Parere di precontenzioso non vincolante. Nessun risarcimento del danno se non è stata proposta domanda di annullamento dell’aggiudicazione!

Descrizione Immagine non disponibile

La seconda in graduatoria ha presentato istanza di pre-contenzioso all’ANAC, ma il parere non risulta vincolante, per mancata adesione della Stazione appaltante ai sensi dell’art. 211, comma 1, del codice dei contratti.

ANAC dà ragione all’impresa, che dunque ha invitato la stazione appaltante ad ottemperare alla decisione assunta dell’Autorità. La stazione appaltante  ha respinto l’istanza di autotutela.

A questo punto l’impresa seconda classificata ricorre al Tar e chiede che l’Amministrazione venga condannata al risarcimento del danno.

In via principale, chiede il risarcimento del danno in forma specifica, “disponendo l’aggiudicazione della gara… previo eventuale annullamento e/o caducazione, ovvero declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato, per il quale… manifesta l’interesse al subentro”.

In via gradata, chiede il risarcimento per equivalente, in via ulteriormente gradata, “tramite rinnovo dell’intera procedura di gara, fermo il ristoro dei danni patiti e patendi, anche per perdita di chance”.

Tar Puglia, Bari, Sez. II, 24/10/2022, n. 1438 respinge il ricorso:

2. Il ricorso non è suscettibile di favorevole apprezzamento.

2.1 In primis, rileva il Collegio che, come è ben noto, la mancata impugnazione dell’aggiudicazione, come avvenuto nel caso di specie, non esclude l’ammissibilità dell’azione risarcitoria, essendo stato ormai codificato il definitivo superamento della c.d. pregiudiziale amministrativa di stampo processuale.

Non vi è dubbio, pertanto, che la domanda risarcitoria proposta dalla ricorrente sia ammissibile, risultando vieppiù infondata l’eccezione d’improcedibilità per mancata reazione avverso la stipula del contratto e la consegna dei lavori.

2.2 È, altresì, ben noto che il codice del processo amministrativo, pur negando la sussistenza di una pregiudizialità di rito, ha mostrato di apprezzare, sul versante sostanziale, la rilevanza eziologica dell’omessa impugnazione come fatto valutabile al fine di escludere la risarcibilità dei danni che, secondo un giudizio causale di tipo ipotetico, sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di tempestiva reazione processuale nei confronti del provvedimento potenzialmente dannoso.

L’art. 30, comma 3, del codice, infatti, al secondo periodo, stabilisce che, nel determinare il risarcimento, “il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti”.

La disposizione, pur non evocando in modo esplicito il disposto dell’art. 1227, comma 2, del codice civile, afferma che l’omessa attivazione degli strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell’esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza. E tanto in una logica che vede l’omessa impugnazione non più come preclusione di rito ma come fatto da considerare in sede di merito ai fini del giudizio sulla sussistenza e consistenza del pregiudizio risarcibile.

Operando una ricognizione dei principi civilistici in tema di causalità giuridica e di principio di auto-responsabilità, il codice del processo amministrativo sancisce la regola secondo cui la tenuta, da parte del danneggiato, di una condotta, attiva od omissiva, contraria al principio di buona fede ed al parametro della diligenza, che consenta la produzione di danni che altrimenti sarebbero stati evitati secondo il canone della causalità civile imperniato sulla probabilità relativa (secondo il criterio del “più probabilmente che non”: Cass., Sezioni unite, 11 gennaio 1008, n. 577; sez. III, 12 marzo 2010, n. 6045) recide, in tutto o in parte, il nesso casuale che deve legare la condotta antigiuridica alle conseguenze dannose risarcibili. Di qui la rilevanza sostanziale, sul versante prettamente causale, dell’omessa o tardiva impugnazione come fatto che preclude la risarcibilità di danni che sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di rituale utilizzazione dello strumento di tutela specifica predisposto dall’ordinamento a protezione delle posizioni di interesse legittimo onde evitare la consolidazione di effetti dannosi (in termini, Consiglio di Stato, Ad. Plen. n. 3/2011).

2.3 Dall’applicazione di tali pacifiche coordinate ermeneutiche al caso di specie emerge che la domanda risarcitoria proposta dalla ricorrente è infondata.

In base alla regola della priorità di esame della ragione più liquida, rileva il Collegio l’insussistenza dell’asserito danno – conseguenza ai sensi del combinato disposto degli artt. 30, comma 3, c.p.a. e 1227, comma 2, c.c.

2.3.1 La ricorrente ha presentato istanza di pre-contenzioso all’ANAC, ma, come evidenziato in fatto, si tratta di un parere non vincolante, per mancata adesione della Stazione appaltante, ai sensi dell’art. 211, comma 1, del codice dei contratti pubblici.

La ricorrente, pertanto, ha scientemente omesso di attivare il rimedio giurisdizionale pur sapendo, a far data dal decimo giorno successivo alla richiesta di adesione (4 giugno 2020) e, quindi, allorquando era ancora pendente il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione comunicata il 25 maggio 2020, che il futuro parere dell’ANAC non sarebbe stato vincolante per l’Amministrazione.

Né, detto per inciso, può ragionevolmente attribuirsi alcuna valenza negativa in termini di diligenza alla condotta dell’Amministrazione, la quale – pur volendo ammettere che sia stata effettivamente messa a conoscenza da parte della ricorrente dell’instaurando procedimento di parere di pre-contenzioso dinanzi all’ANAC il giorno stesso dell’approvazione dell’aggiudicazione (22 maggio 2020) – non ha legittimamente arrestato il procedimento di aggiudicazione in attesa della decisione dell’ANAC proprio perché non ha inteso previamente acconsentire a vincolarsi a quanto sarebbe stato stabilito da quest’ultima.

In definitiva, nel caso di specie, in base al criterio dell’ordinaria diligenza, la ricorrente non avrebbe dovuto far decorrere il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione in quanto era già a conoscenza del fatto che il futuro parere dell’ANAC non sarebbe stato vincolante: in altre parole, ritiene il Collegio che, dinanzi all’esito comunque negativo in termini di vincolatività del procedimento dinanzi all’ANAC, sia esigibile ex fide bona la proposizione della domanda di annullamento dell’aggiudicazione.

2.3.2 Ciò posto, come da insegnamento della già citata Ad. Plen. n. 3/2011, questo Collegio è chiamato a valutare se il presumibile esito del ricorso di annullamento avrebbe, secondo un giudizio di causalità ipotetica basato su una logica probabilistica che apprezzi il comportamento globale del ricorrente, evitato in tutto o in parte il danno.

Un rilievo significativo è destinato ad assumere l’utilizzo del mezzo di prova delle presunzioni ex artt. 2727 e seguenti del codice civile, che consente di valutare se l’apprezzamento dell’illegittimità dell’atto operato in sede risarcitoria avrebbe portato anche all’annullamento dello stesso – dato, questo, in linea generale presumibile, vista l’identità dell’oggetto delle valutazioni – in modo da impedire, alla luce anche delle misure provvisorie adottabili in corso di giudizio o ante causam, di mitigare o ridurre il danno.

2.3.3 Sotto tale aspetto, rileva il Collegio che, per le medesime ragioni esposte nel parere dell’ANAC, la domanda di annullamento della procedura di gara avrebbe avuto esito positivo.

2.3.4 Quanto al profilo eziologico, applicando le regole prima esposte che presiedono al giudizio di causalità ipotetica in materia risarcitoria, il Collegio ritiene di poter concludere che i danni lamentati sarebbero stati in toto evitati se l’impresa si fosse tempestivamente avvalsa degli strumenti di tutela giurisdizionale predisposti all’uopo dall’ordinamento, in quanto avrebbe ottenuto il rifacimento della gara ovvero la riformulazione in melius della graduatoria.

2.3.5 Si deve concludere che il comportamento della ricorrente ha assunto un ruolo eziologico decisivo nella produzione di un pregiudizio che il corretto utilizzo del rimedio giurisdizionale della tutela di annullamento, inquadrato nella condotta complessiva esigibile, avrebbe plausibilmente consentito di evitare, alla luce dei vizi denunciati, della gravità del pregiudizio lamentato e dell’effettività della tutela che il mezzo alternativo sperimentato dinanzi all’ANAC aveva già dimostrato di non poter garantire in pendenza del termine per l’azione di annullamento della gara.

2.3.6 Da ultimo, va chiarito che la domanda di annullamento del diniego di autotutela, sebbene presentata dalla ricorrente solo “ove occorra”, è infondata in quanto, a fronte di un parere non vincolante dell’ANAC, non vi è alcun obbligo per l’Amministrazione di conformarvisi.

Il precedente del Consiglio di Stato n. 1036 del 2022, richiamato dalla ricorrente, non giunge a conclusioni contrarie in quanto, lungi dall’affermare un obbligo di procedere in autotutela a fronte di un parere non vincolante dell’ANAC, si limita ad affermare che “un parere di precontenzioso (che si esprima nel senso della illegittimità dell’atto), in ragione delle funzioni di vigilanza e controllo che la legge conferisce all’Autorità nel settore dei contratti pubblici (art. 213 del Codice dei contratti pubblici), determina l’attenuazione del dovere di motivare sulla sussistenza di un interesse pubblico specifico e concreto all’annullamento d’ufficio. In queste ipotesi, infatti, l’amministrazione appaltante non deve argomentare in maniera diffusa sulla sussistenza di un interesse pubblico a procedere all’autoannullamento, dovendo, anzi, provvedere (sempre) ad annullare gli atti ritenuti illegittimi dall’Autorità, a meno che non emerga un interesse pubblico specifico e concreto a non provvedere all’autoannullamento dell’atto. In altri termini, in questi casi, la valutazione che deve essere effettuata dall’amministrazione si volge non alla ricerca, in positivo, di una ragione di interesse pubblico per annullare in autotutela, ma alla ricerca, in negativo, di una ragione per non annullare”.

E nel caso di specie, l’esigenza di celere esecuzione dei lavori, unitamente all’affidamento ingenerato nella controinteressata, proprio alla luce della mancata attivazione della tutela giurisdizionale di annullamento e del conseguente consolidamento dell’aggiudicazione, vengono valutati dal Collegio alla stregua di elementi idonei a sorreggere la decisione di natura conservativa assunta dall’Amministrazione.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 24/10/2022 di Roberto Donati

Vuoi leggere altri contenuti come questo?

Iscriviti alla newsletter!

Ogni Lunedì riceverai notizie e approfondimenti dal mondo del public procurement, contratti e appalti pubblici direttamente nella tua casella e-mail

Vuoi leggere altri contenuti come questo?

Iscriviti alla newsletter!

Ogni Lunedì riceverai notizie e approfondimenti dal mondo del public procurement, contratti e appalti pubblici direttamente nella tua casella e-mail

Iscriviti Ora


Loading...