Pregresse insolvenze a carico del concessionario in precedenti rapporti con l’Amministrazione. La clausola non è nulla!

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I debiti maturati dall’operatore economico nei confronti dell’amministrazione e del Demanio anche a titolo di “canoni, oneri e indennità pregresse” – incidono direttamente e con assoluta e oggettiva certezza sulla sfera giuridica dell’aspirante concessionario.

Il Consiglio di Stato, nel respingere l’appello, stabilisce che una clausola del disciplinare di gara finalizzata alla verifica dell’affidabilità dell’aspirante concessionario (di servizi e di beni) sotto il profilo dell’insussistenza della maturazione di pregresse insolvenze a suo carico in precedenti rapporti con l’Amministrazione, non può essere considerata nulla.

Anzi, introduce una prescrizione volta alla verifica della capacità finanziaria ed economica dei partecipanti alla procedura, che, in quanto afferente all’esposizione debitoria dell’aspirante concessionario (di servizi e di beni) nei confronti dell’apparato amministrativo, nell’ambito della valutazione richiesta dall’art. 164 comma 2 del d.lgs. 50/2016, non risulta incompatibile con il perimetro applicativo dell’ art. 80 comma 4 del Codice.

Questa la sintesi di Consiglio di Stato, Sez. V, 17/05/2022, n. 3861:

4.5. A questo punto occorre ancora osservare che la procedura in esame è finalizzata all’affidamento in concessione di “servizi della sezione sportiva” del Circolo ricreativo di cui in fatto.

Per individuare il puntuale oggetto della concessione occorre fare riferimento all’art. 7 del disciplinare, che quanto alla “descrizione dei servizi oggetto di gara” rimanda al capitolato, il quale, a sua volta, all’art. 1, dispone che l’affidamento “ricomprende l’approntamento di un’organizzazione finalizzata […] all’esercizio di attività sportive e ludico ricreative nell’ambito delle aree e strutture di pertinenza […] ivi compresi eventi sociali o privati su richiesta degli utenti, nonché alla fornitura del servizio di pulizia e manutenzione delle aree e strutture stesse e il correlato supporto logistico”, nonchè “presuppone la cessione di aree e pertinenze demaniali in uso alla Marina Militare con la disponibilità immediata ed esclusiva delle stesse”.

Per tale motivo lo stesso art. 1 pone in capo al concessionario l’onere “di pagare un canone annuale” pure ivi determinato.

Sul punto, si osserva che la peculiarità della figura della concessione di servizi è quella di determinare l’assunzione in capo all’affidatario del rischio operativo legato alla sua gestione [art. 3 comma 1 lettera zz) e art. 165 comma 1 Codice contratti; Cons. Stato, III, 3 agosto 2020, n. 4910; 18 giugno 2020, n. 3905; VI, ordinanza 6 dicembre 2019, n. 6073; V, 28 marzo 2019, n. 2065; III, 11 gennaio 2018, n. 127; VI, 16 luglio 2015, n. 3571; 14 ottobre 2014, n. 5065), nell’ambito dell’equilibrio economico finanziario proprio dell’istituto [art. 3 comma 1 lett. fff) e art. 165 comma 2 Codice contratti].

Agli espressi fini del raggiungimento di tale equilibrio, l’art. 165 comma 2 del Codice contratti prevede, tra altro, che l’amministrazione aggiudicatrice possa stabilire in sede di gara “un prezzo consistente in un contributo pubblico ovvero nella cessione di beni immobili. Il contributo, se funzionale al mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario, può essere riconosciuto mediante diritti di godimento su beni immobili nella disponibilità dell’amministrazione aggiudicatrice la cui utilizzazione sia strumentale e tecnicamente connessa all’opera affidata in concessione”.

Indi, accanto all’affidamento del servizio, l’amministrazione può concedere l’utilizzo dei beni necessari all’esercizio dell’attività, così integrando anche una concessione di bene pubblico (C.G.A.R.S., 24 marzo 2021, n. 247).

A sua volta, l’art. 172 comma 1 del Codice contratti, nel disporre in linea generale le regole di selezione e valutazione qualitativa degli aspiranti concessionari, prevede che le stazioni appaltanti verifichino le condizioni di partecipazione anche sotto il profilo della loro “capacità finanziaria ed economica” e ciò “sulla base di certificazioni, autocertificazioni o attestati che devono essere presentati come prova”.

Si tratta di una potestà non illimitata: l’art. 172 comma 1, con una disposizione non dissimile a quella dettata dal precedente art. 83 comma 2 per i contratti di appalto, stabilisce che “Le condizioni di partecipazione sono correlate e proporzionali alla necessità di garantire la capacità del concessionario di eseguire la concessione, tenendo conto dell’oggetto della concessione e dell’obiettivo di assicurare la concorrenza effettiva”.

4.6. Delineato come sopra il contesto complessivo in cui il motivo in esame va apprezzato, possono trarsi le conclusioni sulla sua sorte.

4.7. La censura principale del motivo è costituita dall’affermazione che la fattispecie espulsiva di cui all’art. 9 del disciplinare della procedura (“I soggetti partecipanti non devono avere debiti pendenti nei confronti della Pubblica Amministrazione e del Demanio, anche in relazione al mancato versamento di canoni, oneri e indennità pregresse, a pena di immediata esclusione dalla presente gara. L’esclusione avverrà comunque in tutti i casi in cui, a seguito di controlli, dovessero emergere partite debitorie insolute in data antecedente alla partecipazione a questa gara. Pertanto gli operatori partecipanti dovranno autocertificare, ai sensi del DPR 445/2000, il suddetto requisito afferente all’assenza di debiti pregressi con la Pubblica Amministrazione e il Demanio con particolar riguardo al mancato versamento di canoni, oneri e indennità pregresse”), per la sua atipicità, che trasborda dall’ambito delineato dall’art. 80 comma 4 del Codice contratti, è nulla per contrarietà al principio di tassatività delle cause di esclusione dalle gare pubbliche.

4.8. Alla luce delle norme e della giurisprudenza sin qui rassegnata, il Collegio osserva invece che l’art. 9 in esame:

a) è inserito nell’ambito di una lex specialis che, pur richiamandone specifiche norme, non si è vincolata in linea generale all’applicazione delle norme del Codice contratti;

b) nel prevedere la verifica dell’affidabilità dell’aspirante concessionario (di servizi e di beni) sotto il profilo dell’insussistenza della maturazione di pregresse insolvenze a suo carico in precedenti rapporti con l’Amministrazione, e più specificamente con il Demanio, non impone un adempimento formale;

c) introduce invece una prescrizione volta alla verifica della capacità finanziaria ed economica dei partecipanti alla procedura, che, in quanto afferente all’esposizione debitoria dell’aspirante concessionario (di servizi e di beni) nei confronti dell’apparato amministrativo, nell’ambito della valutazione richiesta dall’art. 164 comma 2 del d.lgs. 50/2016, non risulta incompatibile con il perimetro applicativo di cui al precedente art. 80 comma 4;

d) vieppiù, è direttamente riconducibile all’art. 172 comma 1 del Codice contratti.

La previsione di cui si discute è infatti collegata in via immediata e diretta all’oggetto dell’affidamento, costituito anche dalla cessione di aree e pertinenze demaniali a fronte del pagamento di un canone predeterminato. Ne viene che la capacità economica e finanziaria degli aspiranti concessionari non può che essere verificata anche sotto tale aspetto, che qualifica la concessione di servizi in parola rendendola comprensiva della concessione del bene pubblico, ed attiene alla prestazione principale cui è tenuto quest’ultima tipologia di concessionario. Per tale ragione, risultano rispettati entrambi i canoni (correlazione e proporzionalità) che, per l’art. 172 comma 1 del Codice contratti, devono guidare la stazione appaltante nell’individuazione dei requisiti di capacità finanziaria ed economica degli aspiranti concessionari, funzionali all’apprezzamento della capacità dell’operatore economico di gestire la concessione e anche della sua affidabilità e integrità.

4.9. Sulla base di tali elementi, il Collegio non rinviene quel contrasto frontale della clausola in esame con l’art. 83 comma 8 del d.lgs. 50/2016 che ne determinerebbe la nullità.

Ciò vale non solo per il suo contenuto prescrittivo sostanziale, ma anche per il prescritto obbligo dichiarativo e le conseguenze previste per il suo inadempimento, che trovano diretta eco nell’art. 80 dello stesso decreto legislativo.

4.10. Esclusa la nullità della previsione di cui trattasi, va ancora sottolineata la sua portata immediatamente escludente, in quanto correlata a una ipotesi – debiti maturati dall’operatore economico nei confronti dell’amministrazione e del Demanio anche a titolo di “canoni, oneri e indennità pregresse” – che incide direttamente e con assoluta e oggettiva certezza sulla sfera giuridica dell’aspirante concessionario, nella misura in cui preclude la sua partecipazione alla procedura per la sussistenza di una condizione che non è correlata ad alcuna alea contrattuale, essendo oggettivamente e univocamente riscontrabile.

4.11. Sussistono pertanto tutti i presupposti per: affermare anche in questa sede, in adesione ad arresti consolidati (tra tante, Cons. Stato, III, 24 dicembre 2021, n. 8584; V, 8 ottobre 2021, n. 284; Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4), che la contestazione giudiziale della clausola di cui trattasi scontava l’onere di immediata impugnazione nel termine decadenziale decorrente dalla sua pubblicazione; confermare la tardività dell’impugnazione della stessa da parte della società odierna appellante, non essendo qui contestato che la società ha impugnato la predetta clausola solo in uno al provvedimento espulsivo, quando il predetto termine era ormai scaduto; respingere nel merito la tesi della nullità della clausola.

4.12. Nulla aggiungono alla questione la statuizione dell’Adunanza plenaria n. 22 del 2020, richiamata dalla società appellante quanto alle conseguenze da riconnettere all’accertata nullità della clausola espulsiva, condizione qui insussistente, e l’art. 31 comma 4 Cod. proc. amm., pure invocato dalla medesima, il quale, nel prevedere il più lungo termine decadenziale per l’azione di accertamento delle nullità amministrative, è “ammissibile solo nei pochi casi in cui il soggetto abbia interesse al mero accertamento e non al suo annullamento”, come da ultimo rilevato proprio dall’Adunanza plenaria n. 22/2020, fattispecie qui non ricorrente, in quanto l’atto di esclusione dalla procedura ha prodotto effetti sulla situazione sostanziale della società.

4.12. In definitiva, il primo motivo di appello deve essere respinto.

 

A cura di giurisprudenzappalti.it del 17/05/2022 di Roberto Donati

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