FOCUS: “La revisione dei prezzi nei contratti pubblici tra discrezionalità tecnica e stabilità negoziale”

Introduzione
La sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, 12 giugno 2025, n. 5089, interviene sull’istituto della revisione dei prezzi ex art. 115 del d.lgs. 163 del 2006, chiarendo presupposti, limiti e natura del potere amministrativo.
Il Collegio affronta, in particolare, il dies a quo di efficacia della clausola revisionale, la distinzione tra proroga e rinnovo contrattuale, il ruolo dell’indice FOI come criterio ordinario e il rapporto tra rinegoziazione del corrispettivo e inapplicabilità di automatismi.
È confermata la natura non automatica della revisione e il necessario ancoraggio a un’istruttoria tecnica interna fondata su dati oggettivi.
I fatti di causa
Un operatore economico ha impugnato le note con cui l’amministrazione committente ha riconosciuto solo in parte gli importi richiesti a titolo di revisione per un contratto di fornitura stipulato nel 2011, chiedendo il riconoscimento di ulteriori somme e degli interessi moratori ai sensi del d.lgs. 231 del 2002.
Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso, escludendo vizi del contraddittorio e dell’istruttoria.
In appello l’operatore ha contestato la mancata attivazione di un procedimento in contraddittorio, l’individuazione del dies a quo nella data di stipula anziché nel primo ordine di fornitura emesso in via anticipata e le modalità di calcolo, sostenendo che la base dovesse essere l’importo contrattuale complessivo.
L’amministrazione ha eccepito l’assenza di un obbligo legale di contraddittorio e l’inapplicabilità della revisione prima della stipula, evidenziando inoltre che successive determinazioni sul prezzo avevano dato luogo a rinegoziazioni qualificabili come rinnovi.
Il dies a quo della revisione: esclusione delle forniture anteriori alla stipula
Il Consiglio di Stato ha ribadito che la clausola revisionale produce effetti solo ex nunc, dalla stipula del contratto. Non è quindi possibile estendere la revisione a forniture rese in via anticipata, ancorché in esecuzione di ordini d’urgenza seguiti da fatturazione.
La motivazione chiarisce che la revisione presuppone la fissazione delle prestazioni contrattuali nel sinallagma negoziale; non può operare in un periodo anteriore, ancora collocato nella fase precontrattuale. Questa conclusione si inserisce nel solco della giurisprudenza che nega ogni retroattività della clausola (Cons. Stato, Sez. III, 2 maggio 2019, n. 2841).
La distinzione tra proroga e rinnovo contrattuale
Altro passaggio decisivo della pronuncia è rappresentato dalla qualificazione delle delibere con cui l’Azienda aveva modificato i prezzi.
Il Collegio, richiamando un orientamento consolidato (Cons. Stato, Sez. III, 22 gennaio 2016, n. 209; Sez. V, 16 giugno 2020, n. 3874), ha affermato che:
- la proroga costituisce mero slittamento temporale del termine del contratto alle condizioni originarie e consente l’applicazione della revisione;
- il rinnovo, anche solo sul piano del prezzo, dà vita ad un nuovo rapporto negoziale, sottratto alla revisione.
Nel caso di specie, la modifica del corrispettivo è stata considerata elemento di novità, sufficiente a qualificare le intese come rinnovi contrattuali e ad escludere l’attivazione della clausola revisionale.
Il parametro FOI come criterio legale ordinario
Sul piano metodologico, il Consiglio di Stato ha riaffermato la centralità dell’indice FOI (Famiglie di Operai e Impiegati) quale criterio legale per la determinazione del compenso revisionale.
La sua derogabilità è ammessa solo in presenza di circostanze eccezionali rigorosamente provate dall’appaltatore. Nel caso concreto, l’appellante non aveva fornito alcuna prova specifica, rendendo infondata la richiesta di un calcolo basato su parametri differenti (Cons. Stato, Sez. V, 28 febbraio 2023, n. 2096).
Gli interessi moratori e il principio di specificità
Il Collegio ha dichiarato inammissibile la domanda relativa agli interessi moratori ai sensi del d.lgs. n. 231/2002, per violazione dell’art. 101 c.p.a.
L’appellante non aveva infatti riproposto la censura come specifico motivo di gravame, impedendo al giudice d’appello di esaminarla.
La pronuncia conferma il rigore con cui viene applicato il principio di specificità dei motivi, volto a delimitare il thema decidendum e ad evitare derive espansive del giudizio.
Considerazioni conclusive
La decisione n. 5089/2025 ribadisce alcuni punti fermi:
- la revisione dei prezzi non opera automaticamente, ma richiede un’istruttoria tecnica interna fondata su dati oggettivi;
- la clausola ha efficacia solo dalla stipula del contratto e non si estende ad attività precontrattuali o forniture anticipate;
- la distinzione tra proroga e rinnovo si fonda sulla novità delle condizioni economiche: la sola modifica del prezzo è sufficiente a configurare un rinnovo, che esclude la revisione;
- il parametro FOI resta il criterio legale di riferimento, derogabile solo a fronte di prova rigorosa;
- la posizione dell’operatore economico è di interesse legittimo nella fase di attivazione della revisione, con possibilità di tutela solo contro vizi istruttori o di calcolo.
La sentenza si colloca in continuità con la giurisprudenza più recente, confermando la funzione equilibratrice dell’istituto, tesa a contemperare l’interesse pubblico alla stabilità dei rapporti e quello del privato a non subire eccessivi squilibri contrattuali.
A cura della Redazione di TuttoGare PA del 11/09/2025

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