L’errata indicazione del valore della concessione costituisce ragione dirimente di illegittimità del bando idonea a giustificare l’esercizio del potere di ritiro

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Nel respingere l’appello il Consiglio di Stato ricorda come l’errata indicazione del valore della concessione costituisca una ragione dirimente di illegittimità del bando idonea a giustificare l’esercizio del potere di ritiro dell’Amministrazione.

Questo quanto stabilito da Consiglio di Stato, Sez. V, 24/08/2023, n. 7927:

13. Le critiche non possono essere condivise.

13.1. Va premesso che, come correttamente ha precisato il Tribunale adito, gli atti di autotutela impugnati sono plurimotivati, sicchè nell’ipotesi in cui sussista anche una sola ragione idonea a sorreggere autonomamente le decisioni dell’Amministrazione, diviene irrilevante ogni altra contestazione espressa sulla motivazione dei suddetti provvedimenti (Cons Stato n.4939 del 2022).

La precisazione assume rilievo al fine dell’assorbimento delle ulteriori censure illustrate con i mezzi che questa Sezione ritiene superfluo scrutinare, tenuto conto che l’eventuale esame degli stesse non determinerebbe una soluzione di segno contrario a quella che di seguito verrà esposta.

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Nella specie, l’errata indicazione del valore della concessione ha costituito certamente una ragione dirimente di illegittimità del bando idonea a giustificare l’esercizio del potere di ritiro dell’Amministrazione, posto che la sottostima di tale valore ha di fatto scoraggiato altri operatori economici dal partecipare alla gara (alla quale ha partecipato solo la società ……..), in questo modo rappresentando un legittimo motivo di rivalutazione dell’interesse pubblico originario, stante l’asimmetria informativa di cui ha beneficiato la società appellante, la quale è stata sempre ben consapevole del maggior valore del progetto rispetto a quello considerato dall’Amministrazione.

13.2. L’assunto è confortato dai fatti di causa.

Invero, la sottostima del valore della concessione ha effettivamente indotto altre imprese a non partecipare alla gara, consentendo solo a …………, unica partecipante perchè la sola a conoscenza del reale valore della concessione.

14.L’art. 167 del d.lgs. n. 50 del 2016 rubricato ‘metodi di calcolo del valore stimato delle concessioni’, che ha recepito la direttiva 2014/23/UE stabilisce al comma 1 che ‘il valore di una concessione, ai fini di cui all’articolo 35, è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’IVA, stimato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi’, aggiungendo, al comma 2, che ‘il valore stimato è calcolato al momento dell’invio del bando di concessione o, nei casi in cui non sia previsto un bando, al momento in cui l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore avvia la procedura di aggiudicazione della concessione’ e, al comma 4, che ‘il valore stimato della concessione è calcolato secondo un metodo oggettivo specificato nei documenti della concessione’ (Cons. Stato n. 2017 del 2411). Pertanto, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, la norma, ancorando la stima al fatturato conseguibile dal concessionario, impone di determinare la remunerazione reale dell’investimento. Infatti, il valore della concessione è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’IVA, quale corrispettivo dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali servizi.

Orbene, la giurisprudenza ha, in più occasioni, chiarito che il valore della concessione non può essere ancorato unicamente al parametro del canone di concessione (Cons. Stato n. 2411 del 2017), e ciò soprattutto rispetto alla concessione di cd. opere fredde, quale quella oggetto di causa, caratterizzate dal fatto che il concessionario non è destinato a ricevere i pagamenti dagli utenti finali del servizio, sicchè emerge all’evidenza che quella del fatturato si inquadra come “una stima prospettica, che richiede l’attualizzazione di ogni ricavo futuro ritraibile dalla gestione del servizio per tutta la durata dell’affidamento”, atteso che ‘va parametrata al fatturato complessivo che si prevede possa derivare dalla fornitura dei servizi a favore della massa degli utenti’ (Cons. Stato, n. 4343 del 2016).

In sostanza, stante il carattere prospettico della stima del fatturato, quest’ultimo avrebbe dovuto comprendere sia i valori presenti che i valori futuri attualizzati al momento dell’indizione della gara.

Come precisato dal T.A.R. nella sentenza impugnata: “nel caso di specie il valore indicato dal bando, pari a euro 2.858.580,00 derivante dalla moltiplicazione per venti anni di un canone fisso, non rispecchia i reali introiti conseguibili dal concessionario, i quali comprendono, in base a quanto indicato nel piano economico finanziario allegato alla proposta di project financing, anche gli incrementi di canone plausibilmente discendenti dall’aumento dei prezzi dell’energia e dell’inflazione. Proprio considerando tali ulteriori valori, infatti, il piano economico finanziario illustra una proiezione complessiva del fatturato pari a complessivi euro 3.299.732,00”.

Si deve ragionevolmente concludere che l’errata determinazione del valore della concessione non ha consentito di formulare un’offerta corretta, completa, consapevole e ponderata, sicchè ha rappresentato una ragione idonea a sorreggere le decisioni adottate con le Delibere impugnate di ritirare i precedenti provvedimenti con cui la proposta di ……….è stata valutata rispondente all’interesse pubblico e inserita nel piano triennale delle opere pubbliche (….).

A cura di giurisprudenzappalti.it del 24/08/2023 di Roberto Donati

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