Come visto in questo articolo, la presunta tutela dei lavoratori prevista dall’art. 41 c. 14 del Codice è posta dietro lo scudo di un sofisma.
L’odierna ordinanza T.A.R. Brescia. 12 marzo 2024, n. 89 riserva la stessa sorte all’art. 11, c. 4 del Codice il quale, come noto, onera le stazioni appaltanti di acquisire la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele in caso di impiego di un diverso contratto.
Il Collegio precisa infatti: che non è necessaria la parità di retribuzione, in quanto tale condizione sarebbe equivalente all’imposizione di un CCNL unico
Tana libera tutti?
Secondo il Collegio, che offre la prima interpretazione nel panorama giurisprudenziale: “la suddetta norma determina certamente una limitazione della libertà di organizzazione aziendale, ma non può essere interpretata in senso eccessivamente restrittivo, in quanto occorre evitare di introdurre freni non necessari alla concorrenza e al principio di massima partecipazione. Si ritiene pertanto che un’impresa possa mantenere il proprio CCNL anche in una gara che in base alle ripartizioni della contrattazione collettiva si collocherebbe in un altro settore economico, purché, secondo una valutazione complessiva (giuridica ed economica), il trattamento dei lavoratori impiegati in tale gara non sia deteriore rispetto a quello dei CCNL individuati dalla stazione appaltante, e vi sia corrispondenza tra le mansioni del CCNL applicato e le lavorazioni oggetto dell’appalto“.
Nessuna automaticità quindi, ma una valutazione complessiva di matrice ampiamente discrezionale, da operarsi caso per caso, senza che le sole differenze retributive possano essere ritenute condizione sufficiente per sancire la mancata equivalenze delle tutele.
Il che equivale al caos.
L’ordinanza è del resto chiara cifra della massiva complicazione operativa che detto articolo comporta, resa evidente dallo “scioglilingua” che l’estensore è stato chiamato a sviluppare al fine di destreggiarsi tra le diverse e complesse parti normative ed economiche dei diversi contratti collettivi.
Entrambi questi contratti sono economicamente di poco inferiori al CCNL Metalmeccanici, di molto inferiori al CCNL Settore Elettrico, ma ampiamente superiori al CCNL Frigoristi;
Segue il cortocircuito che il povero RUP è tenuto a contrastare. Tant’è che nel caso di specie il RUP si è avvalso del contributo di un consulente del lavoro, che non è però bastato a resistere alle censure mosse in ricorso. Con buona pace della clausola di invarianza finanziaria prevista dall’art. 228 del Codice…
“sotto il profilo economico, sia dalla relazione Baldassari (basata sul costo orario medio) sia dalla relazione Imbesi (basata sulla retribuzione mensile) emerge che il costo per il III e IV livello del CCNL Terziario Confcommercio è inferiore al costo dei corrispondenti livelli del CCNL Edilizia Artigianato e del CCNL Metalmeccanici. Dalla relazione Imbesi risulta inoltre che il suddetto costo è notevolmente inferiore al CCNL Settore Elettrico, ma superiore al CCNL Frigoristi (questi ultimi due contratti hanno rispettivamente i trattamenti economici migliori e peggiori tra i CCNL indicati nel disciplinare di gara). Non vi sono invece sostanziali differenze tra le retribuzioni del II e III livello del CCNL Edilizia Industria e del CCNL Edilizia Artigianato. Entrambi questi contratti sono economicamente di poco inferiori al CCNL Metalmeccanici, di molto inferiori al CCNL Settore Elettrico, ma ampiamente superiori al CCNL Frigoristi“.