Responsabilità contrattuale “da contatto amministrativo qualificato”

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L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con Sentenza n.21 del 29 novembre 2021 ha stabilito il seguente principio di diritto :«nel settore delle procedure di affidamento di contratti pubblici la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, derivante dalla violazione imputabile a sua colpa dei canoni generali di correttezza e buona fede, postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto, da valutare in relazione al grado di sviluppo della procedura, e che questo affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa».

In data odierna il Consiglio di Stato, Sez. V, 30/11/2021, n.7988 ha ribadito :

8.Con altra censura xxx torna a sostenere la sussistenza di tutti i presupposti della responsabilità della stazione appaltante da “contatto amministrativo qualificato”, sotto il profilo della violazione degli obblighi di protezione e di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1176 Cod. civ..

8.1. Al riguardo, va rammentato che la teorica del danno da “contatto qualificato”, ha avuto negli ultimi anni un particolare sviluppo nella giurisprudenza sia di questo Consiglio di Stato che della Corte di cassazione, i cui approdi possono allo stato ritenersi racchiusi nell’ordinanza delle Sezioni unite 28 aprile 2020, n. 8236 (che pronunciandosi sulla giurisdizione, ha riconosciuto la risarcibilità del danno all’affidamento che il privato abbia riposto nella condotta procedimentale dell’amministrazione, la quale si sia poi determinata in senso sfavorevole, indipendentemente da ogni connessione con l’invalidità provvedimentale o, come precisato, dalla stessa esistenza di un provvedimento; ma trattasi di questione che qui non rileva, non essendovi un pertinente motivo di appello), e nella sentenza dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato 4 maggio 2018, n. 5.

Alla luce dell’Adunanza plenaria n. 5 del 2018, la responsabilità precontrattuale derivante dalla violazione dei doveri di correttezza e di buona fede oggettiva è configurabile in capo all’amministrazione anche prima e a prescindere dall’adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, secondo una interpretazione evolutiva che rapporta tali doveri, come del resto la giurisprudenza civile (Cass. civ., I, 12 luglio 2016, n. 14188), al più generale dovere di solidarietà sociale di cui all’articolo 2 Cost., gravante su tutti i membri della collettività, e, quindi, anche sulla pubblica amministrazione. E poiché questa anche nello svolgimento dell’attività autoritativa è tenuta a rispettare non soltanto le norme di diritto pubblico ma anche le norme generali dell’ordinamento civile, la responsabilità dell’amministrazione da “contatto sociale qualificato” si ricollega a un comportamento dell’amministrazione che, frapponendosi all’affidamento incolpevole del privato, e nonostante la legittimità del provvedimento, possa dirsi scorretto e quindi illecito, intendendosi per tale una condotta “complessivamente superficiale, violativa dei più elementari obblighi di trasparenza, di attenzione, di diligenza, al cospetto dei quali si stagliano i corrispondenti diritti soggettivi di stampo privatistico”, e che, più specificamente:

a) sia “oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà”;

b) sia “anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo”, analogamente a quanto previsto dall’art. 2043 Cod. civ.;

c) si riveli, con onere della prova spettante al privato, condicio sine qua non della scelta negoziale rivelatasi dannosa e, quindi, del pregiudizio economico di colui che cui chiede il risarcimento.

Prosegue l’Adunanza plenaria in commento affermando la “necessità di definire e accertare con rigore tali elementi costitutivi”, atteso che “il confine che segna la nascita della responsabilità precontrattuale rappresenta un delicato punto di equilibrio tra opposti valori meritevoli di tutela. Si tratta, per certi versi, del momento di incontro tra due diverse manifestazioni della stessa libertà negoziale: da un lato, quella di chi subisce il recesso dalle trattative (o, comunque, la lesione dell’affidamento sulla serietà delle stesse), dall’altro, la libertà contrattuale di chi, prima dell’insorgenza del vincolo contrattuale, decide di interrompere il procedimento di formazione del contratto. Nel caso di contratti stipulati all’esito delle procedure di evidenza pubblica, inoltre, è in gioco, oltre alla libertà contrattuale della stazione appaltante, anche l’interesse pubblico alla cui tutela è preordinato l’esercizio dei poteri di autotutela provvedimentale sugli atti di gara. Il punto di partenza, pertanto, non può che essere quello per cui chi entra in una trattativa precontrattuale (specie se condotta nelle forme del procedimento di evidenza pubblica, soggetto anche ai poteri di autotutela pubblicistici preordinati alla cura dell’interesse pubblico), si assume un ineliminabile margine di rischio in ordine alla conclusione del contratto. In altri termini, ciascuna parte che intraprende una trattativa (o partecipa ad un procedimento di gara) sa che è esposta ad un margine di rischio, che, in linea di principio, deriva dall’esercizio della libertà contrattuale di entrambe le parti, e quindi anche dal legittimo esercizio alla libertà contrattuale dell’amministrazione”; si individua così, tra gli elementi sintomatici in grado di condizionare il giudizio sull’esistenza dei presupposti della predetta responsabilità, anche “lo stato di avanzamento del procedimento rispetto al momento in cui interviene il ritiro degli atti di gara”.

8.2. Ciò posto, il motivo in esame è infondato in quanto il primo giudice:

– contrariamente a quanto ventilato nella censura, non ha radicato la responsabilità dell’amministrazione alla sola ipotesi di provvedimento di secondo grado accertato come illegittimo, conclusione che ha riferito esclusivamente alla responsabilità ex art. 2043 Cod. civ.;

– nel ritenere che l’ipotesi della revoca legittima è foriera di danno risarcibile nell’ambito della responsabilità precontrattuale da comportamento “contrario ai canoni di correttezza e buona fede”, si è correttamente attenuto alle coordinate ermeneutiche appena sopra enunziate;

– tanto è a dirsi anche laddove ha affermato la non configurabilità di detta responsabilità nel caso di specie, non avendo l’Amministrazione radicato colpevolmente un legittimo affidamento sulla conclusione del contratto, stante l’immediata attivazione della via dell’autotutela “non appena l’emergenza Covid-19 si è manifestata nelle sue reali dimensioni”.

Si tratta di considerazioni che possono essere qui integralmente condivise, in quanto corrispondenti a quanto sin qui osservato sia in ordine all’ascrivibilità della revoca ai sopravvenuti provvedimenti, incidenti restrittivamente sulla libertà della circolazione, volti a fronteggiare la grave, eccezionale e imprevedibile emergenza sanitaria, con esclusione, quindi, della ravvisabilità di qualsiasi colpa o dolo in capo alla stazione appaltante, sia ai tempi dell’attivazione dell’autotutela, che non manifestano alcuna indebita protrazione dello stato di incertezza relativa alla conclusione del procedimento.

Del resto, la censura in esame, lungi dal costituire una reale critica alle conclusioni del primo giudice, si rivela una mera invocazione di alcuni principi (segnatamente, solo quelli che la società ritiene a lei favorevoli) affermati dalla giurisprudenza sul tema della responsabilità della pubblica amministrazione.

9.Per le stesse ragioni, va respinto l’ulteriore motivo con cui la società invoca la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante.

10.Non vi è quindi luogo per l’esame del quantum della pretesa risarcitoria pure illustrato nell’atto di appello in immediata successione alle censure esaminate ai tre capi che precedono.

 

A cura di giurisprudenzappalti.it del 30/11/2021 di Roberto Donati

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