Sul principio di invarianza della soglia di anomalia

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Il Consiglio di Stato ribalta la decisione del Tar, stabilendo che la cristallizzazione della soglia d’anomalia non è ex se preclusiva della possibilità di rimettere in discussione gli esiti della procedura di gara.

La controversia, infatti, nasce dalla decisione dell’amministrazione di riammettere alla gara anche gli altri concorrenti esclusi benché i provvedimenti di esclusione adottati a carico di questi ultimi fossero divenuti inoppugnabili.

E, sulla base della riammissione, ricalcolare la soglia di anomalia delle offerte, a detta delle ricorrente in violazione dell’art. 95, comma 15, d.lgs. n. 50/2016.

Il Tar ( vedi https://www.giurisprudenzappalti.it/sentenze/la-soglia-di-anomalia-si-cristallizza-con-laggiudicazione-definitiva/) accoglieva il gravame, muovendo dal presupposto che erroneamente l’amministrazione avesse ricalcolato la soglia di anomalia dell’offerta a seguito della riammissione di alcuni operatori in precedenza esclusi dalla gara: le vicende processuali successive che avevano portato alla riammissione dei concorrenti esclusi, infatti, si sarebbero comunque situate a valle dell’aggiudicazione definitiva, con il risultato che mai avrebbero potuto avere una qualche rilevanza nel calcolo della soglia di anomalia, che avrebbe dunque dovuto restare invariata nella misura del 31,785198%.

La stazione appaltante propone appello.

Consiglio di Stato, Sez. V, 23/05/2022, n. 4056 accoglie:

Il motivo è fondato.

A mente dell’art. 95, comma 15 del Codice dei contratti, “Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte”; nel caso attualmente in esame, nel corso della seduta del 30 ottobre 2018 era stata determinata una soglia di anomalia non sulla base di tutti i ribassi presentati in offerta, ma solo di quelli in quel momento noti al seggio di gara, non essendo stati conteggiati quelli presentati dagli operatori economici nel frattempo illegittimamente esclusi.

Per l’effetto, il valore della soglia era stato determinato solamente in modo parziale.

Al riguardo, va confermato il principio – dal quale non v’è evidente ragione di discostarsi, nel caso di specie – secondo cui “la c.d. cristallizzazione della soglia d’anomalia, che trasposta sul piano pratico si traduce nell’impossibilità ex post d’individuare – per effetto di sopravvenienze maturate

successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte – una nuova soglia di anomalia mediante il ricalcolo delle offerte, non è ex se preclusiva della possibilità di rimettere in discussione gli esiti della procedura di gara”.

Diversamente argomentando, il “fatto compiuto” derivante dalla determinazione delle medie, laddove a monte di questa si sia consumata un’illegittimità che abbia avuto rilievo decisivo in tale operazione aritmetica, assumerebbe un ruolo dirimente in grado di frustrare i principi che conformano l’azione amministrativa e, prima ancora, di sovvertite la gerarchia assiologica dei valori ad essi sottesi (in termini, Cons. Stato, V, 13 febbraio 2017, n. 590; V, 16 marzo 2016, n. 1052).

Va ricordato, in proposito (ex multis, Cons. Stato, V, 2 settembre 2019, n. 6013), che il principio di invarianza su cui si verte è stato introdotto con l’art. 38, comma 2-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006 e quindi riprodotto nel vigente Codice dei contratti pubblici, all’art. 95, comma 15, per evitare che le variazioni sulle ammissioni/esclusioni dalle gare, ancorché accertate giurisdizionalmente, sortissero effetti in punto di determinazione delle medie e delle soglie di anomalia, da ritenersi ormai cristallizzate – alla luce di un consolidato orientamento giurisprudenziale – al momento dell’aggiudicazione.

Tale regola risponde all’esigenza di sterilizzare (ex multis, Cons. Stato, III, 22 febbraio 2017, n. 841) l’alterazione della trasparenza e della correttezza del confronto concorrenziale, potenzialmente correlata alla partecipazione di fatto di un concorrente solo successivamente estromesso della gara, rendendo irrilevante “la promozione di controversie meramente speculative e strumentali da parte di concorrenti non utilmente collocatisi in graduatoria mossi dall’unica finalità, una volta noti i ribassi offerti e quindi gli effetti delle rispettive partecipazioni in gara sulla soglia di anomalia, di incidere direttamente su quest’ultima traendone vantaggio” (Cons. Stato, V, 30 luglio 2018, n. 4664).

Il criterio di cui trattasi – espressione, tra l’altro, del principio di conservazione degli atti giuridici – nel corso del tempo è stato via via precisato, quanto a presupposti ed ambito applicativo, nella sua reale portata, tanto più in seguito all’entrata in vigore dell’art. 120, commi 2-bis e 6-bis Cod. proc. amm., comportanti l’onere di immediata impugnazione delle ammissioni o delle esclusioni dalla gara.

Muovendo da un tal ordine di cose, la giurisprudenza ha quindi potuto precisare l’autonomia e la specificità della fase di ammissione ed esclusione, le quali – tanto più in aggiunta alla previsione di un apposito rito accelerato – ostavano alla configurazione, già in tale contesto, di una qualsiasi “cristallizzazione delle medie”, dal momento che l’eventuale accoglimento delle impugnazioni, “in una fase della gara nella quale l’ammissione non si è ancora stabilizzata per essere ancora sub iudice, non può non retroagire, una volta accolta, al momento della illegittima ammissione, tempestivamente impugnata, in quanto, diversamente ritenendo, la stabilizzazione della soglia sarebbe “sterilizzata” da ogni eventuale illegittimità di una ammissione o esclusione tempestivamente contestata” (Cons. Stato, III, 27 aprile 2018, n. 2579).

Invero, una volta preso atto che l’art. 95, comma 15 cit. individua, quale momento idoneo a “cristallizzare” le offerte, la definizione in sede amministrativa della “fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte”, deve logicamente riconoscersi che la fase in questione non può ritenersi conclusa “almeno finché non sia spirato il termine per impugnare le ammissioni e le esclusioni” e, comunque, “finché la stessa stazione appaltante non possa esercitare il proprio potere di intervento di autotutela ed escludere ‘un operatore economico in qualunque momento della procedura’ (art. 80, comma 6, del d. lgs. n. 50 del 2016) e, quindi, sino all’aggiudicazione (esclusa, quindi, l’ipotesi di risoluzione “pubblicistica” di cui all’art. 108, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016, successiva alla stipula del contratto)” (così Cons. Stato, III, 27 aprile 2018, n. 2579).

Ne consegue, altrettanto logicamente, che le variazioni intervenute nella platea dei concorrenti per effetto della riammissione in gara di soggetti in precedenza illegittimamente esclusi, attengono ancora alla fase di ammissione e/o esclusione delle offerte (contestualmente alla proposta di aggiudicazione) – in quello stadio non ancora conclusa – ossia ad una fase che l’art. 95 comma 15 ancora non sottopone all’applicazione del principio di invarianza (in termini, Cons. Stato, V, 2 settembre 2019, n. 6013; da ultimo, Cons. Stato, V, 10 marzo 2021, n. 2047).

Del resto, la ratio perseguita dall’art. 95 comma 15 cit. riposa “nell’esigenza di impedire impugnazioni di carattere strumentale, in cui il conseguimento dell’aggiudicazione è ottenibile non già per la portata delle censure dedotte contro gli atti di gara e per la posizione in graduatoria della ricorrente, ma solo avvalendosi degli automatismi insiti nella determinazione automatica della soglia di anomalia” (Cons. Stato, V, 12 febbraio 2020, n. 1117; V, 23 novembre 2020, n. 7332); invero, proprio il riferimento testuale dell’art. 95 comma 15 cit. alla fase di regolarizzazione conferma la possibilità, per l’amministrazione, di eventualmente regolarizzare – prima di procedere all’aggiudicazione della gara – eventuali offerte affette da mere irregolarità non invalidanti (per tali suscettibili di essere sanate: ex multis, Cons. Stato, V, 22 gennaio 2021, n. 683).

Venendo adesso all’appello incidentale proposto da ………….s.r.l., con il primo motivo viene dedotta l’illegittimità del provvedimento di riammissione disposto dalla stazione appaltante in favore dei concorrenti precedentemente esclusi (le ATI …. ed ………..), sebbene non avessero tempestivamente impugnato la loro esclusione, con la conseguenza che i relativi provvedimenti erano ormai divenuti inoppugnabili.

Inoltre, obietta sempre l’appellante incidentale, i provvedimenti di esclusione disposti a carico dei concorrenti diversi sarebbero stati adottati ben oltre il termine massimo di diciotto mesi previsto dalla legge per l’esercizio dell’autotutela amministrativa, con conseguente consumazione del relativo potere da parte dell’amministrazione.

Il motivo non può trovare accoglimento.

Quanto al profilo dell’inoppugnabilità dei provvedimenti di esclusione, va ricordato che la stessa al più opererebbe per il soggetto inciso sfavorevolmente dagli stessi, il quale appunto non potrebbe più proporre un valido ricorso giurisdizionale una volta infruttuosamente decorso il termine all’uopo previsto dalla legge; la scadenza di quest’ultimo, però, non vincola l’amministrazione che intenda esercitare – sussistendone i presupposti – il proprio potere di autotutela, nel perseguimento di un superiore interesse pubblico.

In questi termini, l’appellante principale ha ben evidenziato le ragioni di pubblico interesse poste alla base della riammissione di tutti i concorrenti inizialmente esclusi per la stessa ragione – poi rivelatasi illegittima – del ……………, intendendo così “ricondurre la gara nell’alveo ed in direzione della corretta aggiudicazione, nel rispetto dei principi di parità, di non discriminazione e del favor partecipationis”, così da ripristinare la legalità della procedura e garantire le medesime chances ai partecipanti alla gara in una sana competizione, anche a cospetto dei principi di cui all’art. 97 Cost. (buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione), oltre ovviamente ad assicurare la corretta applicazione delle regole di calcolo della soglia di anomalia.

Premessa quindi la sussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’autotutela amministrativa, non può condividersi l’obiezione della sua tardività, ai sensi dell’art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990 (relativamente al termine di diciotto mei applicabile ratione temporis): in effetti, prima ancora del porsi della questione della decorrenza del suddetto termine, va evidenziato come la fattispecie in esame a rigore fuoriesca dall’ambito applicativo del richiamato art. 21-nonies.

Tale disposizione, infatti, trova applicazione relativamente ai “provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20” (ossia dei provvedimenti a contenuto ampliativo e favorevole per il soggetto legittimato a dolersi dell’autotutela), laddove nel caso di specie l’azione amministrativa aveva un oggetto del tutto diverso, ossia un provvedimento di esclusione dalla gara.

In ogni caso, per completezza, può riconoscersi che solo a seguito della decisione n. 4238 del 2021 la stazione appaltante era stata posta nella condizione di intervenire per la rimozione delle illegittimità riscontrate dal giudice: queste ultime, infatti, lungi dall’essere manifeste, erano emerse solo all’esito di un processo particolarmente complesso, articolato in due gradi di giudizio e che aveva nondimeno richiesto una pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato sulla questione controversa.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 23/05/2022 di Roberto Donati

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