Giudizi identici espressi dai commissari. Illegittimità.
Avevamo sottolineato pochi giorni fa come il Tar Campania avesse stabilito la legittimità di valutazioni identiche espresse dai commissari in caso di offerta economicamente più vantaggiosa (vedi https://www.giurisprudenzappalti.it/sentenze/valutazioni-identiche-dei-commissari-legittimita/ ).
Era stato comunque ricordato come la giurisprudenza non fosse uniforme.
Lo conferma oggi Tar Liguria, Sez. II, 28/ 09/ 2020, n. 661, relativamente ad una procedura da aggiudicarsi con offerta economicamente più vantaggiosa, con punteggi da attribuire secondo il “confronto a coppie”.
Il raggruppamento ultimo classificato presenta ricorso avverso gli atti di gara, ed il ricorso viene accolto con le seguenti motivazioni:
Da un lato, infatti, l’impugnazione era fin dall’origine proposta avverso “tutti i verbali di gara, con particolare riferimento a quelli recanti i resoconti delle valutazioni delle offerte tecniche, l’attribuzione dei relativi punteggi”….
Ciò posto, l’art. 6 del disciplinare di gara postulava la preventiva elaborazione delle tabelle triangolari utilizzate per il confronto a coppie (con l’espressione, per ciascun confronto, di un grado di preferenza da 1=parità a 6=preferenza massima) da parte di ciascun singolo commissario, la sommatoria delle preferenze attribuite ad ogni singola offerta risultanti dalle matrici triangolari dei singoli commissari per ogni elemento di valutazione e, infine, la loro normalizzazione in vista dell’applicazione della formula di riferimento.
Orbene, nel caso di specie, l’assoluta e totale uniformità di ogni valutazione quanto alla preferenza ed al suo grado, che si ripete indefettibilmente per tutti i parametri di valutazione, appare, in relazione alle numerose variabili potenziali costituite dal numero dei commissari (5), dei coefficienti (6), dei criteri di valutazione (4) e delle offerte (5), il frutto di un previo concerto tra i commissari circa il modus procedendi, contrario a quello chiaramente predicato dal disciplinare di gara.
Ciò che integra sicura spia dell’eccesso di potere, sotto il profilo del cattivo uso della discrezionalità amministrativa e della falsa applicazione delle disposizioni del disciplinare di gara sui criteri di valutazione dell’offerta tecnica, che in un primo tempo doveva essere effettuata autonomamente da ciascun commissario, e, soltanto dopo, essere trasformata in una media e riparametrata sulla base della media massima.
L’assoluta identità di tutte le valutazioni effettuate dai singoli commissari per tutti i criteri di valutazione – identità che è pacifica e non contestata – non può certo definirsi una contingente coincidenza, ma denota piuttosto il perseguimento dell’unanimità su ogni singola valutazione, laddove la commissione non doveva invece operare – quantomeno in prima battuta – quale organo collegiale, richiedendo la legge di gara che i coefficienti fossero attribuiti dai singoli commissari secondo il loro personale giudizio, per essere – soltanto successivamente – trasformati in una “media”.
E’ noto che, per costante giurisprudenza, nell’ambito del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le valutazioni della commissione giudicatrice circa l’attribuzione dei punteggi ai diversi elementi dell’offerta tecnica sono espressione di discrezionalità tecnica.
Tale discrezionalità non è peraltro completamente insensibile al sindacato (estrinseco) del giudice amministrativo, quante volte non risulti esercitata in linea con i criteri predefiniti dalla lex specialis di gara, o presenti inattendibilità o macroscopiche irrazionalità ed incongruenze.
Nel caso di specie, l’operato della commissione concreta – a parere del collegio – una palese incongruenza rispetto al corretto modus procedendi prescritto dalla lex specialis di gara, ciò che colora le valutazioni effettuate dell’eccesso di potere, che costituisce il tipico vizio della discrezionalità amministrativa (cfr., in fattispecie analoga, T.A.R Liguria, II, 4.3.2019, n. 171; nello stesso senso cfr. Cons. di St., III, 15.11.2018, n. 6439, in una fattispecie in cui l’identità delle valutazioni non era neppure totale).
Né rileva che, nel verbale n. 13, sia stato indicato che ognuno dei componenti della commissione abbia “autonomamente esaminato la documentazione delle offerte tecniche presentate”, non potendo l’autonomia dell’esame della documentazione essere equiparata all’autonoma espressione di una valutazione, che è ciò che richiedeva il disciplinare di gara.
Vero è che, secondo la giurisprudenza citata dalla società controinteressata, l’identità delle valutazioni non può ritenersi, di per sé, e in difetto di altri concordanti indizi, un indice univocamente significativo del carattere collegiale dello scrutinio della qualità dell’offerta tecnica: senonché, in quella fattispecie, il giudice di appello aveva cura di rilevare espressamente che “è sufficiente leggere l’articolazione dei criteri e dei sottocriteri di valutazione, per come dettagliati all’allegato 6 del disciplinare, per escludere qualsivoglia profilo di genericità nella loro formulazione e per riscontrare, al contrario, quel sufficiente grado di precisione che autorizza la formulazione del giudizio mediante la coerente attribuzione del punteggio numerico per ciascuna componente dell’offerta tecnica” (cfr. Cons. di St., III, 17.12.2015, n. 5717, § 6).
Esattamente il contrario di quanto avvenuto nella procedura de qua agitur, in cui si è rilevata anche la estrema genericità dei parametri valutativi (1° motivo), che, unitamente al carattere qualitativo e non misurabile dei più importanti criteri di valutazione, costituisce per l’appunto un concordante indizio dell’eccesso di potere.
A cura di giurisprudenzappalti.it del 28/09/2020 di Roberto Donati
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