La clausola è “escludente”, quando pone con immediata e oggettiva evidenza, per tutti gli operatori economici, l’astratta impossibilità di formulare un’offerta economicamente sostenibile

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La ricorrente impugna la legge di gara poiché il valore posto a base d’asta sarebbe talmente basso e incongruo da non consentirle la partecipazione.

La stazione appaltante eccepisce l’inammissibilità del ricorso poiché l’asserita illegittimità della legge di gara dedotta dalla ricorrente sarebbe soggettiva e non comune a qualsiasi delle imprese operanti nel settore.

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Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 09/02/2023, n. 343 dichiara il ricorso inammissibile:

2.1. Ricorda il Collegio che, alla luce dei principi espressi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 26 aprile 2018, n. 4 (che ha richiamato propri precedenti in termini: 29 gennaio 2003, n. 1 e 17 aprile 2011, n. 4), “le clausole non escludenti del bando […][vanno] impugnate unitamente al provvedimento che rende attuale la lesione (id est: aggiudicazione a terzi), considerato altresì che la postergazione della tutela avverso le clausole non escludenti del bando, al momento successivo ed eventuale della denegata aggiudicazione, secondo quanto già stabilito dalla decisione dell’Adunanza plenaria n. 1 del 2003, non si pone certamente in contrasto con il principio di concorrenza di matrice europea, perché non lo oblitera, ma lo adatta alla realtà dell’incedere del procedimento nella sua connessione con i tempi del processo”.

L’elaborazione giurisprudenziale sul tema ha più volte chiarito che la regola generale è quella per cui soltanto colui che ha partecipato alla gara è legittimato ad impugnarne l’esito (essendo titolare di una posizione differenziata) e che i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno normalmente impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi a identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento e a rendere attuale e concreta la lesione. Le eccezioni, che impongono l’onere di immediata impugnazione, possono essere ricondotte alle ipotesi in cui (i) si contesti in radice l’indizione della gara, (ii) si contesti che una gara sia mancata, avendo l’amministrazione disposto affidamento in via diretta del contratto, (iii) si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 29 aprile 2019, n. 2732).

Devono, in altre parole, essere immediatamente impugnate le sole clausole escludenti o che impediscono la partecipazione alla gara e la presentazione di un’offerta.

Come riconosciuto dalla citata Adunanza plenaria n. 4 del 2018, la giurisprudenza ha poi fatto rientrare nel genus delle “clausole immediatamente escludenti” anche le fattispecie di (a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale; (b) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile; (c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara, ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta; (d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente; (e) clausole impositive di obblighi contra ius; (f) bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta (come, ad esempio, quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbito dall’aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di 0 pt.); (g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso” (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 29 aprile 2019, n. 2732; id., Sez. III, 28 settembre 2020, n. 5705).

2.2. Caratteristica comune di tali ipotesi di eccezione – che pur sempre vanno correlate alla condizione soggettiva dell’interesse legittimo che si assume leso, pena l’ammettere in capo a un’impresa un’inammissibile azione “nell’interesse della legge”, cioè di diritto oggettivo – è la loro attitudine ad impedire, in modo oggettivo e macroscopico, a un normale operatore economico di formulare un’offerta corretta, ossia – in ultima analisi – di presentare la domanda di partecipazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18 marzo 2019, n. 1736).

Il problema che occorre esaminare è, quindi, ai fini della valutazione di non manifesta irragionevolezza e incongruità della procedura sotto i profili strettamente economici, se sia possibile affermare che gli elementi posti a base di gara dalla stazione appaltante siano del tutto inidonei a consentire alle imprese partecipanti di formulare compiutamente delle offerte tali da garantire, compatibilmente con il grado di alea economica proprio dell’appalto, una possibilità di utile d’impresa.

Al riguardo, peraltro, va rammentato che l’ordinamento è orientato, con i contratti pubblici, non al supporto economico delle imprese in difficoltà economiche, ma all’acquisizione, in regime di concorrenza, dell’offerta più conveniente per l’amministrazione e rispondente ai parametri tecnici di cui la medesima necessita. Nel che è insito, naturalmente, un calcolo dei costi e dei ricavi che tende a contenere il margine di utile in termini competitivi. Che da questo, per un’impresa, possa derivare una minor “appetibilità” economica dell’appalto, è nella normalità delle cose e non rappresenta una generalizzata e oggettiva “barriera all’ingresso” del micro-mercato costituito dalla singola gara.

Resta dunque estraneo alla fattispecie eccezionale di clausola immediatamente escludente il caso di questioni attinenti la soggettiva opportunità economica di presentare un’offerta, in ragione del calcolo individuale di convenienza del singolo operatore economico legate alle sue strategie di impresa (anche in relazione, come ad esempio nel caso di specie, al numero e tipologia di prodotti che questa decide di commercializzare) (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18 marzo 2019, n. 1736; T.A.R. Liguria, Sez. I, 12 luglio 2019, n. 612).

2.3. In altre parole, perché sia configurabile l’effetto “escludente”, la previsione della lex specialis deve porre con immediata e oggettiva evidenza, nei confronti di tutti indistintamente gli operatori economici, l’astratta impossibilità per un qualsiasi operatore “medio” di formulare un’offerta economicamente sostenibile (ossia astrattamente idonea a produrre – pur nella normale alea contrattuale – un utile derivante dall’esecuzione del contratto).

2.4. Venendo ora alla presente fattispecie, la dedotta impossibilità di partecipazione alla gara – come emerge chiaramente dalla sintesi dei motivi di ricorso riportata in narrativa e come condivisibilmente ritenuto dal Consiglio di Stato in sede cautelare – è una condizione soggettiva esclusiva della società ricorrente.

La prospettazione della ricorrente, infatti, è relativa esclusivamente al prodotto da questa commercializzato, asseritamente più costoso di altri perché unico dotato di tecnologia antibiotica, seppur non richiesta dalla legge di gara (primo motivo) e al fatto che il sub-lotto 4.4. avrebbe dovuto essere ulteriormente frazionato per consentire non tanto la partecipazione di imprese di medie dimensioni, quanto la propria partecipazione a fronte della commercializzazione di un prodotto dal costo unitario sensibilmente più elevato di quello della media (secondo motivo).

A cura di giurisprudenzappalti.it del 09/02/2023 di Roberto Donati

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