Transazione e rinuncia al contenzioso

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La rinuncia al contenzioso è ammissibile – anche in termini privatistici – soltanto a determinate condizioni, come ad esempio, nell’ambito di una transazione, essendo, infatti, quest’ultima, per espressa definizione di cui all’art. 1965 c.c., “il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro”.

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Questo quanto ricordato da Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, 01/08/2025, n. 650:

Com’è noto, la rinuncia ad un contenzioso già pendente è possibile, sul piano giusprivatistico, ogniqualvolta l’oggetto del contendere sia costituito da una situazione giuridica soggettiva disponibile, come lo sono, in linea di principio, i diritti patrimoniali, ben potendo l’operatore economico scegliere di rinunciare di sua spontanea volontà agli atti del giudizio intentato o all’azione proposta.

Giova tuttavia rilevare come, anche con riguardo alla rinunzia al contenzioso pendente, la vicenda giuspubblicistica in trattazione si connoti in termini ben diversi da quelli che rendono lecita la rinuncia alle azioni proposte, in sede civile, tra parti tendenzialmente in posizione paritaria, non potendo ritenersi parimenti legittima, sul piano del diritto amministrativo, la pretesa dell’Amministrazione di imporre, con la sottoscrizione di una specifica clausola, la rinuncia a tutti i contenziosi pendenti quale condizione per la stipula del contratto di convenzionamento.

Diversamente, con riguardo a una lite futura ed eventuale, la rinuncia è ammissibile – anche in termini privatistici – soltanto a determinate condizioni, come ad esempio, nell’ambito di una transazione, essendo, infatti, quest’ultima, per espressa definizione di cui all’art. 1965 c.c., “il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro”.

Dottrina e giurisprudenza prevalenti hanno fornito una lettura riduttiva di siffatta evenienza, circoscrivendola a liti comunque già sussistenti al livello stragiudiziale o, quanto meno, già emerse, ancorché a livello di mera contestazione, con esclusione della possibilità di transigere liti puramente ipotetiche e del tutto indeterminate nei contenuti, pena la stessa determinabilità dell’oggetto della transazione.

In tal senso la Cassazione (Cass. civile, Sez. I, 17 ottobre 2019, n. 26528) ha in più occasioni chiarito che «in tema di transazione, le reciproche concessioni alle quali fa riferimento l’art. 1965 c.c., comma 1, possono riguardare anche liti future non ancora instaurate ed eventuali danni non ancora manifestatisi, purché questi ultimi siano ragionevolmente prevedibili; (Cass. S.U. 8053/2014, Cass. 12320/2005, 2633/1982)», e che «è pacifico che il presupposto della res dubia, che caratterizza la transazione, «è integrato non dalla incertezza obiettiva circa lo stato di fatto o di diritto, ma dalla sussistenza di discordanti valutazioni in ordine alle correlative situazioni giudiziali ed ai rispettivi diritti ed obblighi delle parti» (Cass. 4448/1996, 6861/2003); e ciò proprio perché «la prevenzione della lite, o il suo superamento – e non quindi un astratto accertamento del contenuto esatto ed effettivo della res dubia – costituiscono quel che è causa/scopo funzionale che muove le parti a transigere» (Cass. 2784/2019).

La transazione è, infatti, ricostruita in dottrina come negozio a efficacia tipicamente preclusiva, che incide direttamente sui rapporti giuridici sostanziali, precludendo l’azione mercé la exceptio litis per transactionem finitae, analoga all’eccezione di giudicato.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 01/08/2025 di Roberto Donati

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