Certificazione della parità di genere e avvalimento: il contrasto continua

Come noto, sulla possibilità di ricorrere all’avvalimento per la certificazione della parità di genere a fini premiali vi è contrasto in giurisprudenza.
Il TRGA Bolzano, 4 novembre 2024 n . 257 non ha dubbi:
"ai sensi dell’art. 108, comma 7, d.lgs. n. 36/2023, l’avvenuta adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere può unicamente essere provata dal possesso della certificazione stessa, la quale, proprio perché riguardante una qualifica soggettiva ed anche etica dell’impresa concorrente alla gara, non può essere oggetto di “prestito” in avvalimento ad altra impresa, in quanto non in grado di ovviare al mancato rispetto delle politiche di parità di genere all’interno dell’organizzazione dell’impresa ausiliata; "

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A distanza di pochi giorni il TAR Marche, 7 novembre 2024, n. 862 addiviene ad opposto esito interpretativo:
siccome l’avvalimento è ammesso dalla giurisprudenza anche in tema di certificazione di qualità, e considerato che la certificazione di parità di genere può essere per analogia assimilata a un particolare tipo di certificazione di qualità, l’avvalimento è da ritnersi anche per essa ammissibile.
Come pure noto, il Consiglio di Stato (VI, 10 aprile 2025, n. 3117), pur confermando la pronuncia del T.A.R. Bolzano, non ha reso una pronuncia dirimente al fine di chiudere definitivamente la partita interpretativa.
L’odierna T.A.R. Toscana, I, 10 giugno 2025, n. 1026, infatti, dà espressamente atto della diversità degli orientamenti che si contendono attualmente il campo sulla questione della suscettibilità della certificazione del sistema di gestione per la parità di genere di costituire oggetto di avvalimento premiale, e sposa la tesi favorevole ad una siffatta possibilità.
Secondo il Collegio “L’attuale disciplina codicistica supera l’atteggiamento di marcata cautela che precedentemente aveva connotato l’applicazione dell’istituto nel timore dei possibili abusi dello stesso e, come si legge nella relazione illustrativa del nuovo codice dei contratti pubblici, segna «un vero e proprio cambio di impostazione, incentrando la disciplina sul contratto di avvalimento piuttosto che sul mero sistema del prestito dei requisiti», tanto da consentire «di ricomprendere nell’ambito dell’avvalimento anche quella particolare figura indicata come avvalimento c.d. premiale, in cui il prestito delle risorse è diretto ad ottenere un punteggio più elevato e non invece il prestito dei requisiti di capacità mancanti».
Più in particolare, l’art. 104, co. 4, del codice, superando il sostanziale divieto di matrice giurisprudenziale formatosi nella vigenza del precedente quadro normativo, ammette il c.d. avvalimento premiale puro, ovvero quello finalizzato all’ottenimento di un punteggio maggiore da parte dell’operatore economico, il quale, nell’allegare alla domanda di partecipazione il contratto di avvalimento, è chiamato a specificare «se intende avvalersi delle risorse altrui per acquisire un requisito di partecipazione o per migliorare la propria offerta».
12.3. – La giurisprudenza si era peraltro già occupata della questione della suscettibilità delle certificazioni di qualità di cui all’art. 87 del d.lgs. n. 50/2016 di essere oggetto di contratto di avvalimento, evidenziando che «[i] certificati rilasciati da organismi indipendenti (…) sono pur sempre attinenti a capacità tecniche e professionali dell’impresa, così come definite dall’art. 58, paragrafo 4, della direttiva 2014/24/UE (“requisiti per garantire che gli operatori economici possiedono le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con adeguato standard di qualità”), di modo che, ai sensi del successivo art. 63, ben possono essere oggetto di avvalimento” (Cons. Stato, V, 13 settembre2021, n. 6271)” (Cons. Stato, sez. V, n. 7370 del 2021)», dovendosi pertanto ritenere che «[i]n caso di avvalimento, quindi, l’impresa ausiliata può senz’altro utilizzare tutti i requisiti afferenti alla capacità economica e tecnica dell’impresa ausiliaria, non esclusa la certificazione di qualità» (Cons. Stato, sez. IV, 16 gennaio 2023, n. 502) e dovendosi dunque «preferi[re] l’interpretazione della norma interna conforme alla direttiva euro-unitaria (cfr. Cons. Stato, V, 17 maggio 2018, n. 2953), che, configurando l’avvalimento come istituto generalmente praticabile laddove non espressamente vietato, lo ammette per soddisfare la richiesta relativa al possesso di ogni tipologia di requisito tecnico-professionale (oltre che economico-finanziario), fatta eccezione per le esclusioni e le limitazioni esplicitate per via normativa» (Cons. Stato, sez. V, 13 settembre 2021, n. 6271 e precedenti ivi citati).
L’avvalimento, anche relativo alle certificazioni (di prodotto e di processo), deve dunque ritenersi istituto di generale applicazione, a maggior ragione dopo l’entrata in vigore del codice del 2023 e con estensione del principio all’avvalimento premiale puro, con il solo limite rappresentato dalle ipotesi nelle quali il ricorso all’istituto sia normativamente vietato, come ad esempio avviene per il requisito dell’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali (art. 104, co. 10, del d.lgs. n. 36/2023), per i “compiti essenziali” che la stazione appaltante può prevedere che siano svolti direttamente dall’offerente o da uno dei partecipanti al raggruppamento temporaneo di imprese (comma 11) o in relazione alla partecipazione alla medesima gara dell’impresa ausiliaria e di quella ausiliata, laddove quest’ultima abbia fatto ricorso all’avvalimento premiale, salvo che sia dimostrato che non sussistono collegamenti tali da ricondurre le due imprese ad uno stesso centro decisionale (comma 12).
12.4. – L’odierno ricorrente vorrebbe che venisse affermata la regola generale secondo cui la certificazione del sistema di gestione per la parità di genere all’interno delle organizzazioni di cui alla norma tecnica UNI/PdR 125 non potrebbe costituire oggetto di avvalimento premiale, trattandosi di una certificazione che fotografa una condizione soggettiva del soggetto che la possiede e che, pertanto, non potrebbe essere oggetto di “prestito” o di “messa a disposizione” in favore di un altro soggetto, quale che sia il contenuto del contratto di avvalimento.
In sostanza, il consorzio ricorrente mira ad ottenere una pronuncia che stabilisca che «l’avvalimento della certificazione della parità di genere è in radice inammissibile» (pag. 11 del ricorso), ovvero che ricomprenda la certificazione sulla qualità di genere tra i casi nei quali il ricorso all’avvalimento è da ritenersi vietato.
12.5. – Una tale conclusione, però, contraddirebbe il principio, sopra citato, della generale praticabilità, salve le sole eccezioni normativamente previste, del contratto di avvalimento, anche con funzione premiale pura.
Se si accogliesse la tesi della parte ricorrente, infatti, dovrebbe ritenersi preclusa l’applicabilità dell’istituto dell’avvalimento (premiale) relativamente ad una specifica e ben determinata certificazione (la certificazione del sistema di gestione per la parità di genere all’interno delle organizzazioni di cui alla norma tecnica UNI/PdR 125), senza, però, che di tale eccezione alla regola generale possa rinvenirsi il fondamento in un’espressa disposizione di legge.
Dovendosi assimilare, per quello che qui rileva, la certificazione sulla parità di genere alle altre certificazioni di processo, finalizzate ad attestare la capacità di un’organizzazione di strutturarsi e gestire le proprie risorse ed i propri processi produttivi in modo tale da identificare e soddisfare i requisiti stabiliti dalla specifica norma di riferimento, deve dunque ritenersi, non essendo normativamente vietato, che tale certificazione possa costituire oggetto di avvalimento, a condizione che con il relativo contratto sia messa a disposizione l’organizzazione aziendale che è valsa al soggetto ausiliario l’ottenimento della stessa certificazione (Cons. Stato, sez. IV, 28 maggio 2023, n. 502, cit.).
A cura di giurisprudenzappalti.it del 10/06/2025 di Elvis Cavalleri

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