Grave inadempimento e conseguente risoluzione del contratto: lo accerta la stazione appaltante

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L’accertamento dei presupposti per giungere alla risoluzione del contratto per grave inadempimento è di competenza della stazione appaltante; la possibilità di intervento di ANAC è del tutto marginale. Lo ha chiarito il T.A.R. Lazio, Roma, sez. I quater, nella sentenza n. 4788 del 11 marzo 2024.

La disciplina che ha assunto rilevanza, nel caso specifico, è quella dell’art. 122, co. 3. del D.Lgs. 36/2023, il quale dispone come segue: “3. Il contratto di appalto può inoltre essere risolto per grave inadempimento delle obbligazioni contrattuali da parte dell’appaltatore, tale da compromettere la buona riuscita delle prestazioni. Il direttore dei lavori o il direttore dell’esecuzione, se nominato, quando accerta un grave inadempimento ai sensi del primo periodo avvia in contraddittorio con l’appaltatore il procedimento disciplinato dall’articolo 10 dell’allegato II.14. All’esito del procedimento, la stazione appaltante, su proposta del RUP, dichiara risolto il contratto con atto scritto comunicato all’appaltatore”. 

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I fatti di causa

Nel caso sottoposto all’esame dei giudici la Società ricorrente aveva riferito in merito alla decisione assunta dalla stazione appaltante di disporre unilateralmente la risoluzione del contratto di lavori e di successiva segnalazione del fatto all’A.N.A.C., per l’avvio del procedimento di iscrizione della vicenda nel casellario dei contratti pubblici.

Al termine dell’istruttoria, nonostante le osservazioni dell’appaltatore, tese a dimostrare all’Autorità procedente gli inadempimenti e le negligenze addebitabili alla stazione appaltante e a renderla edotta della proposizione di apposito giudizio civile di accertamento della responsabilità della controparte, l’A.N.A.C. aveva proceduto all’annotazione.

Avverso il provvedimento è insorta la ditta.

L’A.N.A.C., dal canto suo, aveva preliminarmente rappresentato di aver integrato l’iscrizione della ditta al Casellario, dando atto dell’esistenza del giudizio in sede civile circa l’illegittimità della risoluzione e, comunque, rivendicato nel merito la correttezza del proprio operato, in quanto, a fronte di una risoluzione contrattuale, il potere di verificarne l’effettiva incidenza sull’affidabilità dell’operatore economico spetterebbe esclusivamente alle stazioni appaltanti, mentre l’iscrizione per finalità di pubblicità notizia all’interno del casellario costituirebbe, per l’Autorità, un atto dovuto, tenuto conto anche che la rilevanza del fatto sarebbe stata già apprezzata a priori dal legislatore, con conseguente limitazione del suo sindacato ai soli aspetti connessi alla veridicità della notizia.

Le indicazioni fornite dai giudici

L’art. 108, co.3, del d.lgs. 50/2016, secondo un’impostazione ripresa anche dall’art. 122, co.3, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, delinea una speciale procedura di risoluzione del contratto, che devolve agli organi della stazione appaltante l’accertamento dei presupposti per lo scioglimento del sinallagma, id est il “grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali da parte dell’appaltatore, tale da compromettere la buona riuscita delle prestazioni”, e, nel caso in cui l’istruttoria avviata con la “contestazione degli addebiti all’appaltatore” , svolta dal R.U.P., avvalori l’esistenza di un inadempimento della controparte, la PA adotta la decisione di “dichiarare” la risoluzione del contratto, così ottenendo istantaneamente gli effetti che, per i contratti di diritto privato, sono subordinati ad una pronuncia del giudice ordinario.

I contratti di appalto di opere pubbliche costituiscono, infatti, fattispecie negoziali in cui, pur collocandosi le parti in una posizione di tendenziale parità, dalla quale deriva la titolarità, nella fase di esecuzione del contratto, di diritti soggettivi devoluti alla cognizione del giudice ordinario (ex plurimis,Cass. Civ., Sez. Unite, ord. 10 gennaio 2019, n. 489), la pubblica amministrazione conserva speciali poteri di autotutela di natura pubblicistica, a tutela dell’interesse pubblico di cui è depositaria, che giustificano, in deroga alla disciplina di diritto comune, anche la risoluzione anticipata del contratto, sulla base di una valutazione compiuta unilateralmente dalla stessa e soggetta al controllo giurisdizionale in via meramente eventuale e successiva, su iniziativa della controparte.

Il potere di valutazione di ANAC è marginale rispetto a quello di esclusione dalla procedura di gara e di risoluzione del contratto di cui sono titolari le stazioni appaltanti, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 80, co.5, lett. c-ter, e 108 del d.lgs. n. 50/2016 (oggi artt. 95, co. 1, lett. e), 98, co.3, lett. c), e 122 del d.lgs. n. 36/2023).

Corrispondentemente limitato è, quindi, il sindacato del giudice amministrativo sui provvedimenti di annotazione dell’Autorità, in quanto l’annullamento dell’atto potrà avvenire esclusivamente in presenza di un difetto di istruttoria o di motivazione, pur sempre “tarato”, però, sul ristretto campo di indagine di cui dispone l’Autorità, di cui si è data sopra evidenza.

Fonte: Asmel – Le Autonomie del 19/03/2024 di Salvio Biancardi

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