L’omissione dichiarativa di pendenze penali, per reati non ricompresi dell’elencazione tassativa indicata dal nuovo codice, può legittimare l’esclusione dalla gara?

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L’omissione dichiarativa di pendenze penali a carico dell’operatore economico, per reati non ricompresi dell’elencazione tassativa indicata dal nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36 del 2023), può legittimare l’esclusione dalla gara?

Risposta positiva viene da Consiglio di Stato, Sez. V, 11/09/2025, n. 7282:

10. Al suddetto quesito il Collegio ritiene di dare risposta positiva, per i principi di seguito illustrati.

10.1. Nella vigenza del d.lgs. n. 50 del 2016, tra le cause di esclusione non automatica rientrava l’ipotesi in cui l’operatore aveva (art. 80, comma 5, lett. c – bis): a) tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; b) fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero … omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione.

Il Legislatore poneva sullo stesso piano le condotte di omessa e falsa dichiarazione, a fronte delle quali l’Amministrazione era tenuta a verificare se l’informazione fornita o l’omissione dichiarativa fosse in grado di condizionare le valutazioni della stazione appaltante; e se il comportamento tenuto dall’operatore economico fosse idoneo ad incidere in senso negativo sulla sua integrità e affidabilità.

L’art. 80, comma 5, lett. f-bis del d.lgs. n. 50 del 2016 prevedeva, inoltre, l’automatismo espulsivo per l’operatore che aveva presentato ‘nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere’.

L’Adunanza Plenaria, 28 agosto 2020, n. 16, a tale riguardo, aveva evidenziato l’applicabilità residuale della disposizione, trovando impiego nelle fattispecie in cui le dichiarazioni fossero ‘obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità, e non fossero finalizzate all’adozione di provvedimenti di competenza dell’amministrazione relativi all’ammissione, la valutazione delle offerte o l’aggiudicazione dei partecipanti alla gara o comunque relativa al corretto svolgimento di quest’ultima’.

Orbene, oggi, l’art. 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36 del 2023 qualifica come grave illecito professionale esclusivamente l’aver fornito in gara informazioni false o fuorvianti, ove suscettibili di influenzare le scelte della stazione appaltante. In tale ipotesi, l’Amministrazione ha comunque l’obbligo di valutare la rilevanza della dichiarazione falsa o fuorviante, disponendo l’esclusione dell’operatore ritenuto privo dei requisiti di affidabilità ed integrità.

Il Legislatore ha previsto, pertanto, un diverso regime per l’omissione dichiarativa di un fatto non desumibile dal fascicolo virtuale, precisando che l’omessa o inesatta dichiarazione ‘pur non costituendo di per sé causa di esclusione può rilevare’, nell’apprezzamento del grave illecito professionale (art. 96, comma 14, d.lgs. n. 36 del 2023).

L’art. 96, comma 14, del d.lgs. n. 36 stabilisce un obbligo preciso per l’operatore economico, ossia quello “di comunicare alla stazione appaltante la sussistenza dei fatti e dei provvedimenti che possono costituire causa di esclusione ai sensi dell’art. 94 e 95, ove non menzionati nel proprio fascicolo virtuale. L’omissione di tale comunicazione o la non veridicità della medesima, pur non costituendo di per sé causa di esclusione, può rilevare ai sensi del comma 4 dell’articolo 98”.

Una lettura delle disposizioni invocate, ispirata a rigidi criteri interpretativi, sembra collegare, come lo stesso appellante ha dedotto nei propri scritti difensivi, la valutazione della gravità dell’illecito professionale solo nell’ipotesi in cui vi sia stata una condotta attiva dell’operatore economico, ossia quando l’operatore economico fornisca informazioni false e fuorvianti.

Tale tesi interpretativa non appare totalmente convincente, atteso che l’art. 98, comma 2, lett. b) chiaramente dispone: “L’esclusione di un operatore economico ai sensi dell’articolo 95, comma 1, lettera e) è disposta e comunicata dalla stazione appaltante quando ricorrono tutte le seguenti condizioni: a) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale; b) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore”.

Il comma 3, lett. b) dell’art. 98, inoltre, stabilisce che: “L’illecito professionale si può desumere al verificarsi di almeno uno dei seguenti elementi: (…) b) condotta dell’operatore economico che abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a proprio vantaggio oppure che abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione;”.

 
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Quindi, appare agevole ritenere che, se l’omessa comunicazione di una circostanza rilevante ai fini della partecipazione alla gara è priva di autonoma rilevanza escludente, certamente concorre nel giudizio di affidabilità dell’operatore unitamente al fatto non dichiarato, purché si tratti di una circostanza non autonomamente desumibile dal fascicolo virtuale dell’operatore economico.

Il discrimen tra omessa dichiarazione (comportamento omissivo) e falsa dichiarazione (comportamento attivo) è sfumato in fattispecie in cui l’operatore economico riferisce circostanze non sufficienti, e soprattutto non idonee, a consentire alla stazione appaltante di svolgere correttamente la procedura di gara, nel rispetto della par condicio competitorum, e soprattutto nel perseguimento del pubblico interesse.

Ciò in quanto, diversamente opinando, l’Amministrazione pubblica sarebbe privata, in violazione dei principi generali che regolamentano il nuovo codice dei contratti (il principio di buona fede, il principio della fiducia, il principio del risultato) della possibilità di valutare correttamente l’affidabilità e integrità del futuro contraente, in questo modo potendo essere costretta a stipulare un contratto di appalto con un’impresa non idonea e non affidabile. Tanto soprattutto quando, come nella specie, l’omissione dichiarativa si è connotata da ‘dolo specifico’, perché, diversamente da quanto ha sostenuto l’appellante, è stato certamente utile tacere dei precedenti penali a carico, al fine di ‘influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante’ (art. 98, comma 3, lett. b) d.lgs. n. 36 del 2023).

10.2. Il Collegio osserva che effettivamente secondo una prima lettura del d.lgs. n. 36 del 2023 la struttura della disciplina del grave illecito professionale appare chiusa e limitativa della discrezionalità valutativa della stazione appaltante, tuttavia, tale rigida impostazione, a distanza di quasi due anni dalla novella legislativa, deve essere rivista anche a seguito della recente introduzione di cause di esclusione extra – codicistiche: come quella introdotta dal decreto – legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito con modificazioni dalla legge n. 56 del 2024 (esclusione automatica per sei mesi per le imprese che operano senza possesso della patente a crediti o documento equipollente), e quella prevista dall’art. 3, comma 6, del decreto – legge 7 giugno 2024, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge 7 giugno 2024, n. 107, la quale stabilisce che costituisce grave illecito professionale qualsiasi inadempimento contrattuale dei soggetti affidatari dello sviluppo del Centro Unico di Prenotazione regionale (CUP).

Queste ultime disposizioni introducono nuove fattispecie di esclusione extra – codicistiche che contengono elementi costitutivi molto ampi e, quindi, necessariamente rimessi ad una valutazione discrezionale della stazione appaltante.

Ne consegue che l’interprete, anche in ragione della recente evoluzione normativa, e soprattutto, come vedremo, degli ultimi arresti giurisprudenziali, è onerato del compito di riflettere sulla iniziale rigida impostazione dell’istituto, in fattispecie in cui l’illecito professionale assume connotati di tale gravità nel dialogo negoziale, pur non rientranti nelle ipotesi tassativamente codificate dal Legislatore, che, se non rilevato, può condurre alla violazione dei principi generali del nuovo codice (art. 1, 2, 5 del d.lgs. n. 36 del 2023), a cui ogni gara pubblica deve necessariamente ispirarsi.

10.3. Un ulteriore argomento depone a supporto dell’interpretazione offerta dal Collegio di prima istanza, il quale ha ricondotto la fattispecie in esame alla clausola ‘generale’ di cui all’art. 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36 del 2023 secondo una interpretazione ispirata ai suddetti principi.

Invero, per il completo inquadramento interpretativo della vicenda processuale, occorre osservare come i primi approdi giurisprudenziali sull’interpretazione del nuovo codice hanno affermato che la valutazione di affidabilità dell’operatore deve essere necessariamente apprezzata alla luce della specifica procedura, dell’oggetto, delle condizioni e del luogo di esecuzione della commessa.

In particolare, è stato rilevato che: “Nel valutare un grave errore professionale che potrebbe portare all’esclusione di un concorrente dalla gara, la stazione appaltante deve condurre una complessa analisi articolata su due livelli. Inizialmente, è necessario valutare se il comportamento passato dell’operatore economico possa compromettere la sua affidabilità e integrità nei rapporti con l’Amministrazione. Una volta confermata la qualificazione negativa di detto operatore in base alla sua condotta pregressa, la stazione appaltante deve verificare se tale giudizio sfavorevole possa essere previsto anche in relazione alla procedura di gara in questione” (Cons. Stato, n. 2370 del 2024).

Nel caso in esame, la valutazione di inaffidabilità complessivamente espressa dall’amministrazione non può ritenersi irragionevole o illogica nel quadro degli spazi di discrezionalità ad essa rimessi, tenuto conto che “il reato di estorsione, insieme agli altri ad esso connessi, è stato contestato in relazione ad un servizio espletato per conto del Comune di Otranto”, pertanto non è possibile “stipulare un contratto con un operatore economico sulla cui professionalità si dubita, tanto da contrapporsi in un processo penale”, nel quale lo stesso Ente municipale si è costituito parte civile.

Va, inoltre, tenuto conto del fatto che il Legislatore ha inteso ampliare il sindacato interpretativo della stazione appaltante, atteso che: “Il principio della fiducia, introdotto dall’art. 2 del d.lgs. n. 36/2023 esalta l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici e afferma che ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare. Quindi, l’amministrazione non può compiere scelte discrezionali che tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, invece, dovrebbero tendere al suo miglior soddisfacimento. In tal modo, non solo nel rispetto della legalità formale, ma che nell’ottica della selezione che è finalizzata al compimento di un’opera pubblica (o ad acquisire servizi o forniture) il più rispondente agli interessi della collettività. Pertanto, la citata norma di cui all’art. 2 del d.lgs. 36/2023 amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile. Il giudice non deve decidere se l’operatore economico abbia ragione o torto nel merito delle singole vicende, bensì valutare se la condotta dello stesso operatore sia riconducibile alla nozione di grave illecito professionale. La valutazione di tale illecito, al fine dell’esclusione dalla gara del soggetto privato, è totalmente attribuita alla discrezionalità della stazione appaltante. Pertanto, anche in base a quanto disposto dall’art. 4 del codice degli appalti, il quale afferma che <le disposizioni del codice di interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1, 2, e 3> non può che concludersi nel senso che esce rafforzata l’autonomia decisionale dell’ente. In particolare, in relazione all’esercizio del potere di esclusione dell’operatore economico per inaffidabilità che urta, inevitabilmente proprio contro il rapporto di fiducia che deve necessariamente essere presente tra stazione appaltante e appaltatore” (Cons. Stato, n. 4635 del 2025).

In relazione al sindacato giurisdizionale sulla valutazione di inaffidabilità, si è anche di recente ribadito che: “è la stazione appaltante a fissare il punto di rottura dell’affidamento nel pregresso o futuro contraente perché è ad essa che è rimesso il potere di apprezzamento delle condotte dell’operatore economico che possono integrare un grave illecito professionale” (Cons. Stato, n. 1804 del 2024).

10.4. Un ulteriore rilievo appare decisivo.

L’intero sistema dei contratti pubblici si ispira al principio della ‘buona fede’, espressamente codificato dall’art. 5 del d.lgs. n. 36 del 2023; una disposizione che, mediante il ricorso alle categorie dell’affidamento e della buona fede precontrattuale, si preoccupa di distribuire i rischi dell’invalidità degli atti del procedimento di evidenza pubblica, collegandoli ad oneri informativi.

Nelle trattive precontrattuali il comportamento contrario a buona fede, cioè sleale o scorretto, dà luogo a responsabilità (art. 1337 c.c.), e può pregiudicare la validità del consenso prestato dall’Amministrazione alla stipula di un negozio, con la conseguenza che il principio di buona fede consente di riconoscere, a carico delle parti, doveri di comportamento ulteriori rispetto a quelli tipizzati, anche se molti obblighi derivanti dall’applicazione di questo principio sono stati tipizzati dal legislatore.

La diffusione di informazioni inesatte o l’omissione di informazioni che non possano consentire all’Amministrazione di valutare adeguatamente la scelta di contrarre o meno con un operatore economico, sono comportamenti contrari al principio di buona fede codificato dal codice dei contratti.

Questo Consiglio di Stato ha, in più occasioni, valorizzato il dovere di buona fede nel rapporto che si instaura tra soggetto pubblico e parte privata nelle gare di appalto, stabilendo che: “il comportamento di entrambi deve essere realizzato in funzione della reciproca e leale collaborazione, così come sancito dalla legge 241/1990 e, recentemente, dal d.lgs. 36/2023. In questo modo viene a configurarsi un nuovo rapporto di tipo orizzontale tra i partecipanti alla selezione. Ciò comporta che mentre l’amministrazione deve esercitare a favore dell’operatore economico una funzione di protezione o, secondo parte della giurisprudenza e della dottrina, la stessa è tenuta ad obblighi connessi a diritti soggettivi, il cives va incontro ad una più accentuata responsabilizzazione, che deve essere presente nel corso del procedimento e del processo” (Cons. Stato, n. 10744 del 2023).

In ottemperanza al dovere di buona fede, il privato è tenuto a fornire all’Amministrazione ogni elemento potenzialmente rilevante ai fini della valutazione della sua affidabilità (Adunanza Plenaria, sentenza n. 16 del 2020). Gli obblighi informativi sanciti dagli artt. 1337 e 1338 c.c. hanno per oggetto elementi rilevanti in funzione degli illeciti professionali di cui la stazione appaltante dovrà poi valutare la gravità e la rilevanza rispetto al giudizio di integrità e affidabilità.

10.5. Da siffatti rilievi, appare agevole ritenere che il comportamento posto in essere dalla Ditta -OMISSIS- nella procedura di gara indetta dal Comune di Otranto è stato contrario a buona fede (artt. 1337 e 1338 c.c.), secondo i contenuti espressi dall’art. 5 del d.lgs. n. 36 del 2023, con la conseguenza che è stato pregiudicato il dialogo procedimentale tra l’impresa e l’Amministrazione pubblica, e fortemente lesa la valutazione dell’integrità e dell’affidabilità del predetto operatore economico.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 11/09/2025 di Roberto Donati

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