Rinnovo dell’attestazione SOA. Anche le e-mail possono dimostrare la diligenza dell’operatore economico

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In caso di rinnovo dell’attestazione SOA va valorizzata l’affermazione giurisprudenziale che collega l’effetto di continuità del possesso del requisito non solo al dato formale della stipulazione del nuovo contratto con il medesimo organismo di attestazione, bensì anche all’iniziativa dell’operatore economico concretamente finalizzata alla richiesta ed all’avvio del procedimento di rinnovo da parte di quest’ultimo organismo.

Per cui se l’attività istruttoria della SOA viene tempestivamente sollecitata dall’operatore economico, con modalità tali da dimostrarne la diligenza nel richiedere il rinnovo, confidando nella tempestiva evasione, anche prima (ed in vista) della stipulazione del contratto con l’organismo di attestazione, la ratio della norma viene soddisfatta.

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Questo quanto stabilito da Consiglio di Stato, Sez. V, 25/10/2024, n. 8534:

Così la circostanza che il contratto sia stato sottoscritto il 12 dicembre 2023, nel contesto di detto comprovato svolgimento del rapporto tra le parti future contraenti, non è indice di negligenza (rectius, inerzia) dell’operatore economico nel richiedere il rinnovo della SOA, ma appare piuttosto collegata al (tempo di) reperimento dei documenti richiesti con la stessa email del 10 novembre 2023, necessari all’istruttoria della pratica.

Di qui il rispetto della finalità della dilazione temporale tra la richiesta di rinnovo e la scadenza della SOA, vale a dire quella di avviare tempestivamente il processo di verifica da parte dell’organismo di attestazione, che nel caso di specie può dirsi raggiunta perché – come già detto – il procedimento di rinnovo si completò positivamente dopo poco più di due mesi dalla stipulazione del contratto.

5.4.3. In merito ai rilievi riguardanti l’efficacia probatoria delle e-mail, va premesso che il messaggio di posta elettronica (e-mail) può essere definito un “documento informatico” ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. p) del d.lgs. n. 82/2005, vale a dire un “documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”.

L’art. 20, comma 1 bis, dello stesso decreto (Codice dell’amministrazione digitale), nel testo attualmente vigente, prevede inoltre che “Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore. In tutti gli altri casi, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità. La data e l’ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida.”.

I messaggi di posta elettronica scambiati tra la xxx e l’ing. ………….sono contenuti in e-mail “ordinarie”, cioè prive di firma digitale, elettronica qualificata o avanzata, né formati con modalità di previa identificazione informatica dell’autore. Pertanto rientrano nella previsione di cui al penultimo periodo della disposizione appena riportata.

Sebbene quest’ultima accomuni la disciplina del requisito della forma scritta e del valore probatorio del documento, va chiarito che, nel presente giudizio, non si pongono questioni di diritto sostanziale attinenti all’efficacia probatoria della scrittura privata ex artt. 2702 e 2704 cod. civ. (pure richiamati dall’appellata), vale a dire attinenti alla forma scritta (ad substantiam ad probationem) del documento, onde valutare gli effetti obbligatori di dichiarazioni negoziali ivi contenute; piuttosto è in discussione esclusivamente la questione processuale dell’idoneità del documento a provare i fatti ivi rappresentati, cioè la questione delle condizioni in presenza delle quali la email costituisce una prova documentale utilizzabile in giudizio.

Da questo punto di vista rileva anche l’art. 2712 cod. civ.: a tale norma la giurisprudenza civile ha ripetutamente ricondotto il messaggio di posta elettronica inteso come documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime (Cass. 14 maggio 2018, n. 11606; id. 17 luglio 2019, n. 19155 ed altre).

Il rapporto tra la disposizione del codice civile (che configura una prova legale) e quella del codice dell’amministrazione digitale (che rimette al giudice la “libera” valutazione del documento secondo le sue caratteristiche) è stato delineato da una recente pronuncia della Corte di Cassazione secondo la seguente scansione: se non ne sono contestati la provenienza od il contenuto, il messaggio di posta elettronica forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, ai sensi dell’art. 2712 cod. civ.; se ne sono contestati la provenienza od il contenuto, il giudice non può espungere quel documento dal novero delle prove utilizzabili, ma deve valutarlo in una con tutti gli altri elementi disponibili e tenendo conto delle sue caratteristiche intrinseche di sicurezza, integrità, non modificabilità (Cass., III, 21 maggio 2024, n. 14046).

Si tratta di una sintesi condivisibile.

Le e-mail prodotte dalla xxxx non sono state specificamente disconosciute dalla yyyy ai sensi dell’art. 2712 cod. civ.

In disparte la mancanza di valido disconoscimento (che, oltre che tempestivo, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito: cfr. Cass., 13 maggio 2021, n. 12794), va sottolineato che non vi sono elementi per ritenere che i messaggi di posta elettronica prodotti dalla xxxx non corrispondano ai fatti ivi rappresentati, come sopra esposti e, infine, riscontrati dalla sottoscrizione del contratto di rinnovo e dal successivo rilascio della SOA.

5.5. A tale ultimo riguardo giova aggiungere che il principio di continuità del possesso dei requisiti di qualificazione va interpretato tenendo conto dei principi del risultato e della fiducia, di cui agli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 36 del 2023, oltre che dei principi di proporzionalità e ragionevolezza invocati dall’appellante.

Ai primi due si è conformata l’azione amministrativa della stazione appaltante quando – per un verso, perseguendo l’interesse pubblico primario all’affidamento e all’esecuzione della commessa al primo classificato; per altro verso, riconoscendo l’affidabile condotta dell’operatore economico nel conseguimento del rinnovo della SOA – ha constatato che alla data della proposta di aggiudicazione il nuovo certificato SOA era già stato conseguito (per di più con incremento di classifica) e che l’intervallo rispetto alla data di scadenza non era stato determinato dalla perdita effettiva dei requisiti. Tale ultimo profilo sostanziale della permanenza dei requisiti di capacità da una data ad un’altra – senza alcuna lacuna intermedia, se non la discontinuità della certificazione (di appena undici giorni), soltanto formale, e comunque priva di incidenza sull’andamento della procedura di gara – rileva inoltre al fine di impedire una sanzione di esclusione che – vieppiù all’esito della tempestiva iniziativa dell’operatore economico come sopra accertata – sarebbe sproporzionata ed irragionevole.

5.6. L’appello va quindi accolto e, per l’effetto, in riforma della gravata sentenza, va respinto il primo motivo del ricorso di primo grado.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 25/10/2024 di Roberto Donati

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