Il mero accertamento del provvedimento di risoluzione per inadempimento non fa scattare automaticamente la sanzione espulsiva
Il mero accertamento del provvedimento di risoluzione per inadempimento non fa scattare la sanzione espulsiva in quanto, sebbene in astratto si possano configurare “significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto”, queste a loro volta devono essere autonomamente valutate dalla stazione appaltante ai fini dell’esercizio del potere escludente dalla specifica gara.
Lo ribadisce Tar Veneto, Sez. III, 02/12/2022, n. 1847:
2.9. Per contro il Collegio non ritiene fondato il motivo relativo alla asseritamente illegittima mancata esclusione della controinteressata, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c-ter, d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto la Cooperativa xxxx ha dato conto di aver subito una risoluzione anticipata del contratto di appalto per la <<gestione in concessione della Casa di Riposo di proprietà comunale>>.
Si tratta, infatti, di risoluzione contrattuale che, oltre ad essere stata impugnata dal RTI, trae origine, alla luce degli atti a disposizione, da un inadempimento che appare imputabile non tanto alla Cooperativa xxxx, quanto alla società yyyy, ancorché poi la risoluzione abbia coinvolto anche la predetta cooperativa.
In questo senso, quindi, si spiega la manca esclusione del RTI controinteressato, tenuto conto che <<la stazione appaltante può disporre l’esclusione di un operatore concorrente ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c – ter) a condizione che dia conto di un pregresso episodio di inadempimento che abbia comportato le descritte conseguenze (anche nei suoi confronti, cfr. Cons. Stato, sez. V, 30 dicembre 2020, n. 8506), che essa reputi grave e sufficientemente ravvicinato nel tempo e dal quale tragga ragioni sintomatiche di inaffidabilità dell’impresa. In tal senso, la giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, sez. III, 22 dicembre 2020, n. 8236) ha sottolineato che trattasi, all’evidenza, di una fattispecie escludente ad applicazione non automatica né, per tale ragione, i relativi presupposti applicativi sono acclarabili autonomamente dal giudice, in quanto presupponente lo svolgimento di apposite valutazioni della stazione appaltante, estese anche al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa: ne discende che non è il mero accertamento del provvedimento sanzionatorio aliunde adottato (sotto forma di risoluzione per inadempimento, condanna risarcitoria o altra “sanzione comparabile”) a far scattare la sanzione espulsiva, in quanto, sebbene lo stesso sia astrattamente atto a veicolare “significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto”, queste sono a loro volta autonomamente valutabili dall’Amministrazione ai fini dell’esercizio del potere escludente dalla specifica gara. A seguito delle modifiche sopravvenute, la disposizione in questione chiaramente individua una causa di esclusione che costituisce una specificazione dei generici illeciti professionali di cui alla lettera c). Per tale causa di esclusione non solo è richiesta la pregressa risoluzione per inadempimento – e non di qualsiasi tipologia di risoluzione (come indicato nella previgente versione) – ma anche la verifica con oneri di motivazione aggiuntivi in capo alla stazione appaltante (tempo e gravità)>> (Cons. Stato, sez. IV, 05 settembre 2022, n. 7709).
Nessun difetto di motivazione, poi, è riscontrabile al riguardo, in quanto la stazione appaltante che procede all’ammissione alla gara di un’impresa, non ritenendo rilevanti le pregresse vicende professionali dichiarate dal concorrente, non è tenuta a esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto convincimento, potendo la motivazione risultare anche implicitamente o per facta concludentia, ossia con la stessa ammissione alla gara dell’impresa (Cons. Stato, sez. V, 19 febbraio 2021, n. 1500; id. 9 settembre 2019, n. 6112).
A cura di giurisprudenzappalti.it del 02/12/2022 di Roberto Donati
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