Valorizzazione dei Beni Culturali e “Decreto Semplificazioni”.

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La Sentenza odierna del Consiglio di Stato risulta rilevante perché si esprime, sebbene non siano direttamente applicabili alla controversia, sulle recenti modifiche apportate dall’articolo 8 comma 7 bis del “Decreto Semplificazioni” al Decreto legislativo 22/01/2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137” ( sono stati modificati gli articoli 115 e 117 del Decreto legislativo 22/01/2004, n. 42, articoli che si riportano in nota [1]).

Ed il giudizio sulle modifiche all’articolo 117, come vedremo, non è proprio benevolo.

Andiamo con ordine.

Con le modifiche del Decreto Semplificazioni che intervengono sull’art. 115 comma 3 del Codice dei beni culturali si stabilisce che la gestione indiretta può essere attuata tramite concessione a terzi ovvero mediante l’affidamento di appalti pubblici di servizi, anche in forma congiunta e integrata.

Dunque, per le amministrazioni pubbliche, sembrano aprirsi maggiori possibilità di scelta per la valorizzazione dei beni culturali.

Anche la modifica all’art. 117 comma 3 del D.Lgs. 42/2004 appare particolarmente significativa, in quanto si stabilisce che, qualora l’affidamento dei servizi integrati abbia ad oggetto una concessione di servizi ai sensi dell’articolo 3 comma 1 lettera vv)[2] del Codice dei Contratti, l’integrazione possa essere realizzata anche indipendentemente dal rispettivo valore economico dei servizi considerati.

È comunque ammessa la stipulazione di contratti di appalto pubblico aventi ad oggetto uno o più servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico e uno o più tra i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria.

Su questo nuovo quadro normativo si inserisce la sentenza odierna del Consiglio di Stato.

La Sentenza Consiglio di Stato, Sez. V, 27/10/2020, n.6549, nell’accogliere l’appello avverso il giudizio di primo grado ( viene annullata l’intera gara e dichiarato inefficace il contratto stipulato ), in primo luogo ribadisce i principi già espressi in due recenti sentenze della medesima Sezione [3] che, nel corso del mese di luglio, sono  intervenute sulle modalità di gestione e valorizzazione dei beni culturali.

Per cui essa ribadisce in maniera netta la “centralità” della concessione nel sistema del Codice dei beni culturali, indipendentemente dal valore dei servizi affidati:

In tale contesto non è sostenibile la legittimità di una concessione integrata avente ad oggetto, come dalla tabella n. 1 dell’art. 3 del Disciplinare di gara, quale prestazione principale il servizio di biglietteria e i servizi di assistenza alla visita e quale prestazione secondaria il servizio di bookshop: il che però ha orientato la selezione verso tipologie di operatori non adeguatamente qualificati in materia di servizi aggiuntivi, vale a dire verso il preminente compito cognitivo di valorizzazione culturale, che è la ragione prima e comunque qualitativamente dominante di una tale complessa esternalizzazione.

Viene infatti, indebitamente, in tal modo operato, sul piano dei contenuti e dei requisiti di capacità dei soggetti aspiranti alla partecipazione alla gara, uno spostamento del baricentro della concessione, non compatibile con le rammentate finalità di valorizzazione culturale, cui è evidentemente estranea la stretta gestione dei servizi di biglietteria alla stregua di quanto esposto, ed anche del contenuto suo proprio, che consiste nelle «attività di emissione, distribuzione, vendita e verifica dei titoli di legittimazione all’ingresso degli istituti e luoghi della cultura […], nonché quelle di incasso e versamento degli introiti», secondo la definizione dell’art. 2, comma 1, d.m. 11 dicembre 1997, n. 507.

Contro questa praticata configurazione, la rilevanza preponderante dei servizi aggiuntivi rispetto a quello accessorio e strumentale di biglietteria è implicita anche nella lettera della norma, come mostra la circostanza che l’art. 117, comma 3, d.lgs. n. 42 del 2004 prevede come mera possibilità quella della gestione in concessione integrata: la concessione è di suo formula propria dei soli servizi aggiuntivi, sì che questi ultimi, in caso di uso di tale strumento giuridico (che è modalità di gestione finalizzata alla valorizzazione), non possono divenire né formalmente, né sostanzialmente accessori (in termini Cons. Stato, V, 7 dicembre 2017, n. 5773).

L’inversione dell’ordinario (cioè stabilito dalla norma) rapporto di accessorietà, oltre a non garantire l’efficace perseguimento della funzione della valorizzazione culturale, incide anche sul profilo causale della concessione, tramutandola sostanzialmente – per la bilateralità che diviene dominante -in un appalto. Non appare dunque condivisibile, sul piano strettamente giuridico, l’assunto delle resistenti per cui entrambi i servizi risulterebbero in modo complementare funzionali alla valorizzazione del sito: e ciò a prescindere dalla prevalenza economica del servizio di biglietteria, che si vorrebbe dire comunque orientato alla valorizzazione dei musei, richiedendosi ai concorrenti di indicare una “infrastruttura informatica di supporto”.

Successivamente però, il Consiglio di Stato si esprime anche sull’impatto delle modifiche apportate dal “Decreto Semplificazioni”, in particolare su quelle all’articolo 117, comma 3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio:

La norma, seppure non direttamente applicabile alla presente controversia ratione temporis, è invocata dalle resistenti per una pretesa portata ricognitiva: e se ne predica un’effettualità finalizzata ad ammettere l’affidamento integrato in concessione indipendentemente dal valore economico dei servizi, e dunque dalla necessità di applicare la disciplina sui contratti misti.

A bene considerare, tale opzione ermeneutica evidenzia la specialità della concessione di servizi in materia di beni culturali, idonea anche ad escludere un problema di compatibilità con i principi europei in materia di contratti pubblici; ma non ad infrangere il principio della necessaria prevalenza funzionale (non: economica) dei servizi per il pubblico rispetto a quelli complementari.

La regola non sembra posta in discussione neppure dall’affermazione della possibilità che l’integrazione tra i servizi (per il pubblico, da una parte, ed i servizi di pulizia, vigilanza, biglietteria, dall’altra parte) possa avvenire, anziché mediante la concessione, con il contratto di appalto pubblico (come analogamente introdotto all’art. 115 dello stesso d.lgs. n. 50 del 2016).

La soluzione, in ipotesi innovativa ma sistematicamente eccentrica, dell’utilizzazione dell’appalto in luogo della concessione potrebbe aprire notevoli problemi interpretativi: ma per le dette ragioni la disposizione, visto il suo carattere a tutto concedere innovativo, qui non rileva perché posteriore al caso.

Insomma, l’intervento del legislatore con una previsione tesa ad ampliare gli istituti a disposizione delle stazioni appaltanti per la valorizzazione dei beni culturali (non solo concessioni a terzi, ma anche appalti di servizi), suscita subito le perplessità dei giudici. Non si parte bene…

 


[1] Articolo 115

1.    Le attività di valorizzazione dei beni culturali di appartenenza pubblica sono gestite in forma diretta o indiretta.

2.    La gestione diretta è svolta per mezzo di strutture organizzative interne alle amministrazioni, dotate di adeguata autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile, e provviste di idoneo personale tecnico. Le amministrazioni medesime possono attuare la gestione diretta anche in forma consortile pubblica.

3.    La gestione indiretta è attuata tramite concessione a terzi ovvero mediante l’affidamento di appalti pubblici di servizi, anche in forma congiunta e integrata, da parte delle amministrazioni cui i beni pertengono o dei soggetti giuridici costituiti ai sensi dell’articolo 112, comma 5, qualora siano conferitari dei beni ai sensi del comma 7, mediante procedure di evidenza pubblica, sulla base della valutazione comparativa di specifici progetti. I privati che eventualmente partecipano ai soggetti indicati all’articolo 112, comma 5, non possono comunque essere individuati quali concessionari delle attività di valorizzazione.218

4.    Lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali ricorrono alla gestione indiretta al fine di assicurare un miglior livello di valorizzazione dei beni culturali. La scelta tra le due forme di gestione indicate ai commi 2 e 3 è attuata mediante valutazione comparativa in termini di sostenibilità economico-finanziaria e di efficacia, sulla base di obiettivi previamente definiti. La gestione in forma indiretta è attuata nel rispetto dei parametri di cui all’articolo 114, ferma restando la possibilità per le amministrazioni di progettare i servizi e i relativi contenuti, anche di dettaglio, mantenendo comunque il rischio operativo a carico del concessionario e l’equilibrio economico e finanziario della gestione.

5.    Le amministrazioni cui i beni pertengono e, ove conferitari dei beni, i soggetti giuridici costituiti ai sensi dell’articolo 112, comma 5, regolano i rapporti con i concessionari delle attività di valorizzazione mediante contratto di servizio, nel quale sono determinati, tra l’altro, i contenuti del progetto di gestione delle attività di valorizzazione ed i relativi tempi di attuazione, i livelli qualitativi delle attività da assicurare e dei servizi da erogare, nonché le professionalità degli addetti. Nel contratto di servizio sono indicati i servizi essenziali che devono essere comunque garantiti per la pubblica fruizione del bene.

6.    Nel caso in cui la concessione a terzi delle attività di valorizzazione sia attuata dai soggetti giuridici di cui all’articolo 112, comma 5, in quanto conferitari dei beni oggetto della valorizzazione, la vigilanza sul rapporto concessorio è esercitata anche dalle amministrazioni cui i beni pertengono. L’inadempimento, da parte del concessionario, degli obblighi derivanti dalla concessione e dal contratto di servizio, oltre alle conseguenze convenzionalmente stabilite, determina anche, a richiesta delle amministrazioni cui i beni pertengono, la risoluzione del rapporto concessorio e la cessazione, senza indennizzo, degli effetti del conferimento in uso dei beni.219

7.    Le amministrazioni possono partecipare al patrimonio dei soggetti di cui all’articolo 112, comma 5, anche con il conferimento in uso dei beni culturali che ad esse pertengono e che siano oggetto della valorizzazione. Al di fuori dell’ipotesi prevista al comma 6, gli effetti del conferimento si esauriscono, senza indennizzo, in tutti i casi di cessazione dalla partecipazione ai soggetti di cui al primo periodo o di estinzione dei medesimi. I beni conferiti in uso non sono assoggettati a garanzia patrimoniale specifica se non in ragione del loro controvalore economico.

8.    Alla concessione delle attività di valorizzazione può essere collegata la concessione in uso degli spazi necessari all’esercizio delle attività medesime, previamente individuati nel capitolato d’oneri. La concessione in uso perde efficacia, senza indennizzo, in qualsiasi caso di cessazione della concessione delle attività.

9.    Alle funzioni ed ai compiti derivanti dalle disposizioni del presente articolo il Ministero provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Articolo 117

1.    Negli istituti e nei luoghi della cultura indicati all’articolo 101 possono essere istituiti servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico.

2.    Rientrano tra i servizi di cui al comma 1:

a)  il servizio editoriale e di vendita riguardante i cataloghi e i sussidi catalografici, audiovisivi e informatici, ogni altro materiale informativo, e le riproduzioni di beni culturali;

b)  i servizi riguardanti beni librari e archivistici per la fornitura di riproduzioni e il recapito del prestito bibliotecario;

c)  la gestione di raccolte discografiche, di diapoteche e biblioteche museali;

d)  la gestione dei punti vendita e l’utilizzazione commerciale delle riproduzioni dei beni;

e)  i servizi di accoglienza, ivi inclusi quelli di assistenza e di intrattenimento per l’infanzia, i servizi di informazione, di guida e assistenza didattica, i centri di incontro;

f)  i servizi di caffetteria, di ristorazione, di guardaroba;

g)  l’organizzazione di mostre e manifestazioni culturali, nonché di iniziative promozionali.

3.    I servizi di cui al comma 1 possono essere gestiti in forma integrata con i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria. Qualora l’affidamento dei servizi integrati abbia ad oggetto una concessione di servizi ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera vv), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, l’integrazione può essere realizzata anche indipendentemente dal rispettivo valore economico dei servizi considerati. È ammessa la stipulazione di contratti di appalto pubblico aventi ad oggetto uno o più servizi tra quelli di cui al comma 1 e uno o più tra i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria.

4.    La gestione dei servizi medesimi è attuata nelle forme previste dall’articolo 115.

5.    I canoni di concessione dei servizi sono incassati e ripartiti ai sensi dell’articolo 110.

[2] Articolo 3 D.Lgs 50/2016 lettera vv) «concessione di servizi», un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera ll) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi;

[3] Vedasi Consiglio di Stato, Sez. V, 06/ 07/ 2020, n.4311 e Consiglio di Stato, Sez. V, 31/ 07/ 2020 n.4869.

 

A cura di giurisprudenzappalti.it del 27/10/2020 di Roberto Donati

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