Non può essere utilizzato come fattore competitivo il trattamento economico e normativo destinato ai lavoratori; esso deve essere complessivamente equivalente al minimo previsto dal ccnl individuato dalla stazione appaltante

L’impresa resta libera di applicare condizioni contrattuali diverse nello svolgimento della sua attività imprenditoriale e resta anche libera di non adottare quel determinato CCNL scelto dalla stazione appaltante, dimostrando che le tutele da essa fornite sono equivalenti, assoggettandosi, in tal caso, ad una verifica più puntuale e alla possibile esclusione dalla procedura.
In conclusione, le imprese che partecipano ad una gara per un appalto pubblico ovvero per la concessione di un pubblico servizio possono liberamente concorrere, ma non possono utilizzare come fattore competitivo il trattamento economico e normativo destinato ai lavoratori, che deve essere complessivamente equivalente al minimo previsto dal contratto collettivo di lavoro individuato dalla stazione appaltante e che, pertanto, rappresenta un limite inderogabile nell’elaborazione delle strategie competitive.
Questo quanto stabilito da Tar Toscana, Sez. IV, 06/10/2025, n. 1584 in merito all’applicazione dell’art. 11 del Codice dei Contratti:
1.1. All’art. 11, comma 1, del Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 36 del 2023, si prevede l’applicazione, al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni, del “contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”.
Al successivo comma secondo – con norma posta a tutela delle indispensabili esigenze di certezza della fissazione del quadro economico di gara, ovvero di un dato di base indispensabile per la corretta formulazione dell’offerta e la verifica successiva in ordine all’effettivo rispetto delle condizioni contrattuali di settore – si prevede che nei bandi e negli inviti le stazioni appaltanti indicano il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione. Tale preliminare indicazione, in base in particolare al terzo comma dell’art. 11, non è però totalmente vincolante per gli operatori economici, i quali possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante, e fatta in ogni caso salva la coerenza del contratto collettivo scelto dall’impresa con l’oggetto dell’attività affidata dalla stazione appaltante.
Inoltre, a specifico presidio e tutela dei lavoratori impiegati nella commessa, in base al comma 4, dello stesso art. 11, nel testo vigente ratione temporis (cioè ante correttivo 2024): “Nei casi di cui al comma 3, prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione le stazioni appaltanti e gli enti concedenti acquisiscono la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele. In quest’ultimo caso, la dichiarazione è anche verificata con le modalità di cui all’articolo 110”.
Queste ultime norme (di cui ai citati commi 2, 3 e 4) costituiscono il più importante tratto di novità dell’art. 11 in esame, e ciò rispetto alla disciplina previgente e agli orientamenti giurisprudenziali formatisi sotto il vigore del d.lgs. n. 50 del 2016, secondo i quali l’applicazione di un determinato contratto collettivo non poteva essere imposta dalla lex specialis alle imprese concorrenti, rientrando tale scelta nella piena libertà negoziale delle parti, mentre la mancata applicazione del contratto collettivo individuato dall’amministrazione poteva rilevare sul piano della valutazione dell’offerta presentata, potendo costituire, al più, indice d’inaffidabilità della futura corretta esecuzione del contratto e circostanza eventualmente idonea a determinare un’ipotesi di anomalia dell’offerta, con conseguente possibile esclusione dalla procedura di gara.
Con il nuovo Codice tale spazio di libertà imprenditoriale e negoziale viene alquanto ristretto, a fronte di una maggiore protezione dei lavoratori e al fine di scongiurare un allineamento al ribasso delle tutele loro erogate. In particolare, l’impegno a rispettare, in fase esecutiva, il complesso delle condizioni contrattuali minime, di ordine economico e normativo, stabilite dal CCNL necessariamente indicato dalla Stazione appaltante nel bando di gara, assurge a requisito necessario dell’offerta (sul punto si veda l’art. 57 del Codice), di cui, pertanto, il singolo operatore economico dovrà tenere conto già nella fase di redazione della propria proposta contrattuale e che la stazione appaltante, in un’ottica acceleratoria e di semplificazione, sarà tenuta a verificare prima dell’aggiudicazione, senza attendere l’eventuale fase di verifica dell’anomalia dell’offerta presentata.
Da ciò derivandone la possibilità per la stazione appaltante di escludere l’operatore economico che abbia indicato nella propria offerta un contratto collettivo diverso da quello indicato dall’amministrazione, laddove l’equipollenza affermata non sia effettivamente riscontrabile.
Come giustamente rilevato nella relazione illustrativa del nuovo Codice, tali disposizioni nel loro complesso non presentano profili d’illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 39 e 41 della Costituzione, ivi si osserva infatti che: “Rimane tuttavia aperta la questione, altrettanto centrale, della possibile sovrapposizione tra settori di attività e quindi della possibile applicabilità di più contratti collettivi conformi, con ambiti di applicazione compatibili con l’attività oggetto dell’appalto. La norma proposta – di cui ai commi 1 e 2 – intende compiere un ulteriore passo in questa direzione, restringendo anche le ipotesi in cui, per la frammentazione dei contratti collettivi nell’ambito del medesimo settore, l’operatore economico finisca con l’optare per un CCNL che non garantisce al lavoratore le migliori tutele sotto il profilo normativo ed economico (…). La previsione non pare in contrasto con l’art. 39 Cost. in quanto non è diretta a estendere ex lege ed erga omnes l’efficacia del contratto collettivo, ma si limita a indicare le condizioni contrattuali che l’aggiudicatario deve applicare al personale impiegato, qualora, sulla base di una propria e autonoma scelta imprenditoriale, intenda conseguire l’appalto pubblico, restando libero di applicare condizioni contrattuali diverse nello svolgimento dell’attività imprenditoriale diversa; e restando libero di accettare o non la clausola dell’appalto pubblico oggetto dell’aggiudicazione (accettando, quindi, anche l’esclusione dalla procedura). I medesimi argomenti possono essere utilizzati per affermare la compatibilità anche rispetto all’art. 41 Cost., tenuto conto altresì che la libera iniziativa economica “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale”. Il consentire alla p.a. la scelta di indicare il CCNL applicabile alle prestazioni oggetto di gara sembra trovare giustificazione proprio sotto questo profilo (Art. 41, secondo comma, Cost.)”.
In altre parole, l’impresa resta libera di applicare condizioni contrattuali diverse nello svolgimento della sua attività imprenditoriale e resta anche libera di non adottare quel determinato CCNL scelto dalla stazione appaltante, dimostrando che le tutele da essa fornite sono equivalenti, assoggettandosi, in tal caso, ad una verifica più puntuale e alla possibile esclusione dalla procedura; senza che tale sistema presenti profili di attrito con i citati principi costituzionali.
In conclusione, le imprese che partecipano ad una gara per un appalto pubblico ovvero per la concessione di un pubblico servizio possono liberamente concorrere, ma non possono utilizzare come fattore competitivo il trattamento economico e normativo destinato ai lavoratori, che deve essere complessivamente equivalente al minimo previsto dal contratto collettivo di lavoro individuato dalla stazione appaltante e che, pertanto, rappresenta un limite inderogabile nell’elaborazione delle strategie competitive.
1.2. Quanto alla verifica dell’equipollenza delle tutele, con il decreto correttivo al Codice di cui al d.lgs. 31 dicembre 2024, n. 209, (v. art.2) sono state introdotte alcune modifiche finalizzate ad assicurare un uniforme svolgimento delle prassi operate dalle stazioni appaltanti ai fini dell’individuazione del contratto di lavoro applicabile in sede di redazione dei bandi/inviti, nonché una semplificazione del quadro normativo e delle modalità di calcolo dell’equipollenza a favore degli operatori economici ai fini della partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica (cfr. Relazione illustrativa al decreto correttivo). In particolare, è stato inserito un nuovo allegato I.01, contenente concrete disposizioni per orientare l’operato delle stazioni appaltanti sia rispetto al contratto da individuare nel bando/invito, tenuto conto dell’oggetto dell’appalto, sia rispetto alla verifica di equipollenza dei contratti. Nello specifico, si è inteso introdurre dei meccanismi automatici per la valutazione di equipollenza tra i contratti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, alla luce dei principali indici normativi ed economici rivelatori di tale sostanziale equivalenza.
Conseguentemente, in particolare, al comma 4, secondo periodo, dell’art. 11, è stato introdotto una frase secondo cui la dichiarazione dell’operatore economico di equipollenza delle tutele è anche verificata con le modalità di cui all’art. 110 “in conformità all’allegato I.01”.
Tale modifica normativa, in quanto sopravvenuta rispetto all’indizione della procedura in oggetto, non è ad essa applicabile. Sennonchè, oltre al valore ermeneutico della detta integrazione normativa, ai fini che qui interessano della enucleazione degli indici rivelatori della equivalenza economica dei contratti collettivi, rileva il fatto che l’art. 4, comma 2, dell’allegato I.01, richiama quegli stessi elementi individuati dall’ANAC nella Relazione illustrativa n. 1/2023, ove si osserva: “Premesso che sono rari i casi in cui due contratti presentano esattamente lo stesso articolato, si ritiene che la dichiarazione di equivalenza debba dimostrare che il diverso CCNL adottato, al di là del nomen iuris, garantisca tutele equiparabili. Al riguardo, si ritiene che le stazioni appaltanti possano trarre utili elementi di riferimento dalle indicazioni fornite dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la Circolare n. 2 del 28/7/2020. La valutazione deve necessariamente avere ad oggetto sia le tutele economiche che quelle normative in quanto complesso inscindibile. Si suggerisce di effettuare dapprima la valutazione dell’equivalenza economica dei contratti, prendendo a riferimento le componenti fisse della retribuzione globale annua costituite dalle seguenti voci: retribuzione tabellare annuale; indennità di contingenza; Elemento Distinto della Retribuzione – EDR – a cui vanno sommate le eventuali mensilità aggiuntive (tredicesima e quattordicesima), nonché ulteriori indennità previste…”.
Ugualmente, il sopra citato art. 4, comma 2, dell’allegato I.01 dispone che; “La valutazione di equivalenza economica dei contratti è effettuata in relazione alle componenti fisse della retribuzione globale annua, costituite dalle seguenti voci: a) retribuzione tabellare annuale; b) indennità di contingenza; c) elemento distinto della retribuzione (EDR); d) eventuali mensilità aggiuntive; e) eventuali ulteriori indennità previste”.
2. Alla luce di tali coordinate si può passare ad esaminare la fattispecie concreta oggetto di ricorso, che involge il tema della valutazione amministrativa di mancata equivalenza delle tutele economiche offerte dalla ricorrente rispetto a quelle garantite dall’accordo collettivo indicato dalla procedura.
2.1. Innanzitutto, non può trovare giuridico fondamento la tesi, sostenuta in via preliminare dalla ricorrente, in base alla quale la valutazione di equipollenza nella fattispecie non sarebbe necessaria, avendo la stessa dichiarato di applicare un contratto collettivo c.d. “leader”, in quanto sottoscritto dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, ed in quanto contratto di riferimento per servizi educativi e scolastici, quindi strettamente connesso con l’attività oggetto di gara.
Invero, in disparte la mancata impugnazione delle norme della lex specialis che indicano il suddetto CCNL “Cooperative sociali” quale accordo collettivo pertinente al servizio oggetto dell’appalto, la pretesa della Cooperativa ricorrente di sottrarre al vaglio di equivalenza imposto dalla legge il contratto collettivo di sua scelta, è del tutto infondata, in quanto tale soluzione, peraltro priva di supporto normativo, non risulta coerente con le finalità di tutela sopra individuate e imposte dalla richiamata norma di rango primario (art. 11, d.lgs. n.36 del 2023), che anzi impongono – nel caso di indicazione nell’offerta di un contratto collettivo diverso da quello individuato dalla stazione appaltante – una effettiva verifica e comparazione delle condizioni contrattuali, economiche e normative, proposte dall’operatore economico (v. T.A.R. Piemonte, II sez., 18 aprile 2025, n. 689, dove si è anche osservato che: “La fondatezza del raggiunto approdo ermeneutico è confermata anche dalla lettera dell’art. 110 del d.lgs. 36/2023, laddove, nuovamente nella versione vigente al momento dell’emanazione della gravata esclusione, per un verso, non consente al concorrente di giustificare l’erogazione di trattamenti salariali in violazione dei minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge (comma 4), per altro verso commina la sanzione espulsiva a carico dell’operatore economico la cui offerta sia risultata anormalmente bassa in quanto portante un costo del personale inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 41, comma 13 (comma 5). Orbene, il combinato disposto dell’art. 11 e dell’art. 110 impone di considerare anche un trattamento economico inferiore a quello stabilito dal CCNL indicato dalla Stazione appaltante negli atti di gara quale legittima causa di esclusione del partecipante alla gara”).
A cura di giurisprudenzappalti.it del 06/10/2025 di Roberto Donati

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