Inammissibilità dei motivi di ricorso “a catena”

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Il Tar Lazio ribadisce il principio dell’inammissibilità dei motivi di ricorso definiti “a catena”, proposti cioè dal concorrente giunto in posizioni più arretrate in graduatoria, a seguito della favorevole definizione del contenzioso che ha comportato lo scorrimento della graduatoria (sul punto, oltre alle pronunce citate, si richiamano i seguenti ulteriori precedenti in termini: Cons. Stato, Sez. V, 26 aprile 2021, n. 3308; Id., 22 novembre 2021, n. 7826; TAR Basilicata, Sez. I, 5 aprile 2022, n. 252).

Per cui l’impresa terza rimasta in gara può «far valere vizi di legittimità propri della sola rinnovata aggiudicazione e non degli atti precedenti»; ciò perché «il nuovo provvedimento di aggiudicazione ha quale presupposto gli atti di gara – le ammissioni delle (altre) imprese concorrenti e la graduatoria formata dalla commissione giudicatrice – ormai inoppugnabili» (Cons. Stato, Sez. V, 10 dicembre 2020, n. 7907).

Questo quanto stabilito da Tar Lazio, Roma, Sez. V, 04/11/2022, n. 14389:

In via preliminare, valutata la completezza dell’istruttoria sulla scorta degli atti depositati in giudizio, occorre sancire l’inammissibilità, ai sensi degli artt. 41, comma 2, art. 119, co. 1, lett. a e art. 120, del codice del processo amministrativo, dei motivi di ricorso principale contraddistinti con i numeri 3,4,5, e 6.

Nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica gli operatori economici sono tenuti a dedurre eventuali vizi da cui possa derivare loro un “effetto utile”, anche di ordine strumentale alla riedizione dell’intera procedura, entro il termine di 30 giorni, decorrente dal momento in cui essi ne abbiano avuto conoscenza, o avrebbero potuto averne conoscenza adoperando l’ordinaria diligenza.

Tale onere non si riferisce solo all’operatore economico classificatosi secondo, ma si estende a tutti i concorrenti, anche graduati in posizioni ulteriori, qualora emergano vizi suscettibili di condurre all’esclusione di tutte le imprese che li precedono in graduatoria.

Ove a proporre ricorso sia invece un diverso operatore, il quale ottenga l’annullamento dell’aggiudicazione in sede giurisdizionale, l’impresa terza rimasta in gara può «far valere vizi di legittimità propri della sola rinnovata aggiudicazione e non degli atti precedenti»; ciò perché «il nuovo provvedimento di aggiudicazione ha quale presupposto gli atti di gara – le ammissioni delle (altre) imprese concorrenti e la graduatoria formata dalla commissione giudicatrice – ormai inoppugnabili» (Cons. Stato, Sez. V, 10 dicembre 2020, n. 7907).

Lo scorrimento della graduatoria, infatti, non «costituisce l’esito di una rinnovata ponderazione degli interessi in dipendenza dell’acquisizione di nuovi elementi di fatto, perché, in seguito all’annullamento della prima aggiudicazione, la procedura di gara è regredita alla fase precedente l’adozione dell’atto viziato» (Cons. Stato, n. 7907/2020, cit.).

D’altronde, a voler ritenere diversamente, «si legittimerebbe la proposizione di ricorsi a catena, con una sequenza che non avrebbe mai fine, contro tutte le disposizioni in materia di appalti che hanno invece la precisa ratio di consentire una certa e rapida definizione di ogni questione giuridica relativa all’aggiudicazione» (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 28 aprile 2016, n. 1176, ove si rileva altresì che, specialmente nell’ipotesi in cui le contestazioni attengano al difetto di requisiti di partecipazione, «gli elementi che per preciso obbligo di legge vengono forniti dall’Amministrazione alle imprese partecipanti alla gara, nel momento in cui procede ad aggiudicare l’appalto a una di esse, sono sufficienti a rendere l’impresa – anche se sia terza o quarta nella graduatoria della gara – consapevole dell’incidenza dell’atto nella sua sfera giuridica, facendo così sorgere l’onere di impugnativa immediata del provvedimento di aggiudicazione»).

Da quanto esposto discende l’inammissibilità dei motivi di ricorso definiti “a catena”, proposti cioè dal concorrente giunto in posizioni più arretrate in graduatoria, a seguito della favorevole definizione del contenzioso che ha comportato lo scorrimento della graduatoria (sul punto, oltre alle pronunce citate, si richiamano i seguenti ulteriori precedenti in termini: Cons. Stato, Sez. V, 26 aprile 2021, n. 3308; Id., 22 novembre 2021, n. 7826; TAR Basilicata, Sez. I, 5 aprile 2022, n. 252).

Nel merito, con riferimento alla gravata operazione di riorganizzazione societaria che ha riguardato la mandante …………., il segmento di attività relativo ai servizi di pulizia e sanificazione risulta trasferito alla ………….., comprensivo degli elementi patrimoniali attivi e passivi riferiti a detta attività.

Sul punto, la difesa regionale chiarisce che si è trattato di una mera operazione di riorganizzazione societaria, con conseguente successione nella posizione dell’originario concorrente, risultato – a seguito di puntuale verifica – in possesso di tutti i prescritti requisiti soggettivi; vicenda completamente differente rispetto a quella implicante la sostituzione di un membro dell’ATI, ai sensi e per gli effetti dell’art. 48 del d.lgs. n. 50/2016.

Anche sotto tale profilo, peraltro, con riferimento alla contestata ammissibilità della sostituzione interna, deve precisarsi che, con la pronuncia n. 2 del 25 gennaio 2022, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito che la modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese, sia pur solamente in riduzione, è consentita non solo in sede di esecuzione ma anche in fase di gara.

In ogni caso, la questione controversa è da ascriversi alla fattispecie della successione fra due società, per intervenuta ristrutturazione societaria, come regolamentato per la modifica del contraente dall’art. 106 del codice dei contratti pubblici, per effetto della mancata riproduzione della previsione contenuta nell’art. 51 del d.lgs. n. 163/2006, che disciplinava le vicende soggettive del singolo partecipante alla gara nella fase antecedente alla stipula del contratto d’appalto (cfr. Tar Sicilia, Palermo, Sez. III, 13 dicembre 2019, n. 2234).

Il Collegio aderisce all’elaborazione interpretativa che conferma la perdurante applicabilità del principio “dell’ammissibilità di modifiche soggettive dei concorrenti anche nella fase dell’aggiudicazione dell’appalto” (Cons. Stato, Sez. III, 18 settembre 2019, n. 6216; delibera dell’Anac n. 244 adottata in data 8 marzo 2017 che sottolinea la perdurante esigenza di salvaguardare la libertà contrattuale delle imprese, le quali devono poter procedere alle riorganizzazioni aziendali reputate opportune senza che possa essere loro di pregiudizio lo svolgimento delle gare alle quali hanno partecipato).

A cura di giurisprudenzappalti.it del 04/11/2022 di Roberto Donati

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