Il contrasto tra le regole dettate dalla lex specialis determina l’annullamento della gara!
Il contrasto tra regole dettate dalla lex specialis di gara ne determina l’annullamento. Questo quanto stabilito dal Consiglio di Stato riguardo ad una procedura caratterizzata da profonda incertezza sulle “regole” da applicare.
Il criterio per calcolare il valore economico dell’offerta era infatti indicato in maniera diversa dal Disciplinare di gara e dal Capitolato.
In primo grado il Tar aveva accolto il ricorso di impresa non aggiudicataria, in particolare per la contraddittorietà della lex specialis sull’ individuazione della formula da applicare per l’attribuzione dei punteggi per l’offerta economica.
Consiglio di Stato, Sez. III, 03/ 03/ 2021, n. 1813 conferma la sentenza di primo grado, soffermandosi anche sulla gerarchia interna agli atti che formano le regole della gara, per giungere alla conclusione che, in caso di contrasto, occorre annullare la procedura.
Evidente, dunque, la confusione provocata da una non lineare legge di gara, che ha introdotto due criteri antitetici per l’individuazione del valore dell’offerta economica.
Al fine di salvare la procedura di gara indicando la sicura disciplina alla stessa applicabile non servirebbe richiamare la costante giurisprudenza di questo giudice, che ha individuato la gerarchia interna degli atti che concorrono a formare la regola della gara.
Ed invero, la giurisprudenza del giudice amministrativo ha chiarito che benché il bando, il disciplinare di gara e il capitolato speciale d’appalto abbiano ciascuno una propria autonomia ed una propria peculiare funzione nell’economia della procedura, il primo fissando le regole della gara, il secondo disciplinando in particolare il procedimento di gara ed il terzo integrando eventualmente le disposizioni del bando, tutti insieme costituiscono la lex specialis della gara (Cons. Stato, sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6154; id., sez. V, 5 settembre 2011, n. 4981; id. 25 maggio 2010, n. 3311; id. 12 dicembre 2009, n. 7792), in tal modo sottolineandosi il carattere vincolante che (tutte) quelle disposizioni assumono non solo nei confronti dei concorrenti, ma anche dell’amministrazione appaltante, in attuazione dei principi costituzionali fissati dall’art. 97).
Quanto agli eventuali contrasti (interni) tra le singole disposizioni della lex specialis ed alla loro risoluzione, è stato osservato che tra i ricordati atti sussiste nondimeno una gerarchia differenziata con prevalenza del contenuto del bando di gara (Cons. Stato, sez. V, 17 ottobre 2012, n. 5297; id. 23 giugno 2010, n. 3963), laddove le disposizioni del capitolato speciale possono soltanto integrare, ma non modificare le prime (Cons. Stato, sez. III, 29 aprile 2015, n. 2186; id. 11 luglio 2013, n. 3735; id., sez. V, 24 gennaio 2013, n. 439).
Nella specie, i suddetti principi non possono però trovare pratica applicazione.
L’impossibilità di superare la contraddittorietà delle disposizioni sulla formula da applicare per individuare il valore dell’offerta economica è determinata dal fatto che è lo stesso Capitolato a prevedere regole non conformi, e ciò aggrava la confusione in ordine alla disciplina cui fare riferimento.
Ed invero, sussiste in capo all’amministrazione che indice la gara l’obbligo di chiarezza (espressione del più generale principio di buona fede), la cui violazione comporta – in applicazione del principio di autoresponsabilità – che le conseguenze derivanti dalla presenza di clausole contraddittorie nella lex specialis di gara non possono ricadere sul concorrente che, in modo incolpevole, abbia fatto affidamento su di esse (Cons. Stato, sez. III, 10 giugno 2016, n. 2497).
Tutte le disposizioni che in qualche modo regolano i presupposti, lo svolgimento e la conclusione della gara per la scelta del contraente, siano esse contenute nel bando ovvero nella lettera d’invito e nei loro allegati (disciplinare e capitolato), concorrono a formarne la disciplina e ne costituiscono, nel loro insieme, la lex specialis, per cui in caso di oscurità ed equivocità o erroneità attribuibile alla stazione appaltante, un corretto rapporto tra amministrazione e privato, che sia rispettoso dei principi generali del buon andamento dell’azione amministrativa e di imparzialità e di quello specifico enunciato nell’art. 1337 c.c., che presidia con la buona fede lo svolgimento delle trattative e la formazione del contratto, impone che di quella disciplina sia data una lettura idonea a tutelare l’affidamento degli interessati in buona fede, interpretandola per ciò che essa espressamente dice, restando il concorrente dispensato dal ricostruire, attraverso indagini ermeneutiche ed integrative, ulteriori ed inespressi significati (C.g.a. 20 dicembre 2010, n. 1515).
Venendo al caso di specie, una lettura idonea a superare l’ambiguità non è possibile.
Gli atti della gara in questione sono stati redatti in modo non lineare nel loro insieme – pur essendo di pacifica comprensione presi nella loro singolarità – senza che l’evidente distonia tra due norme del Capitolato possa essere liquidata semplicisticamente come frutto di un mero errore.
Resta infatti difficile, anche accedendo alla tesi del refuso, arrivare alla conclusione dell’appellante, secondo cui non è dubbio che ad essere “palesemente” sbagliata è la formula dell’art. 18 del Capitolato – la cui rubrica, rileva il Collegio, evidenzia però che la norma reca il “criterio di valutazione delle offerte” – mentre a dover essere inequivocabilmente seguito sarebbe il successivo art. 19, che però – sottolinea ancora il Collegio – introduce la “Descrizione dell’offerta tecnica” (come indica la sua rubrica).
Stando così le cose non può trovare neanche applicazione il principio, elaborato da una pacifica giurisprudenza del giudice amministrativo, secondo cui l’interpretazione della lex specialis soggiace, come per tutti gli atti amministrativi, alle stesse regole stabilite per i contratti dagli artt. 1362 e ss., tra le quali assume carattere preminente quella collegata all’interpretazione letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, fermo restando, per un verso, che il giudice deve in ogni caso ricostruire l’intento perseguito dall’amministrazione ed il potere concretamente esercitato sulla base del contenuto complessivo dell’atto (c.d. interpretazione sistematica) e, per altro verso, che gli effetti del provvedimento, in virtù del criterio di interpretazione di buona fede, ex art. 1366 c.c., devono essere individuati solo in base di ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere (Cons. Stato, sez. III, 2 settembre 2013, n. 4364; id., sez. V, 27 marzo 2013, n. 1769).
Nel caso all’esame del Collegio non si tratta, infatti, di disposizioni poco chiare di cui va capita la portata, ma di contrasto tra regole dettate dalla lex specialis di gara.
4. Come si è detto, la fondatezza del rilievo del giudice di primo grado in ordine alla “confusione” ingenerata dalla lex specialis con riferimento alla formula utilizzata per calcolare l’offerta economica esonera questo giudice dall’esame dell’ulteriore vizio riscontrato dal Tar Napoli, comportando entrambi i profili di illegittimità l’annullamento dell’intera gara.
A cura di giurisprudenzappalti.it del 03/03/2021 di Roberto Donati
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