L’affidamento “in house” implica una motivazione rafforzata!

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Il Tar Lombardia, accogliendo il ricorso di impresa operante nel settore della raccolta dei rifiuti, ribadisce come, in caso di affidamento “in house” necessiti un onere motivazionale rafforzato, che  dimostri come il mercato non avrebbe consentito di ottenere le prestazioni oggetto del servizio in questione, se non a migliori condizioni contrattuali, quanto meno alle medesime.

Queste le motivazioni di Tar Lombardia, Brescia, Sez. I, 23/ 03/ 2021, n. 280:

4.2. Va preliminarmente rilevato come risulti oramai superato l’orientamento tradizionale che considerava l’autoproduzione attraverso società “in house”, da un lato, e il ricorso al mercato attraverso l’aggiudicazione all’esito di una procedura di evidenza pubblica, dall’altro lato, due modelli alternativi di svolgimento del servizio, perfettamente equiparati.

Come osservato dalla giurisprudenza più recente, «L’articolo 192, comma 2, D.Lgs. n. 50/2016 colloca senz’altro «gli affidamenti in house su un piano subordinato ed eccezionale rispetto agli affidamenti tramite gara di appalto: i) consentendo tali affidamenti soltanto in caso di dimostrato fallimento del mercato rilevante, nonché ii) imponendo comunque all’amministrazione che intenda operare un affidamento in regime di delegazione interorganica di fornire una specifica motivazione circa i benefici per la collettività connessi a tale forma di affidamento» (così, C.d.S., Sez. V, ordinanza n. 138/2019).

Tale preferenza riservata all’evidenza pubblica, peraltro, è stata ritenuta non contrastare né con il diritto dell’Unione europea, né con la Carta costituzionale. Invero, la Corte di Giustizia ha chiarito che, come il diritto dell’Unione Europea non obbliga gli Stati membri a esternalizzare la prestazione dei servizi, così non li obbliga a ricorrere sempre e comunque all’autoproduzione, ben potendo questa essere subordinata dal legislatore nazionale a una serie di ulteriori condizioni (v. ordinanza 6.02.2020 nelle cause riunite C-89/19, C-90/19 e C-91/19). Al contempo, la Corte costituzionale, nell’affermare l’infondatezza delle questioni di illegittimità costituzionale dell’articolo 192, comma 2, D.Lgs. n. 50/2016 in relazione all’articolo 76 Cost. e all’articolo 1, comma 1, lettere a) ed eee), L. n. 11/2016, ha osservato che detta disposizione «è espressione di una linea restrittiva del ricorso all’affidamento diretto che è costante nel nostro ordinamento da oltre dieci anni, e che costituisce la risposta all’abuso di tale istituto da parte delle amministrazioni nazionali e locali» e che essa «risponde agli interessi costituzionalmente tutelati della trasparenza amministrativa e della tutela della concorrenza» (v. sentenza n. 100/2020).

4.3.1. Ora, tenendo a mente le suvviste considerazioni, va considerato che il Comune di ……….. ha motivato la propria scelta nella relazione ex articolo 34, comma 20, D.L. n. 179/2012 sulla scorta dei seguenti argomenti:

(a) presenza di un numero limitato di concorrenti nel mercato di riferimento;

(b) esperienza positiva nella gestione del servizio maturata dalla società xxxx., che negli anni ha sempre distribuito utili ai soci.

(c) flessibilità del servizio, anche attraverso la possibilità di attivare i servizi complementari elencati nel disciplinare;

(d) eliminazione dei costi della gara……

4.3.2. Si tratta di una motivazione che, da un lato, non assolve all’obbligo rafforzato previsto per l’affidamento in house (cfr., C.d.S., Commissione speciale, parere n. 855/2016 – n. affare 464/2016), e che, dall’altro lato, presenta profili di criticità (sub specie manifesta illogicità e irragionevolezza), come puntualmente messo in luce dalla difesa della società ricorrente.

4.4.1. Innanzitutto, deve osservarsi come l’argomento che il mercato del trattamento dei rifiuti non sia concorrenziale si risolva in realtà in una affermazione del tutto apodittica e indimostrata.

E’ ben vero che la relazione di ANCI Lombardia del 10.11.2020 (depositata dalla controinteressata sub doc. 15), peraltro successiva alla relazione ex articolo 34, comma 20, D.L. n. 179/2012, argomenta in ordine alla non concorrenzialità del mercato dello smaltimento dei rifiuti. Tuttavia, lo smaltimento costituisce solo un segmento della filiera del trattamento dei rifiuti. All’inizio della filiera si colloca la fase di raccolta e di trasporto (oggetto dell’affidamento diretto in esame), in relazione alle quali la ricorrente ha depositato la mappatura dei gestori in Lombardia elaborata da INVITALIA, dalla quale emerge una variegata pluralità di soggetti (v. doc. 21).

Ora, qui il punto non è se effettivamente esiste ed è concorrenziale il mercato di riferimento; il punto è che rispetto a questo elemento fattuale, che in sé (specie se negativo) assume un indubbio peso nella decisione di non fare ricorso al mercato, la motivazione del provvedimento comunale è inesistente e non è suffragata da una circostanziata istruttoria.

L’istruttoria non richiedeva certo lo svolgimento di una gara a monte della scelta del modello di affidamento da adottare, bensì lo svolgimento di una indagine di mercato condotta facendo riferimento a contesti paragonabili. Questa indagine di mercato non è stata fatta, di talché sotto questo profilo la decisione adottata dal Comune si rivela viziata.

4.4.2. In secondo luogo, va dato atto che l’assunto per cui le condizioni economiche di estremo favore garantite dal gestore uscente (………..) non potranno essere mantenute, vuoi per l’inevitabile allineamento ai maggiori prezzi che si registrano a livello provinciale e regionale, vuoi per l’aumento del costo del lavoro rispetto al 2012 (anno di stipula del precedente contratto di appalto), non sia in sé irragionevole. E, tuttavia, il Comune non spiega perché detto aumento dei costi della manodopera dovrebbe riguardare solamente gli operatori privati e non anche la società partecipata.

E, infatti, a ben guardare, la conclusione per cui le condizioni economiche offerte dalla società xxxx. sarebbero migliori rispetto a quelle ritraibili dal mercato si appalesa manifestamente illogica, se si considera:

– che per stessa ammissione del Comune il servizio garantito dall’appalto precedente era di assoluta soddisfazione;

– che il corrispettivo richiesto dalla società “in house” è pressoché analogo a quello pagato al gestore uscente …….;

– che, infatti, a differenza del gestore uscente, la società “in house” riversa sul Comune il rischio d’impresa per i materiali riciclabili è posto a carico del Comune, …….;

– che a mente dell’articolo 3 del Disciplinare di servizio (v. doc. 2 fascicolo del Comune cit.) è previsto un adeguamento annuale del canone sulla base dell’andamento dei costi della manodopera, dei costi di esercizio e delle spese generali, mentre all’appaltatore la revisione del prezzo nei contratti di durata è ancorata a più stringenti presupposti;

– che non è previsto il rispetto da parte dell’affidatario del servizio dei relativi CAM, i quali, in quanto diretti al perseguimento della sostenibilità ambientale, non possono che valere per qualunque soggetto erogatore del servizio medesimo, sia esso un appaltatore esterno, sia esso una società “in house”;

– non sono previste penali per il caso di disservizi.

4.4.3. Infine, i vantaggi che consentono di preferire l’ “in house” devono essere tali da non poter essere ottenuti anche dal mercato. Ebbene nessuno dei vantaggi indicati dal Comune presenta queste caratteristiche, perché:

– l’eliminazione dei costi della gara non costituisce un vantaggio, posto che il legislatore, nell’attribuire la preferenza al mercato, ne ha escluso a monte la rilevanza (e, d’altro canto, ove così non fosse, l’ “in house” andrebbe sempre preferito, non soggiacendo per definizione ai costi della gara);

– il fatto che la società xxxx. negli anni abbia ottenuto risultati economici positivi non esclude che esistano sul mercato soggetti privati che abbiano ottenuto risultati altrettanto positivi, e la distribuzione degli utili non concretizza di certo un interesse pubblico che il Comune deve perseguire;

– la maggiore flessibilità è raggiunta attraverso servizi opzionali a pagamento, quali quelli inerenti la tariffa puntuale, la demuscazione, il noleggio di attrezzature, interventi di pulizia occasionali (v. articolo 19 del Disciplinare), e, d’altro canto, i poteri di controllo e di intervento, come visto ai punti che precedono non differiscono grandemente dagli ordinari poteri negoziali che spettano a un committente.

4.5. Complessivamente, dunque, deve concludersi che il Comune abbia fallito l’onere motivazionale su di esso incombente, non avendo dimostrato che il mercato non avrebbe consentito di ottenere le prestazioni oggetto del servizio in questione, se non a migliori condizioni contrattuali, quanto meno alle medesime.

 

A cura di giurisprudenzappalti.it del 23/03/2021 di Roberto Donati

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