Il meccanismo revisionale disciplinato dal nuovo Codice non assume la funzione di eliminare completamente l’alea di un contratto di durata

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Il meccanismo revisionale disciplinato dal nuovo Codice dei contratti pubblici non assume la funzione di eliminare completamente l’alea tipica (rectius normale arg. ex art. 1467 c.c.) di un contratto di durata, la quale costituisce oggetto di specifico apprezzamento da parte dei concorrenti al momento della formulazione dell’offerta economica.

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Per cui, se indubbiamente il meccanismo in esame deve prevedere la correzione dell’importo previsto ab origine in esito al confronto comparativo – per prevenire il pericolo della compromissione del sinallagma contrattuale – il riequilibrio non può risolversi in un automatismo perfettamente ancorato ad ogni variazione dei costi delle materie prime o della componentistica. Una simile estensione ne snaturerebbe le finalità, trasformandolo in una clausola di indicizzazione.

Questo quanto stabilito da Tar Lombardia, Brescia, Sez. II, 13/05/2025, n. 413:

7. Il ricorso è infondato.

7.1. In punto di diritto vanno svolte talune considerazioni generali.

7.2. Nei contratti di appalto di diritto comune, l’art. 1664 comma 1 c.c. prevede una puntuale disciplina delle sopravvenienze di fatto che incidono sul sinallagma contrattuale alterandone l’equilibrio giuridico-economico stabilito inizialmente dalle parti.

È infatti previsto che, qualora per effetto di circostanze eccezionali e imprevedibili, si determini un aumento del prezzo superiore al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente possano chiedere una revisione del prezzo medesimo; tale revisione può essere accordata esclusivamente per quella differenza che eccede il decimo.

I contratti c.d. commutativi, come il contratto di appalto, sono retti dal principio di corrispettività fra prestazione e controprestazione (c.d. equilibrio sinallagmatico). Tale equilibrio deve accompagnare il rapporto contrattuale per tutta la sua durata, distinguendosi tra sinallagma genetico (così identificandosi l’equilibrio delle prestazioni come individuato in sede di stipulazione del contratto) e sinallagma funzionale (ossi l’equilibrio che viene in rilievo nella fase esecutiva del contratto).

7.3. Il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale è oggi previsto dall’art. 9 del d.lgs. 36/2023 (nuovo Codice dei contratti pubblici), tra i principi generali riguardanti l’intera materia dei contratti pubblici.

Al comma 1, l’art. 9, nel prevedere un generale rimedio manutentivo per le ipotesi di sopravvenuto difetto funzionale del sinallagma contrattuale, reca testualmente “Se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali. Gli oneri per la rinegoziazione sono riconosciuti all’esecutore a valere sulle somme a disposizione indicate nel quadro economico dell’intervento, alle voci imprevisti e accantonamenti e, se necessario, anche utilizzando le economie da ribasso d’asta”.

Il principio trova attuazione negli artt. 60 e 120, che regolano la revisione dei prezzi e la modifica dei contratti in caso di eventi che incidano significativamente sull’equilibrio economico originario.

Questi strumenti previsti dalla legge per la gestione delle sopravvenienze si affiancano ai meccanismi demandati all’autonomia negoziale di adeguamento del contratto in chiave manutentiva, tra i quali rientrano, in via generale, le cd. clausole di rinegoziazione, e come species del genus le cd. clausole di indicizzazione o di revisione prezzo.

7.4. Per quanto maggiormente di interesse nel caso in esame, viene in rilievo l’istituto della revisione dei prezzi, che consente il riequilibrio del sinallagma contrattuale assicurando continuità al contratto in corso di esecuzione senza azzerare il rischio di impresa.

La ratio di tale istituto è quella di garantire l’interesse pubblico alla perdurante qualità delle prestazioni contrattuali evitando che il corrispettivo subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo, tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto. Allo stesso tempo, peraltro, l’istituto tutela anche l’interesse dell’impresa a non subire alterazioni dell’equilibrio contrattuale per l’incremento dei costi sopravvenuto durante l’arco del rapporto, che potrebbe indurla ad una surrettizia riduzione degli standards qualitativi delle prestazioni (cfr. Cons. di Stato, Sez. III, 5 marzo 2018, n. 1337; Consiglio di Stato, Sez. III, 4 marzo 2015, n. 1074; in termini: Consiglio di Stato, Sez. III, 19 luglio 2011, n. 4362; Consiglio di Stato, Sez. V, 14 maggio 2010 n. 3019; Consiglio di Stato, Sez. V, 26 agosto 2010 n. 5954; Consiglio di Stato, Sez. V, 6 settembre 2007, n. 4679).

L’obiettivo della revisione dei prezzi è quindi quello di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse (incidente sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell’offerta), e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015 n. 2295; Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2008 n. 3994; Cons. di Stato, Sez. III, 20 agosto 2018, n. 4985).

7.5. Risulta opportuno evidenziare che il meccanismo revisionale disciplinato dal nuovo Codice dei contratti pubblici non assume la funzione di eliminare completamente l’alea tipica (rectius normale arg. ex art. 1467 c.c.) di un contratto di durata, la quale costituisce oggetto di specifico apprezzamento da parte dei concorrenti al momento della formulazione dell’offerta economica.

Invero, se indubbiamente il meccanismo in esame deve prevedere la correzione dell’importo previsto ab origine in esito al confronto comparativo – per prevenire il pericolo della compromissione del sinallagma contrattuale – il riequilibrio non può risolversi in un automatismo perfettamente ancorato ad ogni variazione dei costi delle materie prime o della componentistica. Una simile estensione ne snaturerebbe le finalità, trasformandolo in una clausola di indicizzazione (T.A.R. Lombardia, sez. di Brescia, sez. II, 20 aprile 2012, n. 674).

7.6. Costituisce principio generale che, nell’ambito dei contratti pubblici, la revisione opera esclusivamente in fase di esecuzione del contratto, quale rimedio al sopravvenuto squilibrio del sinallagma funzionale, e non nella fase antecedente alla stipula, dove invece le parti possono ancora incidere sul sinallagma in virtù del principio di autonomia negoziale, sia pure nel rispetto delle formalità della gara.

Pertanto, il meccanismo non può essere utilizzato dall’operatore economico aggiudicatario per revisionare i prezzi dallo stesso formulati in sede di offerta, in quanto, “così come nel corso del rapporto contrattuale l’impresa appaltatrice è tutelata, in caso di un esorbitante aumento dei costi del servizio, dall’istituto della revisione del prezzo ovvero dalla possibilità di esperire i rimedi civilistici di risoluzione del vincolo sinallagmatico, nel diverso caso in cui l’evento imprevisto e imprevedibile si verifichi prima della stipulazione del contratto, l’impresa aggiudicataria è tutelata con la possibilità di rifiutare la sottoscrizione del contratto, una volta cessata la vincolatività della propria offerta” (TAR Lombardia, Brescia Sez. I, 10 marzo 2022, n. 239).

A cura di giurisprudenzappalti.it del 13/05/2025 di Roberto Donati

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