Rinvio a giudizio per violazione della normativa sulla sicurezza del lavoro: nessun automatismo espulsivo!
La ricorrente impugna l’aggiudicazione sostenendo, tra i vari motivi di ricorso, come la migliore offerta dovesse essere esclusa in forza del procedimento penale in corso a carico del suo procuratore.
Il procuratore, infatti, è stato rinviato a giudizio per un reato compiuto in violazione della normativa sulla sicurezza del lavoro (omicidio colposo in seguito alla morte di un operaio sul luogo di lavoro). Ma siamo alla fase del rinvio a giudizio, non c’è alcuna condanna definitiva.
La relazione istruttoria della stazione appaltante ha argomentato in modo dettagliato sulla pendenza del rinvio a giudizio e sul fatto che l’esistenza del procedimento penale non possa configurare, in concreto, un grave illecito professionale.
Tar Sardegna, Sez. II, 26/01/2021, n. 42 respinge il ricorso con le seguenti motivazioni:
E’ noto che spetta alla stazione appaltante, nell’esercizio di ampia discrezionalità, apprezzare autonomamente le pregresse vicende professionali dell’operatore economico, perché essa sola può fissare il punto di rottura dell’affidamento nel pregresso o futuro contraente.
Facciamo il punto della situazione.
In tema di dichiarazioni sostitutive rese in sede di gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, occorre distinguere tra le dichiarazioni omesse, reticenti e false, rilevando che v’è omessa dichiarazione quando l’operatore economico non riferisce di alcuna pregressa condotta professionale qualificabile come ‘grave illecito professionale’; v’è dichiarazione reticente quando le pregresse vicende sono solo accennate senza la dettagliata descrizione necessaria alla stazione appaltante per poter compiutamente apprezzarne il disvalore nell’ottica dell’affidabilità del concorrente. Infine, la falsa dichiarazione consiste in una immutatio veri; ricorre, cioè, se l’operatore rappresenta una circostanza di fatto diversa dal vero.
La falsità di informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lettera c-bis) dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50; essa soggiace a un regime in forza del quale la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo. Il medesimo regime vale poi per l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico.
Una volta che sia stata ravvisata una condotta dichiarativa a carattere omissivo, reticente o falso, ex art. 80, comma 5, lett. c-bis, d.lgs. n. 50 del 2016 non rilevata dall’amministrazione in corso di gara, il giudice non può statuire sic et simpliciter l’esclusione del concorrente, ma deve rimettere piuttosto la relativa valutazione alla stazione appaltante.
Nelle gare di appalto, la valutazione sulla sussistenza di «gravi illeciti professionali» desumibili da «mezzi adeguati» compete all’amministrazione, la quale è chiamata all’uopo – in caso di illecito comunicativo – ad apprezzare senz’altro quella condotta dichiarativa (in termini di omissione, reticenza o mendacio) del concorrente; ma nel far ciò, non potrà esimersi dal soppesare nel merito i singoli, pregressi episodi, dei quali l’operatore si è reso protagonista, e da essi dedurre, in via definitiva, la possibilità di riporre fiducia nell’operatore economico ove si renda aggiudicatario del contratto d’appalto.
Nel caso di provvedimenti d’esclusione che si fondino su fatti oggetto di procedimento penale, gli elementi idonei a sorreggere il giudizio d’inaffidabilità o non integrità dell’impresa possono anche essere desunti dall’amministrazione da fatti penalmente rilevanti oggetto di appositi procedimenti. Ma a tale fine è necessario che l’amministrazione individui con precisione quali siano le condotte esecutive rilevanti che hanno integrato gli estremi del grave errore professionale e determinato la interruzione del rapporto fiduciario.
Per poter apprezzare in chiave escludente la pregressa condotta oggetto di procedimento penale occorre che l’amministrazione dia adeguato conto:
a) di aver effettuato una autonoma valutazione delle idonee fonti di prova;
b) di aver considerato le emergenti circostanze di fatto sotto il profilo della loro pertinenza e rilevanza in ordine all’apprezzamento di integrità morale e affidabilità professionale del concorrente (Consiglio di stato, Sez. V, 8 gennaio 2021, n. 307).
In definitiva, in base ai principi recentemente affermati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Adunanza plenaria, 28 agosto 2020, n. 16), deve escludersi un automatismo espulsivo proprio del falso dichiarativo nel caso in cui siano state fornite, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, oppure nel caso in cui siano state omesse le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione. Nelle suddette ipotesi è invece indispensabile una valutazione in concreto della stazione appaltante, come per tutte le altre ipotesi previste dalla medesima lettera c) dell’art. 80, 5° comma [ed ora articolate nelle lettere c-bis), c-ter) e c-quater), per effetto delle modifiche da ultimo introdotte dalla legge decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (T.a.r. Toscana, Sez. I, 18 gennaio 2021 n. 62).
Non è superfluo rilevare che anche la giurisprudenza più risalente aveva già affermato che l’omessa dichiarazione dei carichi pendenti non è causa di esclusione dalla gara (Consiglio di Stato sez. VI, 17 febbraio 2017, n. 726).
Nessun automatismo espulsivo, dunque, in base ad elementari principi di civiltà giuridica.
L’amministrazione ha condotto una adeguata istruttoria, ha motivato la propria decisione adeguatamente e non c’è alcuna illegittimità da rilevare.
Il terzo motivo è infondato in fatto.
L’offerta economica è stata debitamente firmata in formato CADES (documenti 7 e 8 produzioni della controinteressata).
E’ noto che una firma digitale può essere apposta in modalità diverse: modalità CAdES e modalità PAdES. Resta che la firma digitale consiste sempre nella creazione di un file associato ad un documento, creato dal software di firma in base al documento da firmare e al certificato del firmatario.
Nel caso di una firma digitale apposta con modalità CAdES, il documento firmato e il file con la firma digitale vengono inseriti insieme in una busta. La busta, che contiene il documento e il file della firma, è un file con estensione .p7m. Tutti i file firmati digitalmente con modalità CAdES hanno una seconda estensione .p7m. (ciò che è avvenuto nel caso qui esaminato).
Il ricorso è in definitiva infondato e deve essere rigettato.
A cura di giurisprudenzappalti.it del 26/01/2021 di Roberto Donati
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