La revisione prezzi è diversa dalla “riserva”

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Sussiste un’ontologica differenza tra la revisione prezzi e la figura delle riserve. La revisione dei prezzi ha la finalità di salvaguardare sia l’interesse pubblico affinché le prestazioni in appalto non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa sia l’impresa perché essa non subisca alterazioni dell’equilibrio contrattuale al sopraggiungere di circostanze eccezionali. Diversamente, invece, l’istituto delle riserve è volto a limitare il più possibile la nascita di controversie tra le parti: all’appaltatore serve ad avanzare specifiche contestazioni su eventi da cui sarebbero derivati maggiori oneri, determinando un’alterazione della prevista contabilità di cantiere, mentre permette alla stazione appaltante di verificare con regolarità l’andamento dei costi di realizzazione dell’opera pubblica.

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Questo quanto ricordato da Tar Basilicata, Sez. I, 20/02/2025, n. 123 nel dichiarare inammissibile un ricorso avverso la proposta di accordo bonario formulata dal RUP con riguardo alle riserve iscritte in occasione della sottoscrizione dello stato finale dei lavori:

4.1.3. Su un di piano più generale, va rilevato che nel settore dell’attività negoziale della pubblica amministrazione tutte le controversie che attengono alla fase preliminare, antecedente e prodromica al contratto, inerenti alla formazione della sua volontà ed alla scelta del contraente privato in base alle regole c.d. dell’evidenza pubblica, appartengono al Giudice amministrativo, mentre quelle che radicano le loro ragioni nella serie negoziale successiva che va dalla stipulazione del contratto fino alle vicende del suo adempimento, e riguardano la disciplina dei rapporti che dal contratto scaturiscono, sono devolute al giudice ordinario: conseguentemente, appartengono al giudice ordinario le controversie concernenti l’interpretazione dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto (ex multis, Cass. Sez. Un., 29/1/2018, n. 2144; Cass. Sez. Un., 10/4/2017, n. 9149; Cass. 31/5/2016, n. 11366; Cass. Sez. Un., 8/7/2015, n. 14188; Cass. Sez. Un., 24/5/2013, n. 12902; Cass. 5/4/2012, n. 5446; Cass. 13/3/2009, n. 6068)”.

Nel caso di specie non è in contestazione che sia intervenuta la conclusione di apposito contratto, e che la ricorrente si sia avvalsa delle c.d. riserve, ossia abbia inserito nei documenti contabili dell’appalto la pretesa a maggiori corrispettivi per il «sensore clinometrico mems o force balance biassiale e per l’accelerometro mems triassiale», con conseguente preteso inadempimento da parte della stazione appaltante di obbligazioni negoziali, che si colloca a valle della stipulazione contrattuale, attenendo all’esecuzione del rapporto convenzionale, sicché anche da tale versante la giurisdizione è attribuita al Giudice ordinario.

4.1.4. Non trova spazio alcuno, di conseguenza, il tentativo della ricorrente di ricondurre la vicenda all’alveo applicativo della revisione prezzi. Peraltro, e conclusivamente, sussiste un’ontologica differenza tra quest’ultima e la figura delle riserve, come precisato dal Giudice d’appello, secondo cui la revisione dei prezzi ha la finalità di salvaguardare l’interesse pubblico affinché le prestazioni di beni e servizi rese in favore delle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa; al contempo l’istituto è posto a tutela dell’interesse dell’impresa a non subire alterazioni dell’equilibrio contrattuale al sopraggiungere di circostanze eccezionali. Diversamente, invece, l’istituto delle riserve è volto a limitare il più possibile la nascita di controversie tra le parti: all’appaltatore serve ad avanzare specifiche contestazioni su eventi da cui sarebbero derivati maggiori oneri, determinando un’alterazione della prevista contabilità di cantiere, mentre permette alla stazione appaltante di verificare con regolarità l’andamento dei costi di realizzazione dell’opera pubblica (Cons. Stato, sez. IV, 7 luglio 2022, n. 5667).

A cura di giurisprudenzappalti.it del 20/02/2025 di Roberto Donati

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