Antieconomicità ed incongruità delle previsioni di gara, con particolare riferimento ai costi del personale

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La ricorrente (che ha partecipato alla gara) impugna gli atti sostenendo che impediscono la formulazione di un’offerta tecnico-economica competitiva e concorrenziale, tenuto conto dell’antieconomicità e dell’incongruità delle previsioni di gara, con particolare riferimento ai costi del personale.

Il Tar respinge il ricorso stabilendo come, in caso di partecipazione alla gara, l’onere della prova incombente sull’operatore che in parallelo abbia immediatamente impugnato il bando risulti più gravoso, e possa ritenersi soddisfatto soltanto quando il ricorrente fornisca adeguata dimostrazione che, malgrado la formulazione dell’offerta, quest’ultima non sia economicamente utile né competitiva.

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Questo quanto stabilito da Tar Puglia, Lecce, Sez. II, 06/06/2023, n. 742:

La doglianza è inammissibile e, comunque, infondata.

Infatti, la ricorrente – limitandosi a contestare le stime operate dalla P.A. con riferimento ai costi del personale, anche in rapporto alla contrazione dei c.d. “costi comuni” – non dimostra che non si possa in assoluto formulare un’offerta economicamente sostenibile, in termini di realizzazione di un utile di impresa.

Per granitica giurisprudenza, la lex specialis di gara, per poter essere direttamente impugnabile con riferimento a tale aspetto, deve determinare con immediata e oggettiva evidenza l’astratta impossibilità, per un qualsiasi operatore medio, di formulare un’offerta economicamente sostenibile, ossia astrattamente idonea a produrre – pur nella normale alea contrattuale – un utile derivante dall’esecuzione del contratto; una tale eccezionale ipotesi non è ravvisabile laddove la doglianza dell’operatore economico si rifaccia una redditività minore rispetto alle condizioni d’appalto di altro precedente o diverso contratto e soprattutto non è ravvisabile quando vi siano altre offerte, quand’anche in numero esiguo (ex multis, cfr. Cons. Stato, V, n. 1736/2019; id. n. 5057/2019; id., n. 293/2015; id., n. 5671/2012).

Orbene, come detto, la stessa ricorrente ha formulato la propria offerta di gara ed è stata ammessa – unitamente ad altri cinque concorrenti, secondo quanto risulta agli atti di causa – alla relativa fase di valutazione, tuttora in corso di espletamento.

Sebbene la giurisprudenza ammetta la legittimazione all’impugnazione immediata del bando anche da parte dell’operatore che abbia partecipato alla stessa gara, siffatta partecipazione è stata ritenuta, però, un indice molto serio della portata non immediatamente escludente della lex specialis (cfr., ex multis, T.A.R. Molise Campobasso, sez. I, n. 120/2022 ed ivi il richiamo a Cons. Stato, sez. V, n. 8088/2019).

In caso di partecipazione alla gara, l’onere della prova incombente sull’operatore che in parallelo abbia immediatamente impugnato il bando risulta più gravoso, e può ritenersi soddisfatto soltanto quando il ricorrente fornisca adeguata dimostrazione che, malgrado la formulazione dell’offerta, quest’ultima non sia economicamente utile né competitiva, onde la sua presentazione non smentirebbe l’esistenza di una lesione immediata del suo interesse effettivo all’aggiudicazione.

Quindi, l’impresa che abbia formulato un’offerta deve dimostrarne la non remuneratività in concreto dell’importo posto a base di gara, vale a dire nei suoi confronti (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 284/2021). 

Peraltro, ai fini della verifica dell’ammissibilità dell’impugnazione immediata del bando, non si tratta di valutare la maggiore o minore certezza degli elementi di prova offerti dalla parte ricorrente circa la non remuneratività dell’affidamento, quanto l’idoneità delle allegazioni e degli elementi addotti dalla ricorrente a dimostrazione che la propria offerta, in quanto rispettosa delle condizioni di gara, finisce per essere in perdita o comunque priva di significativi margini di utile.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 06/06/2023 di Roberto Donati

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