Sul concetto di sede operativa: tra valorizzazione tecnica e limitazione territoriale
Tar Brescia, sez. I, 03 novembre 2020 indaga sul significato della locuzione “sede operativa” utilizzata dalla legge di gara.
Secondo il Collegio “detta nozione non può intendersi, in specie, limitata unicamente alla sede legale o comunque alla sede stabile dell’attività di impresa, risultante dalle comunicazioni alla competente Camera di Commercio, come inteso nell’interpretazione letterale e più restrittiva.
Ciò in quanto la ratio della succitata previsione del capitolato speciale di gara, i chiarimenti resi dalla stazione appaltante (ancorché insuscettibili di modificare la legge di gara e aventi carattere non vincolante) e la stessa applicazione che ne ha dato la Commissione suffragano tutti una lettura a-tecnica del termine “sede operativa”, intesa quindi come mera “unità operativa” temporanea e non necessariamente stabile. Tanto hanno inteso peraltro, in sede di gara, sia Pulistar che Comservice.
Il parametro in questione valorizza quindi la disponibilità di un magazzino, o comunque di un deposito il più possibile prossimi alla sede di esecuzione del servizio.
In considerazione dell’attività da svolgere e della sua frequenza (pulizia di locali pubblici da eseguirsi quotidianamente) la s.a. ha ancorato – cioè – uno degli elementi qualitativamente premianti delle offerte alla disponibilità, da parte dei concorrenti, di un locale nelle vicinanze del luogo del servizio, valorizzando le conseguenti positive ricadute per un più efficiente svolgimento della commessa, in termini di tempestiva disponibilità di prodotti, attrezzature e di personale per ogni necessità e/o sostituzione.
D’altro canto, se il criterio avesse avuto una portata limitata alle sole sedi societarie, secondo l’interpretazione più restrittiva, lo stesso avrebbe illegittimamente introdotto un punteggio “qualitativo” differenziato per un elemento già conosciuto o conoscibile a priori da parte della s.a. ancor prima della visione delle offerte tecniche, mediante la mera visura camerale relativa ai partecipanti alla procedura.
Né il titolo giuridico legittimante la disponibilità della sede operativa indicata può essere ragionevolmente ristretto ai soli locali in proprietà o in locazione, come esemplificativamente indicato dall’Unione nei chiarimenti resi in sede di gara, atteso che un tale limite non avrebbe alcuna evidente ragione rispetto alla ratio del criterio, come sopra illustrato“.
Il Collegio, nello scrutinare il ricorso incidentale, “non disconosce il consolidato orientamento giurisprudenziale che ritiene illegittime le clausole territoriali contenute nelle leggi di gara che limitano in modo ingiustificato la libertà di stabilimento e la libera di prestazione dei servizi, discriminando le imprese in base ad elementi di localizzazione territoriale, a vantaggio degli operatori che si trovino già presenti nell’ambito di riferimento della procedura di gara. Non rientra in tali ipotesi la previsione qui in esame.
Nel caso di specie va sottolineato infatti, in primo luogo, che la lex specialis ha previsto la vicinanza della sede operativa a quella dell’Unione non già come requisito di partecipazione, ma come uno dei criteri di valutazione dell’offerta tecnica. Non si tratta quindi di una condizione imposta a tutti i concorrenti già all’atto della partecipazione, cui la medesima risulta subordinata, né di un obbligo a sostenere i connessi investimenti per il reperimento degli immobili idonei in vista di una solo possibile ma non certa acquisizione della commessa, ma solo di uno degli elementi valorizzati sotto il profilo qualitativo e comunque in sé non determinante. I punti correlati variano infatti da un minimo di un punto ad un massimo di cinque punti, con una potenziale differenza di punteggio tra i concorrenti, quindi, limitata a quattro punti sui 70 attribuibili all’offerta tecnica e sui 100 complessivi. Il criterio in questione non introduce pertanto, nemmeno indirettamente, una clausola di territorialità escludente.
Sicché tale clausola non appare sproporzionata né distorsiva del principio di concorrenza tra le imprese, perché inidonea a riservare di fatto la gara alle imprese già operanti nel territorio dell’Unione e a violare quindi i principi di par condicio e di massima partecipazione alla gara.
Va evidenziato, per contro, che la denunciata violazione della parità di trattamento e di non discriminazione risulterebbe proprio nel caso in cui, come preteso dalla ricorrente, la Stazione appaltante avesse previsto quale requisito premiante dell’offerta tecnica la presenza nelle vicinanze dell’Unione di una sede anche secondaria rispetto alla principale ma a tutti gli effetti di una sede societaria, in quanto tale previsione avrebbe sì introdotto un’illegittima limitazione di carattere territoriale, restrittiva della libera concorrenza“.
A cura di giurisprudenzappalti.it del 04/11/2020 di Elvis Cavalleri
Vuoi leggere altri contenuti come questo?
Iscriviti alla newsletter!
Ogni Lunedì riceverai notizie e approfondimenti dal mondo del public procurement, contratti e appalti pubblici direttamente nella tua casella e-mail
Vuoi leggere altri contenuti come questo?
Iscriviti alla newsletter!
Ogni Lunedì riceverai notizie e approfondimenti dal mondo del public procurement, contratti e appalti pubblici direttamente nella tua casella e-mail
Iscriviti Ora