In materia di valorizzazione dei beni culturali i servizi aggiuntivi ( e dunque il modulo concessorio ) assumono rilevanza preponderante.

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In materia di valorizzazione dei beni culturali i servizi aggiuntivi ( e dunque il modulo concessorio ) assumono rilevanza preponderante, rispetto ad altri servizi accessori ( ad esempio quello di biglietteria). Si conferma dunque la “centralità” della concessione nel sistema del Codice dei beni culturali, indipendentemente dal valore dei servizi affidati.

Il Consiglio di Stato lo ribadisce, evidenziando come la recente modifica del “Decreto Semplificazioni” all’art. 117 comma 3 del D.Lgs. 42/2004, confermi questa impostazione, stabilendo che, qualora l’affidamento dei servizi integrati abbia ad oggetto una concessione di servizi ai sensi dell’articolo 3 comma 1 lettera vv)[1] Codice dei Contratti, l’integrazione possa essere realizzata anche indipendentemente dal rispettivo valore economico dei servizi considerati.

La prevalenza dell’istituto della concessione, evidentemente, dovrà tradursi in requisiti di capacità dei soggetti aspiranti alla partecipazione alla gara in grado “correlate e proporzionali alla necessità di garantire la capacità del concessionario di eseguire la concessione, tenendo conto dell’oggetto della concessione” ( articolo 172 del Codice dei Contratti).

Questa la decisione di Consiglio di Stato, Sez. V, 16/ 03/ 2021, n. 2259 :

Al riguardo, vanno ribaditi alcuni precedenti della Sezione, a mente dei quali – nell’indicata prospettiva di legge – in nessun caso il servizio di biglietteria può assumere carattere prevalente, neppure se di valore economico di gran lunga maggiore, ovvero laddove i servizi aggiuntivi non siano di per sé economicamente autosufficienti. In quel modo ragionando, infatti, si opererebbe un’inversione del rapporto di accessorietà, degradando la prevalenza dello scopo di valorizzazione culturale, che impronta l’art. 117 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, a mera eventualità, in pratica derogabile nel caso concreto in ragione della preponderanza dei servizi diversi da quelli aggiuntivi (come ad esempio il servizio di biglietteria).

In tal modo però si oblitererebbe che la concessione domina in quanto è lo strumento prescelto dalla legge (art. 117; art. 115) come funzionale alla, ipotizzata, maggior qualità in concreto del servizio pubblico di valorizzazione culturale; e la si degraderebbe – contro la ratio dello stesso art. 117 – a mera strumentazione di esigenze economiche altrui, non già culturali della generalità. In tal modo non si garantirebbe più l’efficace perseguimento della dominante ragione della valorizzazione dei beni culturali, cioè del potenziamento delle condizioni di fruizione (più precisamente: si posporrebbe lo scopo di «promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso», nel che consiste la valorizzazione per l’art. 6 del Codice, che pone l’art. 117 nel contesto dei “Principi della valorizzazione dei beni culturali”); e si inciderebbe sulla causa della concessione, indebitamente tramutandola, di fatto, in quella di un ordinario appalto (ex multis, Cons. Stato, V, 6 luglio 2020, n. 4307).

Da ciò deriva che il tipo di concessione di servizi in questione di suo non ammette che il servizio di biglietteria, quand’anche implicante un maggiore volume di incassi, possa ottenere, con il suo regime, prevalenza funzionale sui servizi aggiuntivi: e, per conseguenza, che ciò in concreto possa portare a informare i requisiti di capacità economica e finanziaria, con l’effetto pratico, ben rilevante, di precludere la partecipazione di soggetti attivi in servizi aggiuntivi di bookshop e di editoria (ma senza che abbiano prima emesso biglietti per gli importi predetti).

Secondo questa ratio si è del resto mosso il legislatore, nell’introdurre – con l’art. 8, comma 7-bis, della l. 11 settembre 2020, n. 120, di conversione del d.-l. 16 luglio 2020, n. 76 (cd. “decreto legge semplificazioni”) – al termine dell’art. 117, comma 3, d.lgs. n. 42 del 2004 l’inciso “Qualora l’affidamento dei servizi integrati abbia ad oggetto una concessione di servizi ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. vv), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, l’integrazione può essere realizzata anche indipendentemente dal rispettivo valore economico dei servizi considerati. E’ ammessa la stipulazione di contratti di appalto pubblico aventi ad oggetto uno o più servizi tra quelli di cui al comma 1 e uno o più tra i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria”.

Nel caso in esame, le caratteristiche della gara disposta da Consip s.p.a. relativamente al Lotto 1 non sono conformi ai principi qui sopra riassunti.

In particolare, come bene rileva la ricorrente, anziché qualificare i “servizi aggiuntivi” di assistenza alla visita come prestazione principale e dominante (coerentemente con l’art. 117 del d.lgs. 42 del 2004 e dalla sentenza n. 5773 del 2017), la gara in esame nuovamente attribuisce al servizio di biglietteria il ruolo di servizio principale, laddove i servizi di assistenza alla visita sono stati relegati in funzione secondaria e accessoria.


[1] vv) «concessione di servizi», un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera ll) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi;

A cura di giurisprudenzappalti.it del 16/03/2021 di Roberto Donati

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