non solo per la specificità delle prestazioni, ma anche per la diversità degli effetti giuridici dei due tipi di contratto.

Questo quanto stabilito da Tar Molise, Sez. I, 24/02/2024, n. 45:

13.1. La Stazione appaltante non si è minimamente rappresentata, in particolare, la possibilità che lo schema operativo prefigurato dalla ……… avrebbe potuto costituire, in realtà, solo un contratto di vendita, pur con clausole eventualmente anche atipiche, o un contratto di fornitura: un contratto cioè caratterizzato da un profilo di dare prevalente sul facere.

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Il Collegio ricorda, in merito, che i contratti di subappalto e di fornitura, pur se in qualche caso vicini tra loro, si differenziano comunque nei loro elementi essenziali. La fornitura, disciplinata nell’ambito dello schema legale del contratto di somministrazione di cui all’art. 1159 e ss. del codice civile per le prestazioni di beni, consiste in una forma contrattuale ove una parte si obbliga a eseguire nei confronti di un’altra parte delle prestazioni periodiche o continuative di beni, verso il pagamento di un corrispettivo. Diversamente, il contratto di subappalto di cui all’art. 105 del Codice dei contratti pubblici descrive quella forma contrattuale in cui un terzo affida l’esecuzione di una parte dell’opera, nella sede di cantiere, a proprio rischio e mediante una propria organizzazione di mezzi e personale (l’art. 105 precisa che “Il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto”).

Orbene, la distinzione tra le due forme contrattuali ricade sull’assunzione del rischio finale d’impresa: con il subappalto, il subappaltatore si sostituisce all’affidatario della commessa nei confronti dell’Amministrazione, mentre con la vendita o fornitura la prestazione di base, seppur effettuata da altri, è acquisita nella stessa organizzazione aziendale del cliente acquirente o somministrato, il quale si accolla al riguardo il rischio d’impresa discendente da un eventuale difetto o difformità della prestazione.

Come ben precisato dal Consiglio di Stato sul punto, “la distinzione tra le figure contrattuali si fonda non solo sulla specificità delle prestazioni, ma anche sulla diversità degli effetti giuridici dei tipi di contratto. Le prestazioni sono infatti dirette a destinatari diversi: nel caso del subappalto, il contratto è stipulato con l’amministrazione, sostituendosi all’affidatario; nell’altro caso, le prestazioni sono rese in favore dell’aggiudicatario che le riceve, inserendole nell’organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle obbligazioni contrattuali e le riutilizza inglobandole nella prestazione resa all’amministrazione appaltante. Nel subappalto vi è un’alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, poiché la parte di prestazione contrattuale è affidata dall’appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; diverso è il caso in cui la prestazione resa è inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore. Ne deriva che la disciplina in tema di subappalto non è estendibile, se non si dimostri che il contratto costituisca solo uno schermo per il contratto di subappalto” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 31 maggio 2021, n. 4150).

L’Amministrazione avrebbe dovuto pertanto dimostrare, tanto sul piano probatorio quanto su quello logico- argomentativo, la sussistenza nel caso di specie di un contratto di subappalto: ma di questa dimostrazione non vi è traccia.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 24/02/2024 di Roberto Donati

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