Quando non sussistono obblighi dichiarativi per gli amministratori del ramo di azienda ceduto.

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Il ricorso era incentrato sulla violazione dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, perché l’ aggiudicataria avrebbe omesso di rendere la dichiarazione prevista dai commi 3 e 5 di tale disposizione, con riferimento ai  rappresentanti della cooperativa il cui ramo di azienda era stato acquisito dalla migliore offerta nell’anno anteriore al bando di gara.

Tar Lazio, Roma, Sez. Seconda Quater, 03/11/2020, n. 11309 respinge il ricorso ricordando che:

Come è noto, l’art. 80 obbliga il concorrente alla gara a dichiarare le condanne penali subite da chi vi eserciti poteri di rappresentanza, direzione e vigilanza, quand’anche cessati nell’anno antecedente alla data di pubblicazione del bando di gara.

La giurisprudenza ha poi chiarito che la dichiarazione deve essere resa anche con riferimento agli amministratori del ramo di azienda, di cui il concorrente si sia reso cessionario nel medesimo arco di tempo (Cons. Stato. Ad.Plen., n. 10 del 2012).

Nel caso di specie, è pacifico sia che XXXX ha acquisito il ramo di azienda della cooperativa XXX nella frazione temporale indicata, sia che non sia stata resa alcuna dichiarazione, quanto alla posizione degli amministratori della seconda, in sede di gara.

Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la dichiarazione non doveva essere prodotta, come questo Tribunale ha di recente ritenuto in una fattispecie del tutto sovrapponibile, aderendo all’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la dichiarazione non è dovuta, ove non prevista dal bando, se in concreto non emergano pregiudizi penali taciuti alla stazione appaltante (Cons. Stato, sez. V, n. 1373 del 2017; id. sez. VI, n. 18 del 2015).

…………

Tuttavia, nel caso di specie si aggiunge un ulteriore, e assorbente, profilo.

Va infatti ricordato che, a fronte dei principi di legalità e di tassatività delle cause di esclusione dalle gare, l’oggetto degli obblighi dichiarativi, la cui inosservanza permette di escludere un concorrente, non può trovare il proprio fondamento che nella legge, le cui prescrizioni possono eventualmente essere attivate dal bando di gara.

Posto che l’art. 80 è chiaro nell’identificazione dei soggetti chiamati a rendere la dichiarazione, e omette di annoverare esplicitamente tra costoro gli amministratori del ramo di azienda ceduto, è evidente che la posizione di questi ultimi potrà rilevare nelle sole ipotesi in cui, nonostante l’intervenuta cessione, non vi sia stata soluzione di continuità organizzativa tra la parte cedente e quella cessionaria, nel senso che è la prima, con la sua propria organizzazione originaria, che di fatto non cessa di rendere il servizio posto a gara, benché esso sia giuridicamente imputabile alla seconda.

È, infatti, in tale caso che davvero si può affermare che l’obbligo dichiarativo abbia fonte legale, perché, ove la dichiarazione venga omessa, verrebbe a realizzarsi proprio l’effetto che la norma di legge ha inteso scongiurare, ovvero che la stazione appaltante si trovi a contrarre con soggetti che, in ragione di tale continuità, non si sono emendati dalla condizione potenzialmente ostativa alla conclusione del contratto.

Posto che l’ordinamento reagisce sempre alle operazioni negoziali volte a conseguire un esito direttamente precluso dalla legge, attraverso la combinazione di operazioni in sé consentite (arg. ex art. 1344 cod. civ.), in una ipotesi simile non vi è dubbio che l’obbligo dichiarativo abbia fondamento legale, e che il bando di gara lo possa specificare.

In tal senso si è espressa l’Adunanza Plenaria sopra citata, che ha enunciato il principio concernente l’obbligo dichiarativo, in caso di cessione di azienda, in un’ipotesi in cui la concorrente alla gara era una “mera continuazione” della cedente, visto che si valeva dei soli beni di quest’ultima, ed era amministrata da persone reputate prive di autonomia decisionale, rispetto ai legali rappresentanti cedenti.

È evidente, infatti, che nel caso in cui il ramo di azienda confluisca in una struttura organizzativa già consolidata e del tutto autonoma, essa perde la propria identità a favore del cessionario, chiamato a gestirla secondo i propri criteri imprenditoriali.

xxxx, nella presente controversia, ha assolto all’onere di dimostrare che, con l’acquisizione del ramo di azienda della cooperativa xxxx, si è appunto verificata tale ultima situazione. L’acquisizione da parte di xxxx, operatore già attivo e largamente presente nel campo dei servizi di raccolta dei rifiuti, ha infatti avuto per oggetto due soli contratti di appalto sottoscritti dalla cooperativa, per un modesto importo, nonché beni strumentali di carattere chiaramente marginale, a fronte della ben più articolata struttura imprenditoriale della cessionaria. Né vi è alcun motivo anche solo per supporre che gli amministratori della cooperativa ceduta possano continuare a rivestire un ruolo decisionale, o comunque ad imprimere al ramo di azienda ceduto un assetto organizzativo tale da riflettere, con potenziale pregiudizio della stazione appaltante, un presunto profilo ostativo, del quale in causa non è stata offerta peraltro alcuna dimostrazione.

La censura è pertanto infondata, perché xxxx non aveva l’obbligo di rendere la dichiarazione di cui all’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016 nei confronti degli amministratori della cooperativa xxxx, e non è perciò incorsa in alcun mendacio omissivo.

 

A cura di giurisprudenzappalti.it del 03/11/2020 di Roberto Donati

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