Correttivo Codice appalti, Brancaccio: impostazione condivisibile ma serve assicurare concorrenza e una revisione prezzi efficace

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Si è svolta il 6 agosto l’audizione dell’ANCE presso la Commissione Ambiente della Camera nell’ambito della discussione congiunta delle risoluzioni 7-00220 (prima firmataria l’On. Erica Mazzetti del Gruppo FI); 7-00229 (primo firmatario l’On. Franco Manes del Gruppo Misto-minoranze linguistiche); 7-00234 (primo firmatario l’On Agostino Santillo del Gruppo M5S); 7-00247 (primo firmatario l’On. Massimo Milani del Gruppo FdI) recanti iniziative normative volte ad apportare modifiche al Codice dei contratti pubblici, concernenti lo svolgimento delle procedure di affidamento, la revisione dei prezzi e l’esecuzione degli appalti.

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La Presidente Brancaccio ha evidenziato in premessa che il Codice 36/2023 ha come obiettivo principale lo snellimento delle procedure e la semplificazione amministrativa, allo scopo di garantire la realizzazione di opere pubbliche di qualità, nel minor tempo possibile. L’impostazione generale, ispirata alla logica del “fare bene e fare presto”, appare senz’altro condivisibile.

I principi del risultato, della fiducia, dell’equilibrio contrattuale, dell’apertura del mercato alla concorrenza, nonché, quello della qualificazione delle SA, la spinta verso la digitalizzazione, sono tutte innovazioni di importanza strategica.

Tali principi si devono, tuttavia, tradurre in cantieri e poi in opere fruibili dai cittadini e, a tal fine, occorre renderli pienamente coerenti con le ulteriori disposizioni di cui si compone il Codice, affinando se del caso, le parti non del tutto allineate.

Uno dei più importanti principi è, ad esempio, quello dell’accesso al mercato degli operatori economici.

In ragione di ciò, suscita anzitutto perplessità la scelta di istituzionalizzare, fino alla soglia comunitaria, l’utilizzo delle procedure negoziate senza bando.

Seppur l’intento sia quello di favorire la massima velocità nell’aggiudicazione dei contratti, tuttavia, si tratta di una soglia eccessivamente elevata, che rischia di produrre un effetto inverso a quello auspicato, limitando la trasparenza, la pubblicità e la concorrenza. 

È senz’altro apprezzato che, per i lavori sopra 1 mln di euro, le SA potranno ricorrere liberamente anche alle procedure concorrenziali. 

Ma è necessario fare di più.

Per gli affidamenti sopra la soglia dei 2/3 milioni di euro, è fondamentale ripristinare l’obbligo di procedure aperte e concorrenziali.

Sempre sotto il profilo dell’accesso al mercato, appare non del tutto coerente la scelta di ampliare ulteriormente l’autonomia dei settori speciali, dal momento che rappresentano il 36% del mercato.

Il mercato, infatti, ha bisogno di omogeneità e certezza del diritto per ben operare e crescere.

Non appare altresì condivisibile che chi abbia ottenuto le concessioni “senza gara” non abbia poi alcun obbligo di recuperare questo gap concorrenziale “a valle”, ove operi nei settori speciali.

In tal modo, è a rischio concorrenza il 50% del mercato.

È necessario trovare una soluzione in grado di coniugare risultato e concorrenza, efficacia del processo e apertura del mercato a tutte le imprese in grado di competere.

Inoltre, il principio del risultato, che presuppone che l’opera pubblica venga aggiudicata a chi è in grado di assicurare il miglior rapporto qualità-prezzo, mal si concilia con l’avvenuta eliminazione del tetto massimo al punteggio da attribuire al prezzo in sede di offerta economicamente più vantaggiosa.

Così facendo, si finisce per reintrodurre, di fatto, il massimo ribasso che ANCE ha sempre fortemente combattuto, perché impedisce la presentazione di offerte serie e ben ponderate, dando luogo a spirali ribassiste che, da tempo, hanno dimostrato di non essere funzionali ad una esecuzione a regola d’arte dei lavori. 

Altra criticità attiene al tema dell’anticipazione nei contratti pluriennali, dove la corresponsione anno per anno, rapportata all’importo di ciascun anno contabile, come indicato nella Relazione di accompagnamento al Codice, è da riferirsi esclusivamente agli appalti di servizi e forniture pluriennali, e non ai lavori.

Infatti, correlare l’erogazione della stessa ai pagamenti dei lavori da effettuare nella sola prima annualità avrebbe l’effetto di frustrare il principio del risultato, poiché, di fatto, comporterebbe la corresponsione in una misura del tutto insufficiente a coprire l’importo necessario ad avviare il cantiere.

La scelta, inoltre, di non prevedere l’applicazione obbligatoria di tale istituto per i contratti affidati nei settori speciali, genera una immotivata disparità di trattamento per gli operatori economici aggiudicatari di contratti in tali settori, che non potranno beneficiare delle somme necessarie per fare fronte alle spese per l’avvio del cantiere, con il rischio di aggravare la crisi di liquidità in cui versano le imprese in tale momento storico.

Ancora. Il Codice si concentra molto sulla fase di gara, da svolgersi in tempi record, dedicando invece poche norme alla fase esecutiva (14 articoli su 229), che invece risulta fondamentale poiché rende possibile passare dal progetto alla sua realizzazione, dando concretezza al principio del risultato che, oggi, permea il nuovo Codice.

Vieppiù, talune delle norme dedicate a tale fase restano oscure, come lo erano nel Codice n. 50/2016. Si pensi, ad esempio, alla normativa sulle varianti: il nuovo Codice riproduce pressoché interamente il contenuto dell’articolo 106 del D.lgs. n. 50/2016, il quale, però, ha rappresentato una delle norme più complesse e di difficile attuazione dell’intero Codice, al punto da rendere assai difficile l’operatività di tale istituto.

Occorre poi dare una concreta e compiuta attuazione al principio della fiducia.

La figura dell’illecito professionale, che senza dubbio appare migliorata, dovrebbe tuttavia essere ricondotta entro confini più precisi, circoscrivendo le fattispecie rilevanti e superando, ai fini della rilevanza, le misure cautelari e il rinvio a giudizio per tutti i reati, attestandosi sempre sulla pronuncia almeno di primo grado.

Infine, uno dei principi più importanti e innovativi del nuovo Codice è quello teso a garantire la conservazione dell’equilibrio contrattuale.

Sotto tale aspetto, positivo è il ritorno dell’istituto della revisione prezzi, presente in tutte le migliori legislazioni europee ed internazionali, la cui assenza, invero, ha determinato il rischio di un vero e proprio blocco del settore, se non fossero intervenute le misure emergenziali predisposte dal Governo negli ultimi anni.

Tale meccanismo si attiva al verificarsi di una variazione del costo dell’opera, in aumento o in diminuzione, superiore al 5% dell’importo complessivo, operando nella misura dell’80 per cento della variazione stessa.

Ora, affinché lo stesso sia realmente efficace, occorre chiarire che il 5% costituisce unicamente la soglia di attivazione del meccanismo revisionale, mentre l’80% da liquidare va calcolato rispetto all’intera variazione intervenuta, e non solo alla parte eccedente il 5%.

In ogni caso, tale principio presuppone, “a monte” che i progetti messi in gara siano basati su prezzi aderenti agli effetti valori di mercato.

Con riferimento poi al tema delle opere di urbanizzazione a scomputo, occorre mantenere l’attuale sistema che, nei casi in cui si ricada nell’applicazione della normativa del codice appalti, lasci ai privati di svolgere agevolmente la gestione della gara. Per questo è necessario prevedere delle modalità specifiche e semplificate di accreditamento nell’ambito del procedimento digitale di acquisizione della CIG.

Quanto al “principio di equivalenza delle tutele” di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 36/2024, occorre chiarire che nel settore edile tale principio sussiste esclusivamente tra i contratti collettivi nazionali e territoriali di categoria stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, così come rilevato anche nella Risoluzione n. 7-00247.

Infine, sarebbe opportuno – superata la logica transitoria degli allegati al Codice – ritornare ad avere un Regolamento attuativo dedicato ai lavori pubblici, distinto da quello per i servizi e le forniture, così da accompagnare i RUP e i DL nell’applicazione del Codice.

Un vero e proprio Manuale operativo che agevoli ed aiuti le stazioni appaltanti nell’ordinata conduzione del processo di realizzazione delle opere.

Fonte: ANCE 07/08/2024

 

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