FOCUS: “Costo della manodopera e limiti alla sua imputazione nelle spese generali: il chiarimento del TAR Lazio”
Premessa
La sentenza del TAR Lazio, Roma, sez. III-quater, 22 settembre 2025, n. 16369, affronta nuovamente il tema, oggetto di contrasto giurisprudenziale, dell’ammissibilità dell’allocazione – anche parziale – dei costi della manodopera all’interno della voce di spesa dedicata alle c.d. “spese generali”.
Il Tribunale capitolino aderisce all’orientamento più rigoroso, escludendo la possibilità di ricomprendere, nella predetta voce, costi di manodopera espressamente stimati dalla stazione appaltante, ritenendo tale operazione sostanzialmente lesiva del principio di immodificabilità dell’offerta economica.
Il caso: una gara nel settore sanitario
La controversia origina da una procedura aperta telematica di rilievo europeo, indetta da un’Azienda ospedaliera universitaria, in forma aggregata con due Aziende sanitarie locali, per la fornitura di dispositivi medici, ai sensi dell’art. 71 del D.lgs. 36/2023.
L’impresa non aggiudicataria ha impugnato l’esito della gara, sostenendo che l’offerta dell’aggiudicataria fosse illegittima in quanto violativa del divieto di ribasso sui costi della manodopera, avendo indicato un importo inferiore di oltre il 90% rispetto al valore stimato dalla stazione appaltante.
L’amministrazione resistente ha ritenuto che la violazione non fosse tale da determinare l’automatica esclusione, sostenendo che la difformità potesse essere chiarita nel subprocedimento di verifica dell’anomalia ex art. 110 D.lgs. 36/2023, all’esito del quale l’operatore aveva giustificato l’offerta precisando di aver ricompreso parte del costo della manodopera fra le “spese generali”.
La decisione del TAR
Il Collegio ha ritenuto non condivisibile tale impostazione, osservando che l’indicazione, in sede di giustificativi, di un costo della manodopera significativamente superiore rispetto a quello originariamente offerto integra una rettifica di un elemento essenziale dell’offerta economica, inammissibile anche nel subprocedimento di verifica dell’anomalia.
Secondo il TAR, la possibilità di includere costi di manodopera tra le spese generali può essere ammessa solo in via eccezionale e per componenti marginali o accessorie, non per coprire la quasi totalità del costo complessivo del personale impiegato nell’appalto. Nel caso in esame, la riduzione di oltre il 90% rispetto al valore stimato dalla stazione appaltante costituiva una deviazione tale da incidere sulla stessa sostenibilità dell’offerta, con conseguente illegittimità della sua ammissione.
Il Tribunale ha dunque accolto il ricorso principale e dichiarato inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso incidentale dell’aggiudicatario, volto a contestare la legittimità delle previsioni del disciplinare di gara che imponevano la non ribassabilità dei costi della manodopera.
I precedenti e il contrasto giurisprudenziale
La pronuncia si inserisce nel più ampio dibattito sul rapporto tra i costi della manodopera e le spese generali, cui la giurisprudenza ha fornito nel tempo risposte non univoche.
Un primo orientamento, di carattere più flessibile, aveva ritenuto possibile imputare parte del costo della manodopera alle spese generali, purché in misura marginale e in presenza di adeguata capienza di tale voce di costo. Si tratta, ad esempio, delle decisioni del Consiglio di Stato, sez. VI, 30 gennaio 2020, n. 788, e sez. V, 21 ottobre 2019, n. 7135, che avevano valorizzato il principio per cui la verifica di anomalia deve concentrarsi sulla complessiva tenuta economica dell’offerta, senza arrestarsi a rilievi atomistici sulle singole voci di costo.
Al contrario, un indirizzo più rigoroso, oggi prevalente, nega la possibilità di allocare nelle spese generali costi della manodopera distintamente indicati nella documentazione di gara, evidenziando che la relativa voce è destinata esclusivamente alle risorse diverse dal lavoro diretto e che il costo della manodopera, in quanto elemento costitutivo dell’offerta, deve essere autonomamente e puntualmente dichiarato. Tale orientamento è stato espresso, fra le altre, dal Consiglio di Stato, sez. V, 19 novembre 2024, n. 9254, e dal TAR Toscana, 16 aprile 2025, n. 705, cui si è ora allineato anche il TAR Lazio.
Il fondamento normativo
L’impostazione restrittiva trova solido ancoraggio nel nuovo Codice dei contratti pubblici.
L’art. 108, comma 9, del D.lgs. 36/2023 impone infatti all’operatore economico di indicare, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali relativi alla sicurezza, con le sole eccezioni dei servizi di natura intellettuale e delle forniture senza posa in opera. Analoga ratio è espressa dall’art. 41, comma 14, che prevede la scorporabilità dei costi della manodopera dall’importo assoggettato a ribasso.
Ne deriva che l’omessa o inesatta indicazione di tali costi non può essere sanata mediante chiarimenti o giustificazioni postume, pena la violazione dei principi di parità di trattamento e immodificabilità dell’offerta.
Osservazioni conclusive e ricadute operative
La sentenza in esame rafforza l’indirizzo volto a garantire la trasparenza e la tracciabilità dei costi della manodopera, in coerenza con la finalità di tutela del lavoro perseguita dal nuovo Codice.
Sul piano operativo, le stazioni appaltanti dovranno prestare particolare attenzione a:
- verificare la coerenza tra i costi della manodopera dichiarati e quelli stimati nella lex specialis;
- motivare adeguatamente eventuali scostamenti, attivando il subprocedimento ex art. 110 D.lgs. 36/2023 solo in presenza di giustificazioni effettive e non modificative dell’offerta;
- evitare che le spese generali divengano uno strumento per compensare sotto-dichiarazioni di costi di lavoro, specie negli appalti ad alta intensità di manodopera.
Per gli operatori economici, la decisione ribadisce la necessità di una puntuale e distinta indicazione dei costi della manodopera sin dalla formulazione dell’offerta, evitando di inserirli, anche parzialmente, tra le spese generali, salvo che si tratti di componenti residuali e marginali.
La sentenza del TAR Lazio, pertanto, contribuisce a consolidare un orientamento volto a preservare la certezza e la verificabilità delle offerte economiche, in linea con la ratio di tutela del lavoro e della concorrenza che permea l’attuale impianto codicistico.
A cura della Redazione di TuttoGare PA del 12/11/2025

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