Una procedura di gara non può rimanere sospesa sine die per cause non imputabili né alla stazione appaltante né all’aggiudicatario

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Secondo la ricorrente la determina di aggiudicazione sarebbe illegittima in quanto adottata senza che fosse stata completata la verifica del possesso in capo all’aggiudicataria dei requisiti di partecipazione alla gara. Nel documento si precisa infatti che il sistema FVOE 2.0 non consentirebbe l’acquisizione di “…alcuni certificati (come il certificato di ottemperanza ex art. 17 L. 68/99)…”.

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Tuttavia, non essendo pervenuta alcuna risposta, la stazione appaltante ha ritenuto che, in applicazione del principio del risultato, si potesse comunque disporre l’aggiudicazione sotto la condizione risolutiva di cui all’art. 75 del D.P.R. n. 445/2000 “…in quanto la ditta aggiudicataria in sede di partecipazione alla gara ha dichiarato espressamente di non incorrere nelle cause di esclusione di cui agli artt. 94 – 98 del Codice. Pertanto verrà inserita nel contratto la clausola risolutiva espressa ai sensi dell’art. 1656 del C.C. in conformità a quanto stabilito sul punto dalla recente giurisprudenza: TAR Napoli 18/11/2024 n. 6332”.

Secondo la ricorrente l’operato della stazione appaltante è illegittimo.

Tar Marche, Sez. I, 29/04/2025, n. 312 respinge il ricorso:

8. Con riguardo al quarto motivo di ricorso va osservato che:

– le censure ivi dedotte sono logicamente conseguenti a quelle esposte nei primi due motivi, dolendosi xxx del fatto che la stazione appaltante ha comunque proceduto all’aggiudicazione senza avere ultimato le verifiche in merito al possesso da parte di yyy dei requisiti di partecipazione;

– in astratto, le censure in commento sarebbero fondate, visto che le pertinenti disposizioni del D.Lgs. n. 36/2023 e i principi generali che presidiano le procedure ad evidenza pubblica prevedono che l’aggiudicazione e la stipula del contratto siano subordinate alla verifica in capo all’aggiudicatario dell’originario (e perdurante) possesso dei requisiti di partecipazione;

– premesso tuttavia che tali principi non sono inderogabili (si veda al riguardo la disposizione di cui all’art. 94, comma 3, del D.Lgs. n. 159/2011), anche in questo caso si deve tenere conto delle circostanze concrete che hanno connotato la presente procedura, in particolare con riguardo all’acquisizione della certificazione di cui alla L. n. 68/1999.

In questo senso il Collegio ritiene corretto l’operato dell’AST, non potendo una procedura di gara rimanere sospesa sine die per cause non imputabili né alla stazione appaltante né all’aggiudicatario (il quale ultimo, in caso di protrazione dei tempi di gara, sarebbe costretto a sostenere ulteriori costi, ad esempio per prorogare la validità della cauzione provvisoria).

Come emerge per tabulas, nel caso odierno a distanza di quasi nove mesi dalla richiesta e nonostante vari solleciti, neanche la stazione appaltante è ancora riuscita ad ottenere dalla Regione Lazio l’attestazione della regolarità – o, eventualmente, della irregolarità – della posizione di yyy rispetto agli obblighi di cui alla L. n. 68/1999 (il che, fra l’altro, conferma quanto detto in sede di esame del secondo motivo, poiché non si vede come avrebbe potuto la controinteressata ottenere il rilascio del certificato in tempi più rapidi di quelli che solitamente connotano i rapporti fra amministrazioni pubbliche).

Che poi queste conclusioni si fondino sul principio del risultato oppure su altri principi generali dell’ordinamento è questione meramente terminologica che non scalfisce la sostanza delle cose. L’ordinamento prevede comunque istituti contrattuali adeguati ad evitare che l’amministrazione sia costretta a proseguire il rapporto contrattuale anche nel caso in cui dalle verifiche postume emergano a carico dell’appaltatore cause di esclusione, e nella specie la stazione appaltante si è avvalsa proprio di uno di tali istituti (ossia la clausola risolutiva espressa, ritenuta pienamente ammissibile dal giudice amministrativo – sul punto si veda la sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, n. 6332/2024, richiamata nel provvedimento impugnato). A questo proposito va solo sottolineato che, probabilmente per un mero errore materiale, nel documento istruttorio allegato alla determina di aggiudicazione è richiamato l’art. 1656 c.c., ma l’amministrazione intendeva riferirsi ovviamente all’art. 1456 c.c., il che si desume anche dal rimando alla prefata sentenza del T.A.R. Campania, nella quale è menzionato proprio l’istituto della clausola risolutiva espressa.

Il motivo è dunque infondato.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 29/04/2025 di Roberto Donati

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