La proposta di accordo bonario non è un atto impugnabile con l’azione di annullamento davanti al giudice amministrativo

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La ricorrente ha chiesto l’annullamento della proposta di accordo bonario ricevuta dall’Amministrazione, sostenendo, in estrema sintesi, l’inadeguatezza dell’offerta transattiva avanzata a tacitazione della potenziale lite sull’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’art. 26 del d.l. n. 20/2022.

Il Tar stabilisce che il ricorso è inammissibile perché la proposta così formulata, pur inserita all’interno di un iter sotto certi aspetti formalizzato e procedimentalizzato, non è un atto impugnabile con l’azione di annullamento davanti al giudice amministrativo, giacché con essa l’Amministrazione non ha statuito, in via autoritativa e con l’incisione in via unilaterale di un interesse legittimo o di un diritto soggettivo della ricorrente.

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Questo quanto deciso da Tar Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 16/04/2025, n. 158:

4. Il ricorso è inammissibile perché, come correttamente eccepito dalla difesa dell’Amministrazione, la ricorrente ha esclusivamente impugnato, chiedendone l’annullamento, un atto che non costituisce un provvedimento amministrativo.

4.1. Occorre premettere in punto di fatto che, a seguito della iscrizione di due riserve apposte dall’odierna ricorrente sul registro di contabilità alla firma del SAL n. 7 (riserva n. 1, avente ad oggetto il “mancato riconoscimento dell’adeguamento prezzi” e riserva n. 2, relativa ad una “errata contabilizzazione” dei prezzi lordi posti a base d’asta in rapporto ai singoli materiali) l’Amministrazione ha formalmente attivato, come peraltro in sostanza espressamente richiesto dall’appaltatore, il procedimento di accordo bonario di cui all’art. 205 cit..

All’esito del “procedimento” la ……………… ha indi formalizzato, in ottica esplicitamente e inequivocabilmente transattiva, una proposta di accordo bonario con il riconoscimento, in favore dell’odierna ricorrente, della somma di € 211.449,12, a titolo di compensazione dell’aumento dei prezzi calcolata sull’intero appalto, “per chiudere la lite e rientrare la riserva n. 1” (cfr. verbale della riunione del 15 febbraio 2024).

4.2. L’art. 205 del d.lgs. n. 50/2016, ratione temporis applicabile, ha delineato il procedimento finalizzato al raggiungimento di un accordo bonario che ha come obbiettivo, appunto, la soluzione in via consensuale e transattiva di eventuali controversie tra le parti nascenti, nella fase esecutiva del contratto. Proprio in ragione della riserva n. 1 apposta dalla ricorrente, l’Amministrazione ha formulato una proposta conciliativa col chiaro e unico intento di chiudere, in via bonaria e consensuale, la potenziale controversia relativa al riconoscimento di somme per la compensazione dell’aumento dei prezzi.

4.3. La proposta così formulata, pur inserita all’interno di un iter sotto certi aspetti formalizzato e procedimentalizzato, non è un atto impugnabile con l’azione di annullamento davanti al giudice amministrativo, giacché con essa l’Amministrazione non ha statuito, in via autoritativa e con l’incisione in via unilaterale di un interesse legittimo o di un diritto soggettivo della ricorrente, sulla spettanza (o sulla non spettanza) dell’adeguamento prezzi.

Stando anche al solo dato testuale dell’atto impugnato, l’Amministrazione nulla ha disposto, ordinato o accertato, ma ha soltanto formulato una semplice proposta, inidonea ad incidere la posizione soggettiva della ricorrente in relazione alla sua pretesa di riconoscimento dell’adeguamento dei prezzi.

4.4. D’altra parte, la previsione dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2), cod.proc.amm., richiamata dalla ricorrente a sostegno della sua domanda impugnatoria, presuppone pur sempre l’emissione, da parte dell’Amministrazione, di formali “provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi”.

Tale non può ritenersi la proposta di accordo bonario impugnata, perché – dal chiaro tenore letterale e dall’intento e dalle finalità sottese all’atto impugnato – non si trae affatto la definitiva presa di posizione dell’Amministrazione nel senso dell’applicazione, non applicazione o precisa e definitiva quantificazione dell’adeguamento prezzi richiesto.

4.5. Né la somma di € 211.449,12 è stata analiticamente individuata, sulla base di una accessibile e “non confidenziale” istruttoria procedimentale, nell’ottica accertativa/dispositiva propria di un provvedimento di applicazione dell’adeguamento prezzi. Quell’indicazione, invece, si iscrive chiaramente all’interno dell’intento conciliativo e transattivo che pervade l’intero atto.

Tant’è vero che l’Amministrazione ha ritenuto riconoscibile a tale titolo di compensazione il ben più ridotto importo di € 18.604,78 e soltanto “vista la consistente divergenza delle aspettative manifestate dalle parti, il RUP promuove un’azione conciliativa e propone di raggiungere un accordo sulla somma di € 211.449,12 […]”.

4.6. Anche il corredo motivazionale dell’atto – se così si può chiamare – è volto unicamente a rendere conto dell’iter logico sottostante alla formulazione della proposta conciliativa e non già a fornire gli elementi giustificativi di un provvedimento di applicazione dell’adeguamento dei prezzi.

4.7. L’atto, in definitiva, proprio perché iscritto nell’ambito di un procedimento di carattere non autoritativo quale è quello disciplinato dall’art. 205 cit., non ha natura provvedimentale, non avendone né la sostanza né la forma.

L’azione (esclusivamente) annullatoria proposta è, dunque, inammissibile perché ha ad oggetto un atto che non ha natura provvedimentale e non è quindi lesivo di alcuna posizione giuridica della ricorrente.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 16/04/2025 di Roberto Donati

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