La presenza di debiti fiscali antecedenti alla pubblicazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo non è ostativa alla partecipazione alle gare pubbliche
Impresa in concordato preventivo con continuità aziendale viene esclusa dalla gara di cui era risultata aggiudicataria per “violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse”.
L’esclusione viene adottata nonostante in sede di contraddittorio procedimentale essa avesse ribadito quanto già dichiarato nel documento di gara unico europeo, circa la regolarità della propria posizione in quanto i debiti tributari erano maturati prima dell’accesso alla procedura di concordato preventivo.
Pertanto, proprio in ragione di tale circostanza – ha evidenziato la società ricorrente – i certificati dei carichi pendenti risultanti dal sistema informativo dell’anagrafe tributaria attestano l’insussistenza di irregolarità fiscali.
La stazione appaltante ha revocato l’aggiudicazione e disposto l’esclusione dell’impresa dalla gara.
L’esclusione è stata determinata da un duplice ordine di motivi. Prima di tutto perché – trattandosi di accertamenti definitivi, non impugnati, ed inoltre non dichiarati nel documento di gara unico europeo – doveva ritenersi che la ricorrente, ai sensi dell’art. 80, comma 4, del D.lgs. n. 50 del 2016, avesse commesso “violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse”. Sotto il secondo ordine di motivi, l’esclusione è stata disposta ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c bis), del medesimo decreto legislativo, perché la ricorrente avrebbe fornito informazioni fuorvianti suscettibili di influenzare la decisione su un’eventuale esclusione, facendo emergere rilevanti dubbi circa la propria affidabilità, integrità ed idoneità ad eseguire l’appalto.
Tar Veneto, Sez. I, 20/ 05/ 2021, n. 682 accoglie il ricorso ed annulla l’esclusione:
Con il nuovo codice degli appalti il legislatore ha inteso armonizzare e ricondurre a sistema i rapporti di interferenza tra la disciplina degli appalti e quella delle procedure concorsuali chiarendo all’art. 80, comma 1, lett. b), e all’art. 110 del D.lgs. n. 50 del 2016, i presupposti e le condizioni a cui è subordinata la possibilità di partecipare alle gare pubbliche da parte delle imprese in crisi.
Su un piano generale va osservato che frequentemente le possibilità di successo delle procedure di soluzione delle crisi d’impresa tramite concordato preventivo sono condizionate, specie per gli operatori che come ………. abbiano il proprio core business in attività economiche svolte in favore di soggetti pubblici (la ricorrente svolge prevalentemente l’attività di outsourcing per multiutility del settore energetico – metering e il servizio di lettura di contatori), dalla possibilità di poter continuare a contrarre con la pubblica amministrazione.
Tuttavia altrettanto frequentemente tali operatori hanno consistenti debiti di carattere fiscale e previdenziale i quali, se dovesse trovare applicazione la disposizione di cui all’art. 80, comma 4, del D.lgs. n. 50 del 2016 nei termini indicati dalla stazione appaltante, impedirebbero la partecipazione alle gare pubbliche dell’impresa, così pregiudicandone la stessa sopravvivenza e, in definitiva, la possibilità di pagamento concorsuale dei creditori e del fisco.
Rispetto a situazioni di difficoltà economica non così gravi da compromettere irreversibilmente l’operatività dell’azienda, verrebbe in tal modo a crearsi una sorta di cortocircuito normativo, perché diverrebbe impossibile perseguire la finalità di salvaguardia dell’azienda e del suo patrimonio nell’interesse dei creditori – finalità cui è preordinato il concordato preventivo con continuità aziendale – dato che tali imprese incontrano sovente un problema insormontabile a soddisfare immediatamente e regolarmente i creditori anteriori, tra i quali vi è il fisco.
Come è stato osservato, ove si riconoscesse un’incidenza negativa alle situazioni debitorie sorte antecedentemente all’apertura della procedura, verrebbe disattesa la ratio della procedura concorsuale finalizzata ad assicurare la prosecuzione dell’attività aziendale e a garantire la salvaguardia dei livelli occupazionali (cfr. Tribunale Pavia, 20 dicembre 2014).
E’ necessario pertanto comprendere in che modo la peculiare disciplina relativa alle procedure concorsuali può accordarsi con le normative comuni di diritto amministrativo e, in particolare, con la disposizione di cui al citato art. 80, comma 4, del D.lgs. n. 50 del 2016.
La materia delle procedure concorsuali è tradizionalmente connotata da una disciplina speciale che prevale sulle disposizioni ordinarie astrattamente applicabili alla medesima fattispecie. Si pensi, ad esempio, al regime dei rapporti contrattuali pendenti, che sono sottoposti ad una disciplina diversa da quella applicabile ai contraenti in base al diritto comune.
L’art. 168 del R.D. n. 267 del 1942 dispone che “dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore”.
Questa norma vieta l’esercizio di azioni esecutive fin dalla presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo. La giurisprudenza ne ricava il corollario che dalla medesima data è vietato per il debitore l’adempimento volontario dei debiti anteriori. Sarebbe infatti incongruo che il creditore potesse conseguire in virtù di un adempimento spontaneo ciò che non può ottenere in via di esecuzione forzata, dato che in entrambi i casi verrebbe violato il principio di parità di trattamento dei creditori.
Tale fenomeno, che comporta la cristallizzazione o sospensione ex lege dei debiti anteriori, implica che dal loro mancato pagamento non possano conseguire effetti di tipo sanzionatorio o penalizzazioni per il debitore anche qualora queste siano previste da norme di diritto pubblico, in quanto si tratta di un inadempimento non intenzionale, correlato ad un credito inesigibile e ad una prestazione non eseguibile al di fuori del piano concordatario.
Dal momento in cui è stata presentata una domanda di ammissione al concordato preventivo ai sensi dell’art. 161 del R.D. n. 267 del 1942, il pagamento dei crediti pregressi può pertanto avvenire solamente con riferimento ai creditori concordatari, nel rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione e in presenza di una valutazione di vantaggiosità dell’atto da autorizzare rispetto a tutti i creditori concordatari.
Il concetto è ben espresso nel paragrafo 38 della sentenza delle Corte di Giustizia dell’Unione Europea resa nella causa C-101/18 del 28 marzo 2019, laddove si osserva che “nel caso di specie, come emerge dalla legislazione nazionale, in particolare dall’articolo 168 della legge fallimentare, la presentazione di un ricorso al fine di essere ammesso al concordato preventivo ha segnatamente come conseguenza quella d’impedire ai creditori, durante un periodo determinato dalla legge fallimentare, di agire nei confronti del patrimonio del debitore e di limitare i diritti di cui dispone il ricorrente sul suo patrimonio, nei limiti in cui, a partire dalla presentazione del ricorso, esso non può da solo, ossia senza l’autorizzazione di un tribunale, compiere atti di straordinaria amministrazione su tale patrimonio. Pertanto, la presentazione di un siffatto ricorso produce effetti giuridici sui diritti e sugli obblighi sia del ricorrente sia dei creditori”.
Il divieto di pagamento volontario dei debiti anteriori che deriva dalla presentazione di una domanda di concordato preventivo – divieto che si estende anche alla regolarizzare volontaria della posizione fiscale e contributiva – costituisce un elemento di differenziazione rispetto alla posizione di tutti gli altri operatori economici i quali versino in una condizione di piena e regolare solvibilità dei propri debiti, che implica la prevalenza delle disposizioni speciali sul concordato preventivo in continuità aziendale rispetto alla disposizione di carattere generale di cui all’art. 80, comma 4, del D.lgs. n. 50 del 2016.
Nel caso in esame …….. in data 13 maggio 2019 ha presentato domanda di concordato.
In data 6 dicembre 2019, successivamente alla proposizione della domanda, alla ricorrente sono state notificate due cartelle relative a debiti antecedenti maturati nel 2017 e nel 2018, che, non impugnate, sono divenute definitive il 4 febbraio 2020, ma che non avrebbero potuto essere saldate in conseguenza del divieto di pagamento previsto dall’art. 168, primo comma, del R.D. n. 267 del 1942.
In data 1 aprile 2020, antecedentemente alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte fissata al 21 aprile 2020, …………è stata ammessa al concordato preventivo in continuità aziendale.
Pertanto, in forza della specialità delle norme sul concordato preventivo in continuità aziendale rispetto alle norme generali in materia di appalti, analogamente a quanto avviene per i debiti previdenziali, la presenza di debiti fiscali antecedenti alla pubblicazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo non è ostativa alla partecipazione alle gare pubbliche. E questo vale anche con riguardo a debiti fiscali che, come nella specie, risultino definitivamente accertati perché non impugnati (d’altra parte, l’operatore ammesso al concordato non avrebbe alcun interesse ad impugnare tali debiti dato che sono destinati ad essere soddisfatti solo all’interno della procedura concorsuale).
Ne discende che deve ritenersi corretta la dichiarazione resa dalla ricorrente nel documento di gara unico europeo secondo cui “gli obblighi relativi al pagamento di imposte/tasse sono soddisfatti regolarmente nei limiti della procedura di concordato preventivo in continuità aziendale ex art. 186 bis L. F. presso ………. I debiti antecedenti che non è possibile pagare ex lege saranno regolati nell’ambito del piano concordatario depositato nel rispetto delle regole del concorso e della par condicio creditorum”.
È pertanto illegittima l’esclusione di ……….. dalla procedura di gara in quanto alla stessa non può essere addebitato di aver reso dichiarazioni false o intese ad influenzare il procedimento decisionale della stazione appaltante in capo alla quale non residuava alcun margine di discrezionalità circa l’ammissione della ricorrente sotto il profilo della regolarità fiscale. Infatti, come sottolineato dall’Agenzia delle Entrate nella nota del 20 ottobre 2020 “con riguardo ai debiti sorti anteriormente alla pubblicazione della domanda nel registro delle imprese, la regolarità fiscale dell’operatore economico sussiste a decorrere dalla data della suddetta pubblicazione per l’intero arco temporale di durata della procedura – indipendentemente dal fatto che nel piano concordatario ne sia previsto l’integrale pagamento – e persiste sino alla completa esecuzione degli impegni di pagamento assunti dall’impresa con la proposta omologata o alla eventuale risoluzione”.
A cura di giurisprudenzappalti.it del 20/05/2021 di Roberto Donati
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