Il nuovo CCNL giustifica il riequilibrio del contratto (anche con variante)

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E’ vero che la sentenza giunge al culmine di anni di battaglie legali, e dunque va collocata all’interno di valutazioni che tengono conto dell’impatto del contenzioso sul contratto di appalto (bandito in vigenza del vecchio 50), però merita di essere segnalata perché si afferma un principio che, ad oggi, risulta essere quantomeno controverso.

Quello secondo cui i “nuovi” contratti collettivi nazionali di lavoro possono giustificare il riequilibrio del contratto, con varianti in corso di esecuzione, in particolare nei contratti di durata.

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Vedasi infatti la posizione di Consiglio di Stato Sez. III,1309/2016 [1] e Consiglio di Stato, Sez. III, 6237/2018 [2] secondo cui l’approvazione di un nuovo CCNL non rappresenta una circostanza eccezionale.

Per questo merita segnalazione Tar Campania, Napoli, Sez. I. 13/06/2024, n. 3735 che stabilisce:

3.2. In tale ottica, la preoccupazione manifestata dalla ricorrente in ordine all’attuale insostenibilità dell’offerta non ha ragion d’essere, essendo i nuovi livelli retributivi “sicuramente applicabili alla futura esecuzione del contratto da affidare” (Cons. Stato, n. 6652/2023, cit.).

Da ciò discende che, da un canto, occorrerà assicurare l’adeguamento dei livelli retributivi e, d’altro canto, la censurata mancanza non si riverbera in vizio dell’aggiudicazione.

Va premesso che all’adeguamento si sarebbe dovuto far fronte anche qualora il procedimento amministrativo non avesse subito la stasi prodotta dal contenzioso instaurato e, avviato il rapporto sulla base dei costi della manodopera stimati, si fosse posto l’obbligo di applicare i nuovi livelli salariali.

Questo aspetto concerne il tema del riequilibrio del contratto di appalto, che trova corrispondenza nelle previsioni del codice che consentono la modifica dei corrispettivi.

In particolare, l’art. 106 del d.lgs. n. 50/2016 stabilisce che i contratti di appalto possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento, ove la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste o imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice, tra le quali “la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti” (co. 1, lett. c), n. 2).

È da ritenersi che in quest’ambito vi debbano rientrare i contratti collettivi nazionali di lavoro, in ragione della loro inderogabilità e per la natura che rivestono (dall’art. 2 del d.lgs. n. 40/2006 che, modificando l’art. 360 c.p.c., ammette al n. 3 il ricorso per cassazione per violazione di norme dei contratti accordi collettivi nazionali di lavoro, la dottrina giuslavoristica ne ha finanche desunto la riconducibilità alle fonti di diritto).

In conclusione, la questione prospettata dalla ricorrente rientra tra i rimedi manutentivi del contratto, di tal che non può essere predicata l’illegittimità dell’aggiudicazione.

La giurisprudenza ha evidenziato che, anche prima della stipula del contratto, possa addivenirsi alle modifiche necessitate da particolari circostanze (cfr. TAR Piemonte – sez. II, 20/2/2023 n. 180: “la legislazione in materia di appalti pubblici è sì ispirata al rispetto del principio di tutela della concorrenza e parità di trattamento, ma è anche informata ai criteri di efficacia ed economicità che, in presenza di particolari circostanze, possono condurre alla rinegoziazione delle condizioni contrattuali sia in corso d’esecuzione che prima della stipula del contratto (Cons. Stato, sez. V, 11.04.2022, sent. n. 2709). Costituisce oramai consolidato principio quello secondo il quale l’immodificabilità del contratto non ha carattere assoluto e le variazioni contrattuali non violano sempre e comunque i principi fondamentali in materia di evidenza pubblica (cfr. Corte di Giustizia UE, sez. VIII, nella sentenza del 7 settembre 2016, in C. 549-14)”).

Per inciso, va osservato che il riequilibrio contrattuale costituisce oggi principio espressamente affermato nel nuovo codice dei contratti pubblici (art. 9 del d.lgs. n. 36/2023).

[1] 9.1. Non basta certo all’appellante richiamare, infatti, l’aumento del costo degli aeromobili o del costo del lavoro, in questo specifico settore, per sostenere che dovrebbe applicarsi un indice diverso dal FOI, quale il NIC, capace di “riequilibrare” il sinallagma funzionale del contratto, poiché il compenso revisionale può essere riconosciuto, in misura superiore a quello del FOI, solo in presenza di circostanze eccezionali, quali eventi straordinari e imprevedibili, che esulano dalla normale dinamica di un rapporto contrattuale di durata.

9.2. Anche prescindendo dal rilievo che la l’applicazione del NIC è stata esclusa da questo Consiglio con la sentenza della Sezione V, 23.4.2014, n. 2052, come è ben noto all’odierna appellante, l’aumento del costo degli aeromobili e del costo del lavoro, infatti, sono eventi ordinari e ordinariamente prevedibili da un’impresa qualificata del settore specifico,……….

[2] La ricorrente ritiene che il nuovo Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL) delle cooperative sociali, subentrato nel 2008, aumenti il costo dei dipendenti e, conseguentemente, degli oneri previdenziali; ragione che giustificherebbe la revisione del prezzo dell’appalto e condurrebbe a discostarsi, nel computo delle somme, dagli indici ISTAT.

Peraltro, ad avviso del Collegio, il nuovo CCNL non costituisce una circostanza eccezionale, ed inoltre tale contratto collettivo è stato stipulato nel 2008, quindi era conoscibile al momento della stipula del contratto di appalto e, come tale, costituiva una circostanza prevedibile, essendo quindi inidoneo al fine di giustificare una deroga dal limite dell’indice ISTAT. Neppure il quarto ed ultimo motivo, dunque, risulta fondato.

 

A cura di giurisprudenzappalti.it del 13/06/2024 di Roberto Donati

 

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