L’apprezzamento qualitativo delle offerte, una volta cristallizzato in un verbale fide-facente e datane pubblicità all’esterno, assume carattere di stabilità e definitività.
Procedura da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La ricorrente conseguiva un punteggio “qualitativo” superiore a quello di tutti gli altri concorrenti.
L’a.t.i. controinteressata otteneva, invece, un punteggio inferiore, con n. 9 punti di scarto.
Nel corso di seduta pubblica la controinteressata contestava le valutazioni, poi con successiva lettera formulava una serie di “osservazioni” sulla propria offerta e ribadiva di non condividere il giudizio di merito espresso dalla Commissione giudicatrice.
La Commissione si riuniva in seduta riservata per l’esame di tali osservazioni e, in accoglimento di queste ultime, procedeva alla rideterminazione ex post del punteggio già assegnato all’a.t.i. controinteressata che in tal modo riesce a “recuperare” il divario di 9 punti, guadagnando la prima posizione.
Con l’apertura delle offerte economiche e l’assegnazione dei punteggi la controinteressata risulta aggiudicataria.
La ricorrente propone una serie di censure, contestandosi nella sostanza la possibilità da parte della Commissione di gara di poter rideterminare i punteggi dell’offerta tecnica, dopo averli resi pubblici, senza peraltro alcuna espressa motivazione, ma semplicemente riassegnando i precedenti punteggi numerici già attribuiti.
Tar Puglia, Bari, Sez. II, 15/04/2022, n. 513, accoglie il ricorso:
6.- Il ricorso e i motivi aggiunti sono fondati.
Emerge dalla piana lettura della delibera di aggiudicazione, come anche dai verbali di gara, che la valutazione tecnico-discrezionale esperita dalla Commissione giudicatrice in ordine al pregio delle offerte tecniche, con particolare riguardo alle offerte della ricorrente e dell’aggiudicataria, siano state un primo tempo espresse, contrassegnando per un maggior valore di ben n. 9 punti l’offerta della ricorrente. Poi, dopo aver reso pubblica la valutazione, in secondo tempo, la Commissione, sempre formata dagli stessi componenti, ha rivalutato il pregio dell’offerta tecnica dell’a.t.i. controinteressata, in modo tale da riuscire a far “recuperare” siffatto divario, guadagnando l’operatore economico offerente, arrivato in prima battuta in seconda posizione, la prima posizione, con uno scarto di soli 0,07 punti.
Tuttavia, nella lettura del deliberato di aggiudicazione non v’è traccia della motivazione espressa, tal da rendere nota quali siano le circostanze o gli apprezzamenti, che abbiano indotto la Commissione ad un simile mutamento di giudizio; non v’è traccia di alcuna motivazione neanche nel verbale della seduta della Commissione, in cui si è proceduto a rideterminare i punteggi.
Emerge però che sono stati rideterminati i valori numerici attribuiti a ben n. 8 punti-criteri, già oggetto di precedente valutazione, con un incremento del punteggio finale pari a ben n. 9 punti.………
Quanto invece alle formulate “opposizioni” espresse dall’a.t.i. controinteressata, non se ne comprende bene il contenuto. In realtà, esse paiono in parte “generiche doglianze” e in altra parte “contrapposte valutazioni” di parte, meramente riproduttive dell’offerta formulata e già valutata dalla Commissione, in prima istanza.
Imperscrutabile appare pure il senso concreto della nota – postuma all’esito della gara e, pertanto, censurata con i proposti motivi aggiunti – a firma del solo Presidente della commissione. Difatti, non già il collegio della commissione, bensì quest’ultimo in via monocratica ha tentato di dar conto della rivalutazione discrezionale, effettuata dal collegio perfetto della Commissione (Cons. St., sez. III, 18 maggio 2021 n. 3847), qualificando erroneo il precedente apprezzamento e quindi sostenendo che nei beni offerti dall’offerente rivalutato sussista comunque la conformità alle caratteristiche da bando.
Una simile nota però non è idonea ad integrare l’operato della Commissione, nella misura in cui proviene dal solo Presidente e non già dall’organo collegiale e per di più è successiva alla chiusura dei lavori della stessa e financo all’aggiudicazione finale. Per cui, trattasi di un documento interno, predisposto in funzione della difesa in giudizio, che non può valere né come etero-integrazione della motivazione, comunque non consentibile, né è utile a sanare alcun vizio procedimentale o sostanziale.
Dirimente ogni questione, è la considerazione di fondo per cui la corretta applicazione dei principi di imparzialità, di trasparenza e di par condicio per gli operatori economici, partecipanti ad una gara, comporta che l’apprezzamento qualitativo delle offerte formulate – che viene effettuato non a caso in apposita seduta riservata, proprio per consentire il libero confronto dialogico tra i componenti della commissione, franco da condizionamenti esterni – una volta cristallizzato in un verbale fide-facente e datane pubblicità all’esterno e, quindi, fuoriuscito dall’ambito riservato, assume carattere di stabilità e definitività.
Un simile giudizio tecnico-discrezionale non può esser contestato in via procedimentale, ad opera degli stessi operatori economici, che non accettino il giudizio formulato e che quindi sovrappongano proprie valutazioni di parte opinabili.
Né per espresso disposto normativo (art. 83, comma 9, d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50) è predicabile alcuna forma di soccorso istruttorio o procedimentale sull’offerta tecnica, nel caso di specie più che altro una sorta di auto-soccorso.
Né peraltro, nel caso in esame, viene neppure in evidenza una fattispecie di rettifica di mero errore evidente e riconoscibile (Cons. St., sez. V, 27 marzo 2020 n. 2146; Corte giust. U.E., sez. VIII, 10 maggio 2017, causa C-131/2016).
Né ad ogni modo è possibile attivare alcuna forma di dialogo infra-procedimentale su ritenuti necessari chiarimenti, dopo che la Commissione si sia espressa, potendo i chiarimenti delle parti esser formulati da questi o richiesti dalla Commissione solo prima dell’esperimento della valutazione delle offerte e non già dopo, onde evitare di elidere ab imis qualsivoglia attentato al cruciale principio della par condicio.
Ma nel caso di specie – in concreto – non v’è alcun soccorso istruttorio, alcuna mera rettifica, alcun chiarimento fornito o richiesto, bensì una pura rideterminazione dei giudizi già espressi e resi pubblici nelle forme previste, su mera rimostranza del concorrente graduato in seconda posizione.
Non è infine neanche possibile pensare all’attivazione ex officio di una qualche forma di autotutela (invero alquanto atipica), non sussistendone affatto, nel caso concreto, i presupposti della necessità di rimozione di alcun’illegittimità (o dell’esercizio dello jus poenitendi), né alcun specifico interesse qualificato, né alcuna ragione, neppure sinteticamente motivata, per provvedervi.
A ben vedere, il giudizio che formula una Commissione giudicatrice, una volta esternato, è nella sua intrinseca essenza intangibile. Può esser contestato, se ve ne siano i presupposti, con i consueti rimedi previsti dall’ordinamento, ossia per lo più a mezzo della proposizione di un ricorso giurisdizionale. Ma, non può ritenersi che esso sia nella disponibilità della Commissione, tal da consentirle ad libitum la possibilità, in ogni tempo, di poterla cambiare, frustrando in tal modo la stessa attendibilità del giudizio dato.
Non può esser un tale giudizio finale modificato ogni qual volta alcuno degli offerenti si dolga della valutazione ricevuta, perché qualora si ammettesse che il giudizio una volta formalizzato all’esterno sia poi liberamente contestabile da ciascun partecipante alla gara, questo potrebbe in ipotesi mutare ogni volta, ad ogni altra diversa contestazione, non riuscendo mai a trovare una sua stabilità.
Né può ritenersi che il giudizio finale debba trovare condivisione o accettazione da parte dei soggetti, le cui offerte tecniche od economiche siano state valutate. Nel caso di specie, v’è una procedura di gara competitiva, i cui stadi fondamentali sono scolpiti dalla legge, dal bando, dal disciplinare e dal capitolato tecnico e l’unico organo deputato ad esprimere la valutazione (riservata) e poi a palesare il giudizio (pubblico) è la Commissione esaminatrice.
La “regolamentazione” di qualsiasi procedimento di evidenza pubblica prevede, ad un certo punto, che la Commissione giudicatrice renda noto il giudizio sulle offerte presentate e questo giudizio, magari ampiamente discusso in seduta riservata, una volta esternato, è quello definitivo, quello che cioè imprime un certo assetto al pregio delle offerte valutate nella data gara e, in considerazione delle formalità procedurali, previste a garanzia sostanziale della par condicio degli operatori economici partecipanti, non può esser mutato ad libitum.
Un intervento sarebbe ammissibile in linea teorica sotto forma di autotutela, ma richiede i presupposti e comporta il ricorso alle regole proprie di tale istituto, in primis un’ampia motivazione, qui certamente mancante, come già in precedenza evidenziato, non potendosi ammettere un’integrazione postuma della motivazione, peraltro ad opera solo di uno dei componenti dell’organo collegiale.
Nella fattispecie concreta si è visto che la variazione del giudizio espresso ha consentito alla società in un primo tempo giunta seconda di recuperare per invero il cospicuo divario che la separava dalla prima, al punto da non render plausibile alcun intendimento né lato sensu correttivo né, per quanto comunque non possibile per ragioni di par condicio, di migliore ponderazione dei parametri e delle intrinseche caratteristiche dei beni offerti.
In ultima analisi, i censurati vizi in ordine alla singolarità degli atti della Commissione giudicatrice sussistono e può esser assorbita ogni altra questione, pur posta, in ordine alla legittimità delle scelte tecnico-discrezionali operate in sede di seconda valutazione.
7.- In conclusione, per le sopra esposte motivazioni, il ricorso e i motivi aggiunti vanno accolti, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
A cura di giurisprudenzappalti.it del 15/04/2022 di Roberto Donati
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