Esclusione fondata sull’art. 80 piuttosto che sul nuovo art. 95. Disposizioni non meramente sovrapposte. Illegittimità

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Parte ricorrente contesta l’illegittimità dell’esclusione perché adottata in forza delle previsioni del d.lgs. n. 50 del 2016, nonostante la procedura di gara fosse soggetta, tenuto conto della pubblicazione del bando nell’agosto del 2023, al differente regime del d.lgs. 36/2023.

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T.A.R. Sicilia, II, 22 gennaio 2024, n. 205 accoglie il ricorso.

“Al riguardo, è sufficiente rilevare che l’art. 226, c. 2, d.lgs. n. 36 del 2023, ha previsto, per quanto qui rileva, che «A decorrere dalla data in cui il codice acquista efficacia ai sensi dell’articolo 229, comma 2 [vale a dire, dal 1° luglio 2023], le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 continuano ad applicarsi esclusivamente ai procedimenti in corso. A tal fine, per procedimenti in corso si intendono: a) le procedure e i contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano stati pubblicati prima della data in cui il codice acquista efficacia […]».

L’art. 225 del d.lgs. n. 36 del 2023 ha previsto l’ultrattività di talune – specifiche – disposizioni del d.lgs. n. 50 del 2016 fino al 31 dicembre 2023, senza tuttavia includere tra le stesse il menzionato art. 80.

Nel caso di specie, è indubbia la pubblicazione del bando di gara «sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea dell’11/08/2023, S154 n. 486813, e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 5ª Serie speciale n. 93 del 14/08/2023» (come testualmente affermato nel provvedimento impugnato).

Dunque il bando è stato pubblicato in data ben successiva al 1° luglio 2023, momento in cui il nuovo codice dei contratti pubblici ha acquisito efficacia.

Ne discende che la resistente amministrazione – che non ha nemmeno motivato sulle ragioni che l’hanno indotta a ritenere applicabile il più volte citato art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 – non avrebbe potuto riportarsi a tale ultima disposizione per escludere la ricorrente, essendo piuttosto tenuta ad applicare le nuove disposizioni in materia di esclusione (artt. 94 ss., d.lgs. n. 36 del 2023), che non possono ritenersi meramente sovrapposte a quelle della precedente codificazione, che – com’è noto – si connota per un ampio rilievo dei principi generali, per il recupero della discrezionalità delle amministrazioni nel compimento di numerose attività valutative e, con specifico riguardo alle cause di esclusione, ha minutamente codificato il grave illecito professionale e i mezzi idonei a dimostrarlo (art. 98, d.lgs. n. 36 del 2023).

L’erroneità del richiamo normativo, pertanto, non può ritenersi un vizio meramente formale dell’atto impugnato, ma incide sulla sostanza dell’atto stesso, che non si è in alcun modo misurato con il nuovo contesto legislativo, presupponendo una qualche ultrattività di una norma (e di un codice) non più applicabili alla procedura per cui è causa.

Da qui l’illegittimità dell’impugnato provvedimento di esclusione”.

* * *

Alla faccia della qualificazione delle stazioni appaltanti, che a metà agosto manco s’avvedono che ha da un pezzo acquisito efficacia il nuovo Codice dei contratti…

* * *

D’interesse notare che nel medesimo giorno T.A.R. Puglia, Lecce, II, 22 gennaio 2024, n. 85 ha avuto modo di scrutinare analoga tesi attorea, secondo cui alla procedura in contestazione avrebbe dovuto essere applicato il nuovo codice degli appalti ex D. Lgs. n. 36/2023.

Non potendosi ricostruire la portata della conclusione del Collegio, che ritiene infondata la censura “perché le modalità di pubblicazione degli atti di gara previste dal medesimo decreto legislativo acquistano efficacia dal 1° gennaio 2024” (cfr. art. 225, comma 1, D. Lgs. n. 36 cit.)”, la parte d’interesse è il successivo passaggio argomentativo, secondo cui, “in ogni caso, la questione appare irrilevante, essendo prevista anche nella nuova disciplina l’iscrizione nel registro della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura “per un’attività pertinente anche se non coincidente con l’oggetto dell’appalto”, al fine di dimostrare il possesso dello specifico requisito di idoneità professionale ex art. 100, comma 3, D. Lgs. n. 36 cit.”.

Nel caso di specie, diversamente da quello giudicato del T.A.R. siculo, l’erroneità del richiamo normativo, avrebbe costituito, se effettivamente sussistente, un vizio meramente formale dell’atto impugnato, che non poteva incidere sulla sostanza dell’atto stesso, in ragione dell’identità delle fattispecie disciplinate dai Codici susseguitisi.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 22/01/2024 di Elvis Cavalleri

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